
Cucina futurista: bocconi simultaneisti e cangianti
Il Manifesto della Cucina Futurista pone l’accento sulla necessità sempre più forte di unire le arti culinarie alle arti figurative con l’intento di creare maggiore coinvolgimento sensoriale ed elevare la gastronomia a vera e propria forma artistica. Marinetti e Fillìa sono i primi a rivisitare i consueti abbinamenti per dare vita a pietanze azzardate e visionarie.
È il 1913 quanto lo chef Jules Maincave pubblica il "Manifeste de la cuisine futuriste", sancendo l’inizio di una stagione di ardite sperimentazioni in ambito culinario, dall’accostamento di ingredienti insoliti allo scontro di colori, profumi, sapori, fino alla contaminazione con la poesia, la letteratura e la musica. Ma solo nel 1931 viene pubblicato il Manifesto della Cucina Futurista.
Negli anni successivi sono numerosi i cuochi che cominciano a prediligere il risultato estetico al sapore, convogliando i loro sforzi nella creazione di una vera opera d’arte, mentre gli artisti stessi si cimentano nella preparazione di “piatti artistici”, contributi che elevano la gastronomia sempre più al pari di altre discipline, affiancandola alla pittura o alla letteratura, e conferendole il titolo di forma d’arte.
I futuristi prendono la questione a cuore, trasformandola in una vera e propria battaglia, come solo Marinetti e compagni sanno fare: la sperimentazione in cucina prende la forma di una lotta, una grande battaglia “consacrata col sangue” contro la pastasciutta, alimento accusato di provocare inattività, fiacchezza e, non sia mai, neutralismo. Era il 1930, atto di proclamazione: la cena al ristorante milanese “Penna d’oca”. Segue la pubblicazione del manifesto su Comoedia, periodico francese che verteva sulla critica teatrale, avanguardie artistiche e romanzi d’appendice. Il manifesto viene scritto dal pugno di Marinetti e firmato dal poeta e pittore Fillìa, mentre entrambi si impegnano anche nella stesura del libro La Cucina Futurista, pubblicato nel 1932.
La sperimentazione futurista in cucina propone di rompere con le solite noiose mescolanze, abolire le posate e le buone maniere, in favore dell’accostamento azzardato di ingredienti tradizionalmente separati per creare “bocconi simultaneisti e cangianti”.
Nel corso della prima metà degli ’30 seguono una serie di conferenze e incontri tra l’Italia e la Francia, banchetti in cui si presentano nuovi sapori e dove la gastronomia viene affiancata alla musica e alla poesia.
Simbolo della cucina futurista è il Carneplastico, un piatto ideato da Lucio Colombo, in arte Fillìa, costituito da una composizione originale di carne, salsiccia, verdure e miele impilate in posizione verticale sul piatto, a rappresentazione sintetica del paesaggio italiano. Altro “complesso plastico mangiabile” è quello ideato da Enrico Prampolini, un “mare equatoriale di tuorli rossi d'uova all'ostrica con pepe sale limone. Nel centro emerge un cono di chiaro d'uovo montato e solidificato pieno di spicchi d'arancio come succose sezioni di sole. La cima del cono sarà tempestata di pezzi di tartufo nero tagliati in forma di aeroplani negri alla conquista dello zenit".
L’estrema sperimentazione futurista porta a ideare piatti di fatto immangiabili, oltre che alla creazione di ricette, rinominate Formule, e all’invenzione di un Galateo Futurista.
A Torino viene inaugurata la taverna Santopalato, con un ricco menù futurista ideato dagli artisti Prampolini, Fillìa, Saladin e dai cuochi Piccinelli e Burdese, con gli Antipasto intuitivo, Paesaggio alimentare, Brodo solare e Dolcelastico.
Molte delle proposte della cucina futurista sono state accolte dalla tradizione gastronomica contemporanea, in particolare a partire dagli anni ’70 con il movimento della Nouvelle Cuisine sia in Italia che in Francia: la grande cura e attenzione alla presentazione del piatto, la suggestione esotica, l'amore per il dettaglio, lo studio dell’accostamento di colori e forme armoniche che danno vita a composizioni di estrema raffinatezza, sono tutte componenti ormai consolidate, ma ideate da Marinetti e la sua cerchia.
Il futurismo ha voluto innalzare la cucina allo stesso livello delle forme della creatività più nobili, riconoscendo l’importanza dell’arte culinaria, nutrimento della creatività, nelle vite delle persone, legando l’amore futurista per la velocità, la tecnica, la leggerezza e la vitalità a quello per la buona tavola, con piatti snelli, scattanti, armonici e cangianti; e concretamente tramite l’abolizione del volume e del peso, di forchetta e coltello, con l’accostamento di miscele assurde oltre che della cucina alle arti più raffinate per costruire e creare un viaggio sensoriale fantastico.
"Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia" (Marinetti).
Daniela Ficetola
