Luca Montersino e la pasticceria salutistica
Molto più di un pasticciere, Luca Montersino (classe 1973 e origini torinesi) mette insieme più figure in una sola: etoile, ricercatore di cucina e pasticceria (salutistica), cuoco, consulente aziendale, food manager, personaggio televisivo (per Sky e per la Rai), e autore di articoli e bestseller di cucina e pasticceria. Ma soprattutto, Luca è famoso per i suoi dolci poveri di zuccheri e grassi. Perché in tempi non sospetti ha aperto la strada a un ramo della cucina che oggi è un trend in continua crescita.
La passione, la determinazione e la caparbietà lo hanno fatto diventare un grande professionista. Ad Alba ha fondato Golosi di salute, la prima pasticceria salutistica italiana, dal 2001 al 2004 è stato direttore dell’Istituto Superiore Arti Culinarie Etoile e, successivamente, con Oscar Farinetti, ha aperto a Torino, Tokyo e New York le pasticcerie Luca Montersino per Eataly, affermandosi come pasticcere di fama internazionale.
Nel 2012, sulle colline torinesi (a Chieri), ha aperto insieme a Francesca Maggio – amica e insegnante di cucina e pasticceria – iCook, la Scuola di Cucina e Pasticceria che, con un catalogo completo di corsi tecnici per professionisti e appassionati, è il punto di riferimento per la pasticceria d'eccellenza.
Tra passato, presente e futuro, Luca ci ha raccontato un po’ di sé e del suo lavoro, regalandoci la ricetta di una delle sue gustose e sane creazioni.
Luca, ho letto che sei l’unico pasticciere italiano che si occupa di pasticceria salutistica. Quando e come mai hai deciso di specializzarti proprio in questo settore?
Ho sempre avuto la passione di sperimentare e di crescere professionalmente. Ma quindici, vent’anni fa circa, l’esigenza di fare una pasticceria sana era legata al mondo della formazione dei pasticcieri. Nelle scuole professionali si tenevano corsi di cucina vegetariana, vegana, salutistica, ma non c’era nulla sulla pasticceria. E allora io mi sono messo lì a sperimentare, a creare dei corsi per insegnarla ai pasticcieri. Poi, da cosa nasce cosa. I consensi che ho ottenuto mi hanno spinto ad aprire un’azienda tutta mia, dove facevo e insegnavo a fare dolci salutistici. Tutto, ad ogni modo, nasce dalla voglia di andare avanti.
Quando hai iniziato, il tema dell’attenzione alla salute non aveva le dimensioni che ha oggi. Secondo te, cosa ha contribuito a farlo esplodere?
L’insistenza, la voglia di spiegare alla gente che siamo fatti di ciò che mangiamo. Quando ho aperto la mia pasticceria, non solo non se ne parlava tanto, ma non si veniva neanche capiti. “Non sono malato, perché devo mangiare un dolce salutistico?” Questo era l’approccio. Non sono malato, certo, ma per non diventarlo posso mangiare qualcosa di sano che sia comunque anche buono. Perché, attenzione, la pasticceria salutistica deve passare necessariamente dal concetto di bontà. Per me è stato importante crederci, non mollare ai primi insuccessi. Ci ho creduto fortemente nel fatto che il futuro dell’alimentazione dovesse e potesse essere questo, e devo dire che poi, alla lunga, la mia scelta mi ha premiato.
Guardando indietro, c’è qualcuno a cui devi dire grazie per essere arrivato fin qui? La tua famiglia ti ha sostenuto?
La mia famiglia ha sempre sposato il mio desiderio di andare avanti in questo mestiere, di crescere, anche a costo di correre dei rischi. Ma quello che sono lo devo a un insieme di cose: alle tante persone che ho incontrato, agli studi che ho fatto, all’esperienza che ho accumulato in questi anni. Da sei anni, poi, ho al mio fianco una donna che mi sopporta e mi supporta quotidianamente, seguendomi nella formazione e nella sperimentazione, che porta via tante ore. Se non avessi anche il suo aiuto, farei la metà di quello che faccio ora.
A cosa dobbiamo pensare quando parliamo di pasticceria salutistica?
Dobbiamo pensare a una pasticceria non per malati o per persone con intolleranze alimentari. La pasticceria salutistica è, sostanzialmente, una pasticceria per tutti, una pasticceria sana. Faccio un esempio banalissimo: una Sacher senza latticini e senza glutine può essere considerata una Sacher per tutti. Quella tradizionale, al contrario, non lo è. Perché quella tradizionale, se hai problemi, non la mangi. Mentre quella salutistica la mangerà sia chi ha un’intolleranza al glutine, chi ai latticini, e anche chi non ha nessun problema alimentare. Si sostiene che la pasticceria salutistica sia per la nicchia, ma invece è per tutti. Sempre a patto che sia buona.
A proposito della centralità che la cucina ha assunto negli ultimi anni nel nostro Paese, qual è il tuo pensiero al riguardo? E quali sono le differenze più evidenti che riscontri oggi rispetto a quando hai iniziato tu?
La non considerazione del nostro mestiere in passato e la considerazione (forse anche troppa) di questi anni è frutto solo dell’innalzamento culturale di questo mestiere. Negli anni ‘70 e ’80, l’immagine del cuoco lasciava un po’ a desiderare, eccezioni a parte. Ai miei ragazzi dico sempre che ci vuole massimo rispetto per la divisa che portano, per lo studio non solo delle materie culinarie ma anche di tutto ciò che gli sta intorno, ossia delle leggi, delle normative. Solo così diventi un professionista, e a quel punto conquisti anche il pubblico, che contribuisce ad aumentare la considerazione del tuo mestiere. Ovvio, poi, che i media, i programmi televisivi di cucina, ci hanno dato una grossa mano. Ma i programmi televisivi sono arrivati proprio perché il cuoco si è innalzato di livello, altrimenti non sarebbero mai arrivati.
Quale sarà, secondo te, la prossima tendenza in fatto di pasticceria?
Io spero in un ritorno all’italianità dei nostri prodotti. Siamo troppo esterofili: guardiamo al resto del mondo e ci dimentichiamo delle nostre tradizioni. Allora si finisce col riempire i banconi di macarons, dimenticando però di avere i bignè, che sono più belli e più buoni dei macarons. Facciamo le brioche sfogliate alla francese ma ci dimentichiamo del nostro cornetto all’italiana, che è fantastico. Spero quindi vivamente che si possa tornare alla semplicità, alla bontà e alla cura della bontà del prodotto. Che sì, deve essere bello, ma non può essere solo questo.
Il tuo dolce preferito? E quello del cuore?
Il tiramisù, senza ombra di dubbio. Ed è anche quello del cuore, perché nella mia famiglia sono cresciuto a tiramisù.
L’ingrediente a cui proprio non puoi rinunciare?
Da pasticciere, mi viene molto difficile rinunciare alle uova, perché l’uovo in pasticceria è tutto. Però, a proposito di ricerca e sviluppo, con l’aiuto di un tecnologo alimentare sono giunto alla realizzazione di un finto uovo, un sostituto delle uova a base di patate e di piselli. Però è dura, perché l’uovo, in pasticceria, la fa da padrone.
Il dolce che avresti voluto inventare?
Mi sarebbe piaciuto essere l’inventore del panettone.
LA RICETTA:
Focaccia dolce senza glutine panna e cannella
INGREDIENTI:
Per l'impasto della focaccia dolce
270 g Farina di riso
270 g Amido di mais (maizena)
70 g Fecola di patate
10 g Farina di lupino
135 g Burro
245 g Zucchero vanigliato medio
35 g Lievito di birra
10 g Sale
7 g Gomma xantano
620 g Uova intere
Per la glassatura
135 g Panna al 35% di materia grassa
40 g Zucchero vanigliato medio
3 g Cannella in polvere
Per la finitura
150 g Gelatina di albicocche
PROCEDIMENTO:
Per l'impasto: unire le farine, lo zucchero, il lievito, la xantana e il sale, quindi impastare con la "foglia" unendo poco alla volta le uova intere.
Una volta versate tutte le uova, aumentare la velocità della planetaria a velocità alta e far impastare fino a formare una pasta molto liscia, elastica e molle.
Unire poi il burro in pomata e sbattere ancora per 2 minuti.
Stendere l'impasto su teglie imburrate, segnare con le dita e porre a lievitare per 2 ore in cella di lievitazione a 26° C con 80% di umidità.
Per la cottura: miscelare la panna, zucchero e cannella, quindi versare questo composto sulla focaccia lievitata ed infornare a 170°C per circa 25 minuti.
A fine cottura, lasciare intiepidire e lucidare con la gelatina di albicocche sciolta a caldo.