Chinese Man in Milano - La videointervista
Tutti abbiamo provato almeno una volta nella vita l'emozione di aspettare il proprio gruppo preferito per anni prima di poterlo vedere dal vivo. Dopo aver scaricato la discografia e aver consumato le cuffie a furia di sentire sempre gli stessi pezzi, si attende. Magari si considera anche il viaggio intelligente, la vacanza a Berlino/Madrid/Parigi con la scusa di vedere dal vivo i propri idoli. Poi capita che per la prima volta qualcuno si convince a portarli in Italia, ma ovviamente le prime due date non sono nella tua città, ma, restando fedeli alle leggi di Murphy, non ci si riesce proprio a fare la trasferta. Ecco, in questo caso parliamo proprio dei Chinese Man, il collettivo di dj francesi che sta facendo impazzire il pubblico di mezzo mondo con i loro beat a cavallo tra reggae, hip hop, dubstep, d'n'b, soul, jazz, insomma un bel mix che forse potrebbe lasciare col dubbio, ma non in questo caso...
Finalmente i Chinese Man sono approdati a Milano, dopo due date esplosive a Bologna e Roma, dove hanno fatto sold out e scatenato il panico tra la folla in delirio. Le aspettative erano altissime e l'occasione troppo ghiotta per farseli scappare, così mi sono ingegnato per intervistarli. L'agenzia che li ha portati in Italia è la LowFi Promotion, ragazzi simpaticissimi, che mi hanno permesso di intervistarli prima del concerto. Così inizia la nostra serata, alle 20.30 di fronte al Leoncavallo, spazio pubblico autogestito, con il sorriso sulle labbra, l'eccitazione di un bambino, e i miei fedeli collaboratori al seguito.
Vedere il locale vuoto è stato già una piccolo colpo al cuore. Sul palco i tre giradischi montati uno di fianco all'altro davanti al telo bianco per le proiezioni. Un enorme spazio che nel giro di poche ore si sarebbe riempito fino a scoppiare. Le pareti trasudavano le emozioni di migliaia e migliaia di persone, come se il posto potesse parlare, una tensione statica ci pervadeva, penso ci si senta così entrando in una casa infestata dai fantasmi.
Seguiamo High Ku, il biondino del gruppo, fino al backstage e lì incontriamo gli altri, Sly e Zé Mateo. Mi ero preparato una battuta per l'occasione, avrei dovuto scherzare sul fatto che "non siete cinesi in realtà", ma, per fortuna, ho realizzato in tempo che sarebbe stato uno scherzo davvero triste.
I tre si siedono al tavolo e iniziano a prepararsi per l'intervista accendendosi una sigaretta speciale, mentre io e il regista sistemiamo l'apparecchiatura. Iniziamo a scherzare e prepariamo il mood per la nostra piccola chiacchierata. Loro sono molto rilassati e sembra che gli piaccia scherzare, si lasciano andare ed ecco cosa è successo:
http://youtu.be/mpep4YJFpfo
Se avete ascoltato fino alla fine avrete scoperto il vero scoop della serata, l'annuncio del nuovo album: Groove Session number 3, previsto per aprile del 2014 in occasione dei dieci anni dell'etichetta.
Ci congediamo stremati dalla tensione e ci concediamo una pausa prima del concerto. Le ore passano e i dj del Leoncavallo si alternano nel warm up, il locale inizia a riempirsi e l'aria si riempie di elettricità, un climax che esplode quando il trio sale sul palco, fiero e ispirato. Saremmo stati in almeno tremila sotto il palco ad alzare le braccia a tempo e a sculettare a ritmo. Tutto inizia con i pezzi più mainstream, sample swing su basi dritte, Artichaut la canzone di riferimento, il pubblico in delirio e le loro mani veloci sui giradischi.
Sul telo si alternano le proiezioni legate ai loro pezzi, stralci di video da cui sono stati presi i sample vocali, uno tra tutti Fight Club. Vedere il faccione insanguinato di Tyler Durden che snocciola le regole del suo club segreto di fronte a migliaia di persone è stata un'emozione incontenibile. Il pubblico in estasi e finalmente sul palco arriva l'MC Taiwan. Un artista che ha collaborato in diversi pezzi dell'album, racing with the sun, e che li accompagna spesso nei live set.
Spesso si sottovaluta la figura di un maestro di cerimonia, lo si associa sempre agli ambienti esclusivamente hip hop e ci si dimentica che in fondo un vocalist bravo è sempre un artista di tutto rispetto.Canzoni di riferimento Miss Chang, capolavoro a mio avviso, e In my Room, favolosa anche questa, entrambe immerse in atmosfere reggae che Taiwan arricchiva con le sue rime e la sua voce inconfondibile.
I've got That Tune, la loro canzone più famosa, commerciale se volete, è stata lasciata per il gran finale, grandioso, "gli angeli con le trombe e gli arcangeli coi tromboni". Non hanno concesso nessun bis e il pubblico è sfollato lentamente, col sorriso sulle labbra e il ritmo che ancora li faceva ballare nella via del ritorno a casa.
Un ringraziamento particolare va alla LowFi Promotion che ha permesso l'intervista, a James L. C. Baker per le riprese e il supporto e a Mia Labate per le foto e la pizza!
