
Wesselmann e la celebrazione dell'America del benessere
L’arte è figlia del tempo in cui vive. L’arte respira i cambiamenti e le evoluzioni sociali.
Ne è un esempio la Pop Art, corrente artistica nata, cresciuta e sviluppata negli anni Sessanta.
Sono anni questi in cui il senso estetico si trasforma: la moda, i colori, l’arredo e l’arte cambiano il loro aspetto.
Complici il crescente aumento del benessere sociale e il boom economico, si fa spazio l’entusiasmo rivolto allo sviluppo e al progresso che da troppo tempo si erano persi.
Gli artisti, dunque, sentono il bisogno di rendere evidente quanto stava accadendo: le merci, i beni di consumo, i prodotti industriali - che solo due decenni prima erano quasi completamente inaccessibili a causa dei conflitti mondiali - ora diventano elementi della quotidianità, fruibili e acquistabili dai più.
E sono proprio i prodotti del consumismo, le immagini della comunicazione massmediale e le nuove tecniche artistiche, a diventare i protagonisti all’interno delle opere della Pop Art e a venire celebrati, quasi esaltati.
Gli artisti sembrano voler calcare la mano sulla leggerezza, sulla semplicità e sull’immediatezza dell’immagine: è giunto il momento “dell’avere”, per “l’essere” ci sarebbe stato tempo in seguito.
Arte Pop: arte popolare, del popolo, della massa; un’arte che vede tra il suo schieramento di artisti uno dei massimi celebratori del benessere americano: Tom Wesselmann, colui che più di ogni altro cattura l’istantaneità delle immagini pubblicitarie per farle diventare la sua peculiarità artistica.
I contenuti “bassi” dei cartelloni, che reclamizzano beni di consumo, vengono ora elevati e immessi nel linguaggio dell’arte.
Nato nel 1931 a Cincinnati, in Ohio, Wesselmann fin da ragazzo inizia a disegnare cartoni.
La passione per l’arte lo porta ad iscriversi all’Accademia, anche se in precedenza aveva già conseguito la laurea in psicologia. In seguito decide di trasferirsi a New York per diplomarsi in disegno alla Cooper Union.
Questa città, dagli anni Sessanta fino alla sua morte (avvenuta nel 2004), vede sbocciare e decollare la sua carriera, e dalla Grande Mela, poi, la sua espressione artistica riuscì a contagiare e raggiungere tutto il mondo.
Risulta pertanto evidente la connessine tra arte ed espressione massmediale: il linguaggio accattivante, che imparò a sfruttare in giovane età, non venne mai abbandonato.
Allontanando da sé tutto ciò che poteva essere astrazione, l’artista americano realizza le sue opere figurative attraverso collage, assemblaggi e unendo materiali di diversa tipologia. I colori, inoltre, sono sempre forti, accesi e saturi, come quelli delle pubblicità patinate.
Nessun messaggio critico all’interno dei suoi lavori, solo una chiara celebrazione dell’America, del benessere dilagante e delle icone contemporanee.
Wesselmann è ricordato soprattutto per alcune opere che riproducono nudi stilizzati di donne, come, per esempio, la serie intitolata Great American Nude (nome ripreso anche nel titolo della sua prima mostra realizzata a New York nel 1961).
Il più delle volte queste figure appaiono in interni ricreati attraverso collage che rappresentano abitazioni americane degli anni ’60 dove, tra televisioni accese, oggetti pescati dal design e imitazioni di merci acquistabili al supermercato, compare la sagoma di una donna nuda, in posizioni provocanti, nonostante la sua evidente semplificazione anatomica.
Se guardate con attenzione, tali opere però rivelano dettagli che ci permettono di fare un accostamento che potrebbe apparire azzardato: le campiture di colore stese in modo piatto e bidimensionale, i colori accesi e innaturali, portano alla mente i quadri di Henri Matisse, artista francese, massimo esponente della corrente Fauve dei primi anni del 1900.
L’accostamento diventa maggiormente chiaro se si fa un confronto tra l’opera Great Nude # 29 e il quadro di Matisse Nudo Rosa (1935). Nonostante il linguaggio espressivo dell’americano si sia sviluppato in modo originale e del tutto personale, appare evidente il richiamo al fauvista francese, reso ancora più palese dalla citazione del “quadro nel quadro”.
Riferimenti, più o meno espliciti, a grandi artisti sono numerosi e frequenti all’interno delle opere del’americano: Mondrian, Modigliani e Leonardo da Vinci sono solo alcuni degli autori di quei dipinti che compaiono riprodotti nei suoi quadri-assemblaggi. Molto spesso, inoltre, i nomi di importanti pittori vengono celebrati anche nei titoli delle opere stesse.
Se si guarda però ai suoi quadri degli anni ’50 - ancora non circoscrivibili all’interno della corrente Pop del decennio successivo - risulta evidente che è di certo Matisse l’artista che in misura maggiore viene ricercato e studiato.
Rimasto sempre fedele al suo inconfondibile stile espressivo, nel corso degli anni però medita ad alcune varianti di temi a lui cari; realizza, per esempio, la serie Still life. Sono queste rappresentazioni di nature morte giocate, ancora una volta, sulla creazione di campiture piatte e giustapposizioni di colore, celebrando sempre e comunque oggetti comuni, frivoli: rossetti, trucchi femminili, mani che reggono sigarette accese, piedi di donne con unghie smaltate di rosso.
Leggerezza è la parola d’ordine che continua a riecheggiare nei lavori di Wesselmann.
Seguono poi gli Smokers, quadri in cui gigantesche labbra femminili, rosse e sensuali, reggono sigarette fumanti.
E negli anni a seguire, continuano le riproduzioni di donne, in pose vezzose e provocanti, di molto simili e quelle degli anni Sessanta, ma che con il tempo hanno ceduto al fascino di una maggiore astrazione e smaterializzazione.
E’certo: Tom Wesselman, celebratore dell’America del consumo, rimase sempre riconoscibile e coerente alla sua arte.
Le immagini, vivaci ed immediate, colpiscono per la facile fruibilità: sono accattivanti, captano l’attenzione di chi le osserva e attraverso loro sarà possibile far rivivere per sempre il sapore di quei favolosi anni ’60.
