Sperare sempre, ma senza aspettative- La cantautrice Laura Benvenuti ci racconta il suo "Tempo"
Cantautrice, interprete, pianista e flautista, Laura Benvenuti (che ha anche una Laurea in Medicina e Chirurgia) torna a far sentire la sua voce- dopo l’album del 2017, Un’idea, e il singolo del 2020 Amore così com’è, prodotto dal chitarrista e produttore italiano Giovanni Maggiore, in arte Giuvazza- collaborazioni, tra gli altri, con Eugenio Finardi, Levante, Manuel Agnelli, Niccolò Fabi, Max Gazzè.
E’ infatti disponibile su tutte le piattaforme digitali il singolo Tempo, che anticipa l’uscita del nuovo lavoro in studio della cantautrice- previsto per il prossimo autunno su etichetta La Stanza Nascosta Records (del musicista e produttore Salvatore Papotto).
Il videoclip ufficiale, per la regia di Enrico De Luigi e Enrico Giannini, verrà presentato live, in anteprima, durante l’appuntamento del 2 giugno Aspettando Eco di Donna Evolution, che anticipa l’omonima rassegna riminese dedicata alla musica d'autrice e giunta alla sua quarta edizione.
Laura Benvenuti, già protagonista della prima edizione della rassegna, verrà intervistata da Chiara Raggi-direttrice artistica Eco di Donna Evolution e Founder di Musica di Seta.
All’approfondimento del nuovo lavoro della cantautrice si affiancherà la discussione di temi importanti, su tutti la disparità di genere all’interno dell’industria musicale.
A seguire un piccolo live, con la partecipazione di Andrea Bolognesi al pianoforte, e la proiezione in anteprima del video.
In questa occasione Il Caffè dell’Orto, che ospita il Festival, lancerà un cocktail creato appositamente per “Eco di Donna” in collaborazione con Astoria (sponsor): Nota DiVina.
“Eco di Donna Evolution” è organizzata da Musica di Seta, Caffè dell’Orto e Associazione Sarà-Rimini al Futuro, con il patrocinio del Comune di Rimini.
Nerospinto ha incontrato Laura per una lunga chiacchierata.
"Sperare sempre, ma senza aspettative": questa la grande lezione- solo apparentemente antinomica- di un'artista che sembra essere una fucina vivente di idee e che alla elegante freschezza delle melodie affianca un forte carisma interpretativo; merito anche di una timbrica estremamente riconoscibile, dolce e raffinata come il suono del suo strumento del cuore, il flauto traverso.
Si è avvicinata al jazz studiando flauto traverso con il M° Michael Brusha a Bologna.
Per anni la presenza del flauto nel jazz tradizionale è stata sporadica e marginale, con tutta probabilità a causa della sonorità un po’ debole. Che cosa ha apportato, secondo lei, l’ingresso del flauto nell’organico strumentale jazzistico?
Quando mi sono trasferita a Bologna, per frequentare l’Università, non avevo a disposizione il mio strumento principale, che è sempre stato il pianoforte. Questa “mancanza” mi ha spinta a cercare nuove strade per continuare a suonare quotidianamente e così ho scelto di intraprendere lo studio del flauto traverso, che mi ha sempre attratto per le sonorità dolci e raffinate. La vita ha voluto che trovassi un insegnante di estrazione jazzistica che mi ha fatto appassionare a questo genere musicale. Nel jazz non si può parlare di un organico standard come per esempio nella musica classica. Nel tempo c’è stata un’evoluzione che ha portato ad asciugare la Big Band tipica dell’era swing e creare formazioni più ridotte come il trio, il quartetto e così via. L’unico elemento sempre presente- indipendentemente dall’organico- è la sezione ritmica rappresentata dalla batteria e dal contrabbasso o basso elettrico (nel jazz più moderno). I primi musicisti che hanno portato il flauto traverso nel jazz sono stati Hubert Laws e Charles Lloyd. Entrambi, quasi coetanei, erano anche sassofonisti (come lo era il mio maestro di flauto traverso) e hanno registrato dischi in quartetto o quintetto anche con esponenti di fama e più noti come Keith Jarret per esempio. Nel jazz il flauto traverso è uno strumento usato in Big Band fin dagli anni ’30 perché apporta raffinatezza e brillantezza. Per di più nelle ottave più alte apporta un arricchimento sonoro importante anche negli accompagnamenti mentre per farlo emergere come strumento solista occorre un background più leggero.
Ha studiato Fisiologia Vocale Applicata…vuole spiegare ai profani di cosa si tratta?
La Fisiologia Vocale Applicata è la ricerca di uno stato naturale e biologico dell’essere e quindi della voce. Non è una tecnica per imparare ad usare la voce manipolandola e rendendola simile a stereotipi preconfezionati ma una via che, attraverso una serie di esperienze pratiche guidate da musicisti professionisti, attiva nel cantante un’attenzione percettiva e sensoriale al corpo mentre sta usando la voce. Il focus non è di diventare più bravi ma più consapevoli e amorevoli e questo porta necessariamente ad una maturazione che coinvolge il musicista e l’essere umano. Studiando con la Maestra Linda Hermes e poi all’Istituto di Fisiologia Vocale di Lichtenberg ho sviluppato un particolare rispetto e gratitudine per la musica in generale, non solo per il canto, a tal punto che ho scelto di riprendere lo studio del pianoforte in conservatorio interrotto anni fa.
Il precedente lavoro,“Un’idea”, raccoglieva inediti che “flirtavano”-per sua stessa ammissione- con la bossa nova, il jazz e anche il pop dei grandi autori italiani e internazionali. Cosa dobbiamo aspettarci dalle sonorità del nuovo disco? Un deciso cambio di rotta o un prosecuzione senza soluzione di continuità?
Questo disco segna un decisivo cambio di rotta per quel che riguarda le sonorità e l’arrangiamento mentre, dal punto di vista compositivo, sono rimasta fedele a strutture armoniche e a melodie che fanno parte del mio “bagaglio” musicale già presente nel precedente lavoro discografico. Sono cresciuta ascoltando i grandi maestri del cantautorato italiano ma ho coltivato nel tempo un’attenzione alla musica soprattutto attraverso l’ascolto e lo studio del jazz e della musica classica. Questo patrimonio musicale mi ha portata a dare un valore importante proprio all’aspetto compositivo e quindi anche la scelta delle parole non può prescindere dalla musicalità. Per questa ragione ho scelto una piccola sezione di archi per alcuni dei brani presenti nel nuovo disco, assenti nel precedente lavoro, con la speranza che possa emergere la musica. Sono dell’idea che le parole dovrebbero mettersi a disposizione della musica e farne risaltare le qualità armoniche e melodiche.
Lei fa parte del direttivo delle associazioni culturali “Rimini Jazz Club” e “Risuona Rimini”, attive nella promozione della musica sul territorio. Dopo questi anni di stop forzato, si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel?
E’ stato un periodo davvero complesso quello che è appena passato ma per molti artisti (me compresa) e associazioni, che operano nel mondo della musica, è stata un’occasione per mettere in cantiere nuovi progetti e idee. Le idee più interessanti spesso arrivano quando ci si ferma e si entra in quel silenzio necessario per farle emergere. Ora siamo ripartiti più uniti e motivati di prima con tanti progetti che stanno cominciando a prendere forma quindi direi di sì, si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel.
Il suo nuovo singolo si intitola “Tempo”.
L’invito alla valorizzazione dell hic et nunc è connesso, specie in questo periodo storico, all’incertezza del futuro?
Sì, è così. Credo che ogni limite possa diventare una nuova opportunità di crescita solo se osservato con fiducia e restando presenti a sé nel “qui e ora”. In questo ultimo periodo il limite si sta facendo sentire a gran voce e mi sta insegnando a portare l’attenzione sul “bicchiere mezzo pieno” e a fidarmi della vita. Sperare sempre ma senza aspettative. La speranza appartiene al presente, l’aspettativa al futuro.
Il tratto principale del suo carattere?
La curiosità, un bisogno continuo di sperimentare, ricercare, imparare. Sono molto empatica e quindi amo relazionarmi con gli altri perché è come entrare ogni volta dentro a nuovi mondi emotivi ed esistenziali che sono fonte di crescita, ispirazione e di nuovi rapporti umani.
Il libro attualmente sul comodino?
In tutta sincerità in questo periodo sul mio comodino ci sono tre libri.
La Storia del Jazz di Stefano Zenni (per la studentessa), Vita e insegnamenti dei maestri del lontano Oriente (per la ricercatrice), Il magico potere del riordino (per affrontare il cambio degli armadi).
Tre interpreti femminili fondamentali nella sua formazione canora?
Joni Mitchell, Elis Regina e, tra le interpreti del panorama femminile italiano, Ornella Vanoni.
Link utili:
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Barbara Spadafora