Il superamento delle paure con la pratica dello Yoga.
Spesso e volentieri, durante l’esecuzione di alcune Asana, un praticante si ritrova a dover affrontare alcuni “punti neri” legati alla propria fisicità, ai propri limiti.
E’ assolutamente normale che ogni fisicità sia un mondo a sé stante: è anche il fascino del regno della natura che non replica esattamente un corpo uguale all’altro (a quello ci sta pensando l’essere umano-dio con la clonazione). Ogni struttura muscolare ha pregi e difetti, criticità e punti di forza che man mano si imparano a conoscere tramite esperienze gradevoli e, ahimè, drammatiche ( un movimento inopportuno, una caduta, una frattura , uno scorretto utilizzo del muscolo o uno sforzo eccessivo oltrepassando il proprio limite, ecc ecc.).
Tuttavia, oltre ad avere un quadro generale del proprio corpo, ammesso che se ne abbia consapevolezza, una certa componente di paura è sempre presente.
Paura di sbagliare, paura di cadere, paura di fare una figuraccia, paura dell’equilibrio, paura di non riuscire a dominare la propria mente, paura di non cogliere appieno il significato che ogni Asana porta con sé, paura di non riuscire a capire bene ciò che si sta facendo con la pratica dello Yoga.
E’ assolutamente normale. Bisogna solo dare del tempo al tempo e riuscire piano piano ad aprire le cancellate della propria mente agli insegnamenti yogici in modo tale che piano piano possano progredire per far acquisire al praticante una condizione diversa e qualitativamente migliore.
Una condizione corretta di pratica si appoggia solo su pochi elementi: consapevolezza, osservazione, respiro. Ad esempio si prenda qualche “limite” che normalmente potrebbe presentarsi. Il più gettonato: non arrivare a terra con le mani quando ci si piega con le gambe tese.
C’è Consapevolezza del limite e ciò vuol dire che si capisce da cosa è costituito il problema, quali sono gli addendi che lo compongono e il prenderne atto. Non far finta che non ci sia ma accoglierlo senza giudizio: per legarmi al discorso di prima, ogni esser umano ha propri punti di forza e debolezza. Magari chi si tocca le punte dei piedi trova difficoltà nelle posizioni in appoggio sulle braccia o in quelle di equilibrio.
C’è l’Osservazione del limite, “osservare il proprio nemico da vicino è il miglior modo per abbatterlo” ( L’Arte della Guerra). Osservare in modo creativo è in realtà comprendere che magari ci si può spingere sempre un po’ più in la. Sempre un po’ più giù per arrivare a terra con le mani osservando cosa succede alle fasce muscolari, al proprio corpo, al proprio respiro.
La pratica dello Yoga, alle volte, va vista come un gioco con se stessi, un gioco con le Asana, un gioco con il respiro. Una sperimentazione nel completo rispetto dei propri limiti, senza strafare.
Continuando il gioco , vi invito a portarlo fuori dalla sala di pratica e provare a porvi le stesse domande per questioni pratiche, di vita quotidiana.
Si può pensare che lo Yoga, allora, si esaurisca in 60 o 90 minuti di pratica?
A voi la risposta,
Namaste
Vittorio Pascale
Allievo praticante di Yoga Integrale presso il centro Parsifal Yoga, Milano – fondatore della pagina Fb: Yogamando – domande? Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.