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CHIARA LUBICH con Cristiana Capotondi: in prima visione il 3 gennaio su Rai1

“Chiara Lubich - L’amore vince tutto” è il tv movie di Giacomo Campiotti ispirato alla fondatrice del Movimento dei Focolari nell’anno del Centenario della nascita (Trento 22 gennaio 1920 - Rocca di Papa, 14 marzo 2008). A interpretarla una credibile, intensa e solare Cristiana Capotondi. Approfondiamo il progetto riportando le dichiarazioni dei protagonisti e degli ideatori.

«Il Movimento dei Focolari ha la fisionomia di una grande e variegata famiglia, di un ‘nuovo popolo nato dal Vangelo’, come lo definì la fondatrice, Chiara Lubich, che lo fondò nel 1943 a Trento (Italia), durante la seconda guerra mondiale, come una corrente di rinnovamento spirituale e sociale. Approvato nel 1962 con il nome ufficiale di Opera di Maria, è diffuso in oltre 180 paesi con oltre 2 milioni di aderenti. Il messaggio che vuole portare nel mondo è quello dell’unità. L’obiettivo è quindi cooperare alla costruzione di un mondo più unito, spinti dalla preghiera di Gesù al Padre ‘perché tutti siano una sola cosa’ (Gv 17,21), nel rispetto e valorizzazione delle diversità. E per raggiungere questo traguardo si privilegia il dialogo, nell’impegno costante di costruire ponti e rapporti di fratellanza tra singoli, popoli e ambiti culturali. Il Movimento vede al suo interno cristiani di molte Chiese e comunità cristiane, fedeli di altre religioni e persone di convinzioni non religiose. Ciascuno vi aderisce condividendone il fine e lo spirito, nella fedeltà alla propria Chiesa, fede, e coscienza. Focolari sono chiamate le comunità nelle quali vivono quanti nel Movimento hanno pronunciato voti di castità, povertà e obbedienza. Fanno parte del focolare anche persone sposate che, fedeli al loro stato di vita e rimanendo a vivere la propria vita familiare, condividono con i vergini la scelta radicale di mettere in pratica l’amore evangelico e di vivere per realizzare l’unità» (dalla nota ufficiale).

Ci fa piacere ricordare le parole di Papa Francesco su questa donna: «Chiara Lubich aveva a suo tempo coniato un’espressione che rimane di grande attualità: oggi – diceva – occorre formare ‘uomini-mondo’, uomini e donne con l’anima, il cuore, la mente di Gesù e per questo capaci di riconoscere e di interpretare i bisogni, le preoccupazioni e le speranze che albergano nel cuore di ogni uomo».

Dopo il 1995, la Lubich ricevette una lunga serie di riconoscimenti e premi da parte di vari organismi internazionali, capi di Stato, chiese locali, università ed enti culturali appartenenti a una ventina di Paesi, tra i quali spiccano il premio Educazione alla pace dell’Unesco nel 1996 e il premio Diritti umani del Consiglio d’Europa nel 1998.

 

“Chiara Lubich - L’amore vince tutto”: sinossi

Siamo a Trento, è il 1943. La città è oltraggiata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Chiara, giovane maestra di scuola elementare, deve interrompere la lezione per condurre i bambini in salvo in un rifugio antiaereo.

Là, nel tempo sospeso del bombardamento, ritrova alcuni amici: Ines (Aurora Ruffino) ed Enrico (Stetano Guerrieri), prossimi al matrimonio, Natalia (Valentina Ghelfi) e Dori (Sofia Panizzi) che sognano anche loro una famiglia. Chiara invece vorrebbe solo avere delle risposte ai grandi interrogativi che la attanagliano. Alla fine dell’allarme, Trento mostra le sue ferite tra le macerie. Chiara ritrova i genitori e le sorelle. Suo fratello Gino (Eugenio Franceschini), medico dell’ospedale, è impegnato a curare i tanti feriti. Qui Chiara vede la tragedia con i suoi occhi. Tutto il suo mondo trema. Afflitta dalla devastazione e dal dolore che vede intorno a sé, Chiara cerca disperatamente di dare un senso a quanto sta accadendo. La situazione peggiora all’indomani dell’armistizio di Badoglio dell’8 settembre. Il Paese è allo sbando. Gino decide di unirsi ai partigiani e combattere in prima linea. Enrico ed Ines rimandano le nozze perché il ragazzo decide di affiancare invece i soldati tedeschi. I progetti di tutti sono messi in discussione. Chiara, alla ricerca disperata di un senso, vaga per la città distrutta e, davanti ad una statua della Madonna, si sente chiamata a consacrarsi a Dio, l’unico ideale che sembra non crollare. La decisione di vivere concretamente il Vangelo, condiviso con le sue amiche, scatena le reazioni dei benpensanti, tra cui il padre di Ines (Roberto Citran), un gerarca fascista che ha minacciato di morte Gino, e che non tollera che la loro figlia frequenti Chiara. «Che tutti siano uno» è questo il versetto del Vangelo che più ha colpito Chiara e che diventa il suo programma di vita, scandaloso e incomprensibile per chi, stremato dalla guerra, cerca prima la vendetta della giustizia. Mentre tutti riparano in montagna, Chiara, a malincuore, si separa dalla sua famiglia e decide di rimanere a Trento per aiutare chi ha più bisogno [...volutamente non vi riportiamo integralmente la trama così da gustarvi la visione]. Chiara Lubich è la storia di una giovane donna e il suo sogno: realizzare la fratellanza universale. Al centro dei suoi dialoghi di pace spiccano la forza dell’amore e la solidarietà che può costruire ponti tra gli uomini di qualunque razza o fede religiosa. Il film è il ritratto di una donna libera, appassionata e coraggiosa.

“Chiara Lubich”: le dichiarazioni della direttrice di Rai Fiction e del direttore di Rai1

L’intervento in conferenza stampa di MARIA PIA AMMIRATI, direttrice di Rai Fiction«Chiara Lubich è una grande personalità che ha anteposto il bene comune alla propria individualità. Grazie agli attori e alle attrici, grazie a Cristiana Capotondi, grazie a Luca Barbareschi che ha creduto fino in fondo a questa storia - molto importante e femminile. Una figura di donna che inizia negli anni terribili per l’Italia, con la fine della guerra; nel vuoto di dolore in cui è immerso il Paese, emerge la figura nuova del femminile. Con l’incredibile forza di volontà e della bontà, Chiara riesce a fare qualcosa che era impossibile a quei tempi. Riesce a imporsi con una autorevolezza unica, da donna giovane, borghese. In un mondo così maschile e chiuso nel dolore della guerra, riesce a creare un gruppo, un piccolo gruppo all’inizio. Era difficile rappresentare in un film la figura di Chiara Lubich, personaggio importante per il Paese, per la Chiesa e per il dialogo tra le religioni. Stiamo parlando di una donna molto sfaccettata, non è solo una donna di Chiesa. “Chiara Lubich” è un’agiografia, ma non nell’accezione retorica che noi diamo al termine; è la storia di una donna beatificata, che ha le coloriture di una santa, ma non è una santa come la pensiamo noi. I santi sono uomini e donne normali, c’è la carnalità. Questa storia è un viatico, è un inizio positivo in una situazione che oggi viviamo. Il disegno di Chiara era il disegno dell’avvicinamento, della comunità».

 

La testimonianza di STEFANO COLETTA, direttore di Rai1: «Abbiamo deciso insieme a Maria Pia di aprire il palinsesto 2021 di Rai1 con questo film tv. Ho avuto la fortuna di conoscere Chiara Lubich perché sono cresciuto insieme ad una delle sue nipoti, Agnese. Il film di Campiotti condensa in maniera molto dritta, senza retorica. Chiara Lubich era una donna che aveva incontrato Dio e lo aveva incontrato più che nella mistica, davvero nell’azione. Era una donna molto pratica ed era molto legata al periodo natalizio. Aveva due date che la portavano a non dimenticare mai la parte emotiva della sua vita: Natale e San Luigi (perché entrambi i genitori si chiamavano Luigi). Chiara era una donna molto tenace, d’azione e molto pratica. Proprio domenica 27 ho richiamato sua nipote Agnese per comunicarle che il 3 gennaio avremmo mandato in onda il film. Per Rai Fiction e Rai1 è un grandissimo onore iniziare con un messaggio di grande profondità, restituito nel film senza retorica, ma con vicinanza alla verità. Spero che il film sia visto anche dai target più insoliti per la rete».

 

 

“Chiara Lubich”: il produttore Luca Barbareschi

«Il mondo si è ridotta ad una monade, con la parola ‘Io’ che si è sostituita al ‘noi’, alla condivisione della realtà. La scelta aspirazionale di Eliseo Multimedia – un gruppo tutto italiano costituito da quasi 100 persone – è fatta di strade difficili. Ringrazio il regista che ha realizzato un film non religioso, ma che è una grande metafora di speranza e di coraggio in un periodo in cui manca l’ispirazione per andare avanti, simbolo di semplicità, di passione, di volontà di unire, di promuovere il dialogo tra persone diverse, si è continuamente arricchita delle diversità. Sono un gruppo di ragazze che decide di credere in qualcosa. Nel mondo di oggi c’è tanta tristezza nei ragazzi, che è dovuta all’assenza di motivazioni. La figura di Chiara spero diventi un simbolo di coraggio, di voglia di riunire le persone insieme, intorno ad un fuoco. Jonathan Sacks diceva che la dignità sta nelle differenze. Facebook insegna che chiunque è simile a noi è un grande amico, ma è un grande inganno. La Rai è ormai l’unica vera opportunità di narrazione, prego la politica di investire tanto nella Rai, che ha bisogno di risorse. In questi giorni stanno iniziando le prime vaccinazioni contro il Covid, Chiara Lubich è una vaccinazione dello spirito contro quella che noi in ebraico chiamiamo ‘maldicenza’, citata anche da Papa Francesco. Questo è un anno in cui la vaccinazione non deve essere solo immunitaria ma anche dello spirito per portare le nuove generazioni a ricostruire il Paese con una politica responsabile». Sull’attrice protagonista ha tenuto ad aggiungere: «È il secondo film che facciamo insieme, ha una purezza d’animo che combacia con quella del personaggio».

 

“Chiara Lubich”: il regista Giacomo Campiotti

Molti di noi hanno imparato a conoscerlo con la fiction “Braccialetti rossi” e anche in questo lavoro ha dimostrato grande sensibilità. «Abbiamo bisogno di questa Rai, mi sento davvero al posto giusto. Ho narrato una storia per tutti, Chiara Lubich non è un racconto solo per il mondo cattolico o cristiano. Abbiamo provato a fare un film per tutti, nel rispetto e nella ricchezza delle differenza. Questa sceneggiatura è stata la più difficile della mia carriera, la storia di Chiara manca un po' di quegli elementi super drammatici così cari alle fiction perché il suo percorso è soprattutto un viaggio interiore e quindi è più difficile da raccontare. Penso però che noi ci siamo riusciti cercando di ritrovare nel suo messaggio, nella sua vocazione, le cose più semplici, che sono quelle più profonde e quelle che potevano arrivare a tutto il pubblico - mi riferisco a questa idea che c'è nel Vangelo, così semplice, che è quella di amare gli altri e di vedere Dio nel prossimo. Ecco nel momento in cui tu riesci a rapportarti con le altre persone per praticare la solidarietà, l'ascolto e l'amicizia, tutto cambia dentro di te e anche intorno a te. Lei stava cercando solo di seguire la sua coscienza e guardate che cosa è successo. Il motto di Chiara è ‘che tutti siano uno’. Il covid ci fa capire che veramente siamo tutti uno. Da questo problema o usciamo tutti o non esce nessuno».

 

“Chiara Lubich”: Cristiana Capotondi, colei che dà corpo e anima alla Lubich

«Ringrazio Giacomo Campiotti per la sua testardaggine. La storia di Chiara Lubich non è circoscritta al mondo religioso, è una storia che fa la differenza, è la vicenda di una donna che ha una visione politica - ed è ciò che servirebbe oggi. Mi porto a casa una’esperienza molto bella, spirituale, immersiva. Mi faccio portavoce della condizione emotiva con la quale abbiamo girato: è come se con le ragazze avessimo costruito un primo focolare. Per prepararmi ho guardato tantissimi documentari su di lei, ho ascoltato podcast, ho letto biografie, ho cercato di avere una visione d’insieme del personaggio, ma ho temuto che fosse deviante perché raccontiamo il 1943, anno in cui c’era la guerra e Chiara - aveva 23 anni - non sapeva ancora dove l’avrebbe portata questo percorso. Nelle prime interrogazioni in Vaticano risponde ‘non volevo costruire niente, eravamo solo un gruppo di ragazzi’. Sono partita dall’idea di una giovane donna alle prese con il dolore di vedere la sua città, Trento, bombardata, peraltro dagli alleati. Vedendo il film mi sono commossa perché la guerra è raccontata talmente tanto bene che ti trasferisce un dolore vero. In questo momento storico il suo messaggio ha una forza politica straordinaria, per cui non è stato difficile per me immaginare la sua figura. Chiara era una donna molto materna, pur non avendo figli. La Lubich ha avuto la forza di parlare con tutti, con il mondo ebraico e con quello islamico così come con la chiesa ortodossa, come se non avesse sovrastrutture. Io provengo da una famiglia metà ebraica e metà cristiana, ho una spiritualità del tutto personale. La religione, per come mi piace immaginare che sia stata pensata, deve muoversi verso il benessere degli esseri umani. Chiara, negli anni Ottanta, è riuscita ad arrivare a persone in tutto il mondo facendo via radio quello che noi ora facciamo con zoom. Sapeva che c’era bisogno di condividere i valori. Questa storia ci ha ricordato cosa significa essere vicini, fratelli, uniti».

 

“Chiara Lubich”: le parole di Aurora Ruffino, interpreta una delle amiche di Chiara

«Ho sentito da subito questo come un progetto speciale, come coperto da una energia diversa, più alta. Si è creato tra noi attrici un rapporto molto forte, come se fossimo amiche da anni. Ci siamo supportate tutti i giorni. Si è creato un amore speciale. Io interpreto Ines, una delle tante amiche di Chiara. Quando si incontra una personalità come quella di Chiara è incredibile, ci si innamora. Ines stima Chiara, a tal punto da desiderare di essere come lei, tanto da sentirsi inadeguata, insicura, imperfetta e questo la porterà ad allontanarsi. Solo col tempo capirà che l’unicità e l’essere diversi rappresentano un valore. Il mio personaggio si oppone con forza alla propria famiglia perché sente che la sua famiglia non è nel giusto. Scappa per andare a vivere con Chiara e le sue amiche, per aiutare le persone bisognose. Nel film c’è una scena bellissima a riguardo, quella delle due uova che Chiara dona alla signora povera benché lei e le altre ragazze non avessero altro cibo in casa e poi un contadino regala loro delle uova e questa è la dimostrazione che quando fai del bene ritorna. Di Chiara mi ha colpito che, pur vivendo nell’incertezza del domani, aveva l’assoluta certezza che le cose sarebbero andate bene poiché Dio avrebbe trovato la strada per lei».

 

La messa in onda e il contatto col nostro oggi

Appuntamento per domenica 3 gennaio, in prima serata, su Rai1 per scoprire, fuor di retorica, la storia di questa donna, i punti di contatto che crea con l’essere umano e, di conseguenza, anche con noi. Queste parole di Campiotti fanno trasparire quanto la vicenda e soprattutto l’approccio e il messaggio della Lubich siano attuali: «Qualche mese prima di ricevere la proposta del film ispirato a Chiara Lubich, ho conosciuto un grupo di focolarini, in un incontro per me molto importante. Studiando insieme agli altri sceneggiatori (Francesco Arlanch, Luisa Cotta Ramosino e Lea Tafuri) la vita di Chiara e il suo pensiero, via via mi sono reso conto di quanto Chiara fosse un personaggio originale, unico, incredibilmente ‘avanti’. Quanto avesse ancora da dire, e quanto il suo essere leader carismatico donna rendesse ancora più significativo il raccontare la sua vita oggi…. Poi è arrivato il Covid… e ho pensato che la Luce di Chiara fosse proprio necessaria e che forse questo film arriverà nelle case nel momento giusto. C’era comunque in me molta preoccupazione perché la vita di Chiara non ha nulla di straordinario, pochi di quegli elementi drammatici necessari nella costruzione di un film. C’è il sottile filo di un ideale che attraversa la sua vita e la fedeltà, la costanza per metterlo in pratica, e il magnetismo che questo ideale crea nelle altre persone. La sfida era quella di raccontare Chiara senza il bisogno di farne un ‘santino’. Raccontare la sua vita in modo che potesse arrivare al cuore di tutti. Una donna laica, molto vicina a noi, che non ha fatto nulla di clamoroso, ma in tutta la sua vita, giorno dopo giorno, nelle piccole e grandi scelte, ha sempre seguito la via della giustizia, della carità e dell’amore, al servizio degli altri… cercando cioè ‘semplicemente’ di vivere il Vangelo. Abbiamo scelto di raccontare i primi momenti della sua opera, la scoperta della sua vocazione proprio in mezzo alle miserie della guerra, le prime scelte difficili, l’incontro con le amiche, l’emozione di condividere gli stessi ideali. [...] Con Cristiana Capotondi abbiamo lavorato verso la semplicità, contro i rischi della retorica, raccontando Chiara che non pontifica mai, ma condivide con gli altri la gioia delle sue scoperte. Una giovane donna allegra, profonda ma leggera, concreta e umile

È stata una bellissima esperienza di condivisione profonda. Ho fatto innumerevoli provini prima di decidere il cast delle ragazze. Sono il cuore del film, era importante che fossero diverse, non omologate, ma anche unite da un sentimento indicibile che lo spettatore fosse in grado di percepire. Un gruppo di ragazze che lasciano le famiglie e vanno a vivere insieme creando grande scandalo. Siamo negli anni anni quaranta, non ai tempi dell’Erasmus! Ed ecco Aurora Ruffino (la mia Cris dei Braccialetti ), Greta Ferro, Miriam Cappa, Valentina Ghelfi e Sofia Panizzi. Con tutte loro e tra loro e con Cristiana, è successo qualcosa di speciale che spero sia passato sullo schermo. Anche tutto il resto del cast mi sembra di ottimo livello, in particolare voglio ricordare Eugenio Franceschini che dona profondità e sensibilità al personaggio di Gino, il fratello di Chiara. Insieme alla troupe tecnica che ha dato al film molto di più che la pur grande professionalità, abbiamo realizzato le riprese principalmente a Trento e nei dintorni, dove abbiamo dovuto ricostruire con grande impegno produttivo gli scenari terribili della guerra e dei bombardamenti, perché è stato proprio nel momento in cui ‘tutto crolla’ che Chiara si rende conto che resta solo Dio» (dalle note di regia).

 

Le foto di scena inserite sono di Federica Di Benedetto.

 

Maria Lucia Tangorra

Pugliese di nascita e milanese di adozione, pensa che in particolare di teatro e cinema non si possa fare a meno. Giornalista pubblicista, laureata in Lettere moderne percorso 'Letteratura e arti' in Cattolica, scrive in particolare modo di Settima Arte e di quella più antica - quella teatrale - ma negli anni ha ampliato occupandosi anche di tv, mostre, libri ed eventi. Vive nella città meneghina, ma effettua trasferte ad hoc anche per seguire festival di settore.

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