
La mostra “Fragile” di Antonella Romano ci svela interiormente
La mostra “Fragile” di Antonella Romano (di origini partenopee) è un’altra chicca presente nella suggestiva location di Palazzo Fondi a Napoli in occasione del Napoli Teatro Festival Italia.
Non è mai semplice mettersi a nudo e questa esposizione (prodotta da Le Nuvole/Casa del Contemporaneo e curata da Anna Cuomo) è come se costringesse ogni visitatore a farlo, ‘specchiandosi’ nei busti di ferro - e non solo - da cui può trasparire qualcosa o, ancor più, ci si può incrociare con lo sguardo dell’altro che ci si ritrova di fronte. «Antonella Romano plasticizza la sua interiorità in sculture delicate, come la tecnica del ricamo con cui sono realizzate, ma stabili e solide, come il fil di ferro, materiale che le costituisce. La spinta creativa la rende regista di una mostra assimilabile ad una pièce autobiografica in cui lo spettatore può immediatamente ribaltare la sua posizione e entrare personalmente in scena, riuscendo a calarsi perfettamente nella parte del protagonista. Un percorso espositivo cadenzato dall’attraversamento di cinque spazi, dominati ciascuno da un’installazione dedicata ad una fase di evoluzione personale dell’artista, la quale parte dalla rappresentazione della fragilità per superarla, per mostrare che in quanto valore umano e naturale, è parte di tutti», si legge, nella nota ufficiale. Quando ci si accosta alla prima stanza, denominata ‘nascita’, si resta impressionati da come sia stato concepito il primo nucleo: un fiore in fil di ferro che nasce da un san pietrino, instillato su una striscia di terra brulla. Nella seconda, immediatamente dopo, ci si trova a naufragare, avvertendo quello smarrimento interiore che tutti noi abbiamo provato nella nostra esistenza.
Il terzo spazio ci fa percepire che qualcosa all’interno delle ‘gabbie’ - che ci costruiamo o che ci costruiscono attorno o che possono diventare i nostri corpi - può fiorire (o quantomeno noi l’abbiamo letta così).
Non è casuale che prima di solcare la soglia della quarta stanza ci sia uno spazio vuoto, che può portare il visitatore a meditare o a sentirsi frastornato, pure disorientato, ritrovandosi persino a tornare indietro perché non sa cosa lo aspetta davanti (soprattutto se sta camminando ‘a naso’, senza seguire la mappa). Arrivati alla quarta stanza osserviamo delle donne altissime, statiche e ascendenti (ipotizziamo che sia voluto che non ci sia mai un volto) ed è così spontaneo che, dopo aver incontrato la luce, si giunga, nel quinto spazio, all’essenza di sé, rispecchiandosi.
Spesso l’arte contemporanea spiazza, anche perché non sempre è decifrabile secondo ‘canoni’ a noi vicini. La Romano, invece, ha trovato la chiave giusta e intensa per dar vita a una vera e propria esperienza, che mette in scena gli stati d’animo - insistendo in particolare sulla fragilità - portandoci a fare un’esperienza catartica. Si può affermare che Antonella Romano sia un’artista a 360* e che la sua formazione di attrice (nel 2005 è stata insignita del Premio Giuralà come miglior attrice giovane per lo spettacolo "L’Ereditiera" di Annibale Ruccello, con la regia di Arturo Cirillo) l’abbia condotta a una profonda riflessione sul corpo.
«La mia relazione con l’arte nasce per mezzo del teatro, il quale non è soltanto una metafora della vita, ma una tecnica di svelamento. L’attore coincide con l’uomo per cui il lavoro attoriale prevede un attraversare, un conoscere e uno svelare», ha dichiarato l’artista.
«Si è interrogata sempre più intensamente sulla necessità di trascendere il corpo, plasmare la materia e utilizzare l’esperienza acquisita per modulare l’espressione dei luoghi che abita». Il bello di “Fragile” è che pur essendoci di base una sorta di pièce autobiografica (senza la persona fisica né le voci, ma stimolando la nostra immaginazione), l’esposizione ha una portata universale e di grande immedesimazione.
Ci si ritrova quasi a voler abbracciare quei busti così ‘trasparenti’ e fragili, un attimo dopo se si pensa al ferro viene subito in mente la corazza che ci costruiamo per non farci ferire troppo; in un altro spazio si vorrebbero sfiorare i fiori (delicati e fragili) racchiusi tra il fil di ferro. Un filo rosso lega ogni stanza, in maniera evolutiva, ma il visitatore potrebbe anche cambiare le carte in tavola proprio per la natura di “Fragile” in cui si può scegliere o meno di interagire, decidere di lasciarsi andare o di percorrere il tracciato indossando una maschera, senza farsi scalfire nei sentimenti.
Sta a noi optare se da corpi appesi al filo dell’esistenza vogliamo diventare farfalle che volano in cerca della propria libertà - anche espressiva - evitando di far appassire il fiore custodito al nostro interno, quasi fosse il cuore che pulsa sangue-linfa vitale.
INFO UTILI: la mostra è visitabile fino al 31 luglio, da giovedì a domenica, dalle h 17 alle h 20. Ingresso gratuito.

Maria Lucia Tangorra
Pugliese di nascita e milanese di adozione, pensa che in particolare di teatro e cinema non si possa fare a meno. Giornalista pubblicista, laureata in Lettere moderne percorso 'Letteratura e arti' in Cattolica, scrive in particolare modo di Settima Arte e di quella più antica - quella teatrale - ma negli anni ha ampliato occupandosi anche di tv, mostre, libri ed eventi. Vive nella città meneghina, ma effettua trasferte ad hoc anche per seguire festival di settore.
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