
Pacifico: “Vi racconto il mio nuovo album 'Bastasse il cielo'. Il Sanremo di quest'anno? Mahmood è molto bravo”
“Viviamo in un'epoca dove trionfano le sensazioni. Quello che si prova o si teme, conta più di ciò che è reale e verificato. Il mio nuovo disco? Molta musica e una scrittura meno contorta di un tempo. Sono molto soddisfatto”. Pensieri e parole di Pacifico, vero nome Luigi De Crescenzo, intervistato da Nerospinto in occasione dell'uscita del suo ultimo album “Bastasse il cielo”, il sesto in 18 anni di carriera. Pacifico, che vanta collaborazioni con alcune delle voci più belle della musica italiana (Gianna Nannini, Samuele Bersani, Malika Ayane...), ci ha parlato del nuovo disco - anticipato in radio dal singolo “Semplicemente” - della sua poetica e di Sanremo 2019.
Sono passati sette anni dal tuo ultimo album “Una voce non basta”. Come mai tutto questo tempo?
Mi sono trasferito a vivere a Parigi, con la mia compagna abbiamo messo al mondo un figlio. Quindi tutto era da risistemare, il tempo che avevo a mia disposizione è cambiato, i luoghi intorno sono cambiati e così le mie abitudini. Ma in realtà ho scritto tantissimo, per altri soprattutto; ho scritto anche un romanzo, "Ti ho dato un bacio mentre dormivi", e ho fatto diversi spettacoli.
Rispetto a “Una voce non basta”, “Bastasse il cielo” sembra avere una maggiore profondità musicale.
Sono molto soddisfatto di questo disco. Ho ritrovato - questo almeno pare a me - la scrittura meno contorta del primo, ma con venti anni di più nel cuore e nel corpo. E poi c'è molta musica, molta aria: le parole sono importanti ma non comandano.
Con quali artisti hai collaborato?
È un disco quasi fatto in duo. Alberto Fabris, amico fraterno, esploratore musicale e braccio destro di Ludovico Einaudi ha preso i miei abbozzi, le parti che ho registrato nel mio studio parigino, e le ha spedite via mail a musicisti straordinari sparsi per il mondo: da Goa a Instanbul, da New York a via Paolo Sarpi a Milano. E così, quello che era un disco solitario è diventato un disco per “Orchestra Sparpagliata Inconsapevole e Competente”.
In “Semplicemente” canti: “...non c'è tempo per capire, ogni risposta su ogni argomento mi sembra dica io non ho tempo...”. È un brano che sembra trasmettere un'idea di incomunicabilità e di ineluttabilità del tempo. È così?
Sì, ci sono flashback, frasi apparentemente scollegate. C'è la consapevolezza che si risponde in maniera sempre più sbrigativa, io per primo. Si parla tanto di materialismo, ma in quest'epoca io vedo trionfare le sensazioni. Quello che si prova o che si teme, conta più di ciò che è reale e verificato. Stiamo spesso nel buio, davanti uno schermo acceso, dietro e intorno voglie e spettri. Ma alla fine, come capita spesso, dice tutto il testo della canzone.
Il tempo che passa e le barriere tra le persone sono temi che tornano spesso nella tua produzione musicale. Cosa ti dà lo spunto per scrivere e comporre?
Scene madri, dettagli insignificanti. E poi, in momenti impossibili da prevedere, tutto si ricompone, e ti arriva un'immagine chiara. Non serve scrivere canzoni per comprendere questo, tutti accumuliamo emozioni ed esperienze. Chi scrive le sintetizza in poche frasi sul foglio. Io, per essere pronto quando quella chiarezza arriva, scrivo ogni giorno, come fosse un allenamento, per parlare e pensare meglio.
Dai l'idea di non apprezzare la frenesia dei nostri tempi. Davvero non c'è più tempo per riflettere?
Non è proprio così. Scrivo in luoghi diversi, verifico una notizia sul cellulare mentre scendo le scale, imparo qualcosa ogni giorno. Certo, mi sembra tutto frenetico. Ma è la sensazione che l'uomo si porta dietro da sempre. È una fortuna vivere in un'epoca tanto rivoluzionaria, mezzi che ti sfrecciano sulla testa e sottoterra mentre cammini, autostrade informatiche, video chiamate con Pechino. Il mio disco non avrebbe visto la luce senza questa frenesia e possibilità. Ci sono dei costi, ovviamente. Ogni tanto ne soffro e ogni tanto mi abbandono. In realtà, se devo fare una fantasia, mi fermerei qualche giorno in una casa di campagna, ma al tempo stesso starei due o tre mesi a New York.
Nel 2018 sei stato grande protagonista a Sanremo cantando “Imparare ad amarsi” (con Ornella Vanoni e Bungaro) e firmando altri due brani in gara. Come ti è sembrato il Festival di quest'anno?
L'ho visto poco ma mi è sembrato come quello dell'anno scorso. Ricco di cose diverse, criticabile, ma mi sembra evidente che dietro ci sia una persona competente, uno che le canzoni le conosce e le ascolta.
Il rap e la trap spopolano. Moriremo (t)rapper? Cosa ne pensi di Mahmood?
Ascolto l'Ep di Mahmood, canta bene, ha un gran senso del ritmo, i testi sono belli e necessariamente veri, scrivendo del padre. Mi colpisce come spesso si parli del padre, assente o manesco, nei testi di questi ragazzi. Del resto già succedeva con Prince, e da lì in avanti. Il Padre è spesso il lato oscuro della forza, non a caso Star Wars...
Hai collaborato con tanti artisti. Chi di loro ti è entrato più nel cuore?
Con Samuele Bersani, Gianna Nannini e Malika Ayane posso parlare di amicizia, faccio pensieri affettuosi su di loro, o mi preoccupo che stiano bene, al di là del lavoro. Ma ho buoni rapporti con tutti, e da molti ho imparato qualcosa.
Dove presenterai “Bastasse il cielo”?
Tre gli appuntamenti in store: 11 marzo, Galleria Rizzoli di Milano (inizio ore 18.30); 12 marzo, Feltrinelli Red di Roma (18.30); 14 marzo, Feltrinelli di Bologna (18.00). E poi le prime date del “Bastasse il cielo Tour”: 21 marzo, Bologna, Teatro San Leonardo; 22 marzo, Torino, Off Topic; 30 marzo, Firenze, Sala Vanni; 5 aprile, Milano, Santeria Social Club; 17 maggio, Bari, Officina degli Esordi; 18 maggio, Roma, Auditorium Parco della Musica.
Informazioni utili:
pagina Facebook: https://www.facebook.com/pacificomilano/
Roberto Bordi
