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Soup Opera organizza presso la scuola di cucina Sale&Pepe di Milano un corso di food styling e food photography, dal 24 al 25 febbraio.

Per il terzo appuntamento della rassegna “Palco off – autori, attori, storie di sicilia”, dal 26 al 28 dicembre 2015 andrà in scena “U Parrinu – La mia storia con Don Pino Puglisi ucciso dalla mafia”, al Teatro Libero di Milano. “U Parrinu” è un racconto scritto, diretto e interpretato da Christian Di Domenico: un racconto delicato, poetico ed emozionante sulla vita del parroco di Brancaccio, che l’autore conobbe e frequentò fin da bambino.

La storia di Christian inizia al mare, su una scogliera. E’ una storia semplice, che si snoda tra fatti di cronaca, politica e lotta. Racconta di Pino, quell’amico di famiglia, quell’uomo di Chiesa, quel maestro di scuola. Il ragazzo arriva a conoscere l’onore dei mafiosi sin da bambino, impara però anche l’onore del perdono, insegnato da Don Pino nel quartiere di San Gaetano di Brancaccio, il quartiere con la più alta concentrazione mafiosa dell’intera Sicilia.

Come ogni spettacolo della rassegna Palco Off, “U Parrinu” sarà preceduto, mezz’ora prima dell’inizio, da una degustazione di prodotti tipici siciliani e dalla proiezione di brevi video testimonianze. Dopo la performance si terrà invece un incontro con Di Domenico. Nel corso della serata verranno anche proiettate alcune foto dell’artista siciliano Carlo Bevilacqua.

NOTE DELL’AUTORE

Ho avuto il privilegio di presentare il mio spettacolo in anteprima il giorno 22 maggio 2013, a Palermo, sull’altare della Chiesa di San Gaetano nel quartiere Brancaccio; su quello stesso altare su cui Don Pino ha officiato messa negli ultimi tre anni della sua vita. Da quel giorno, soltanto grazie ad un incredibile e inaspettato “passaparola”, sto portando il mio racconto ovunque mi venga richiesto: Chiese, scuole, circoli, teatri, piazze… Era da tempo che sentivo l’urgenza, la necessità di rendere onore alla memoria di Don Pino, utilizzando gli strumenti della mia professione. L’occasione della Beatificazione e del ventennale della sua morte (15 settembre 1993-15 settembre 2013) è stata la molla che mi ha fatto muovere il primo passo. L’ho conosciuto grazie a mia madre, che è siciliana, e che l’ha avuto come guida spirituale, confessore, insegnante di religione e, infine, amico, fin dai tempi del collegio. È stato lui a sposare i miei genitori. Quando aveva qualche giorno libero, veniva a trascorrerlo con la mia famiglia. “Quelli che pensano troppo prima di muovere un passo, trascorrono la vita su un piede solo”: questa è una delle celebri frasi di Padre Pino Puglisi che mi è servita da monito. Così ho preso la decisione di lasciare tutte le occupazioni precedenti per dedicarmi completamente a questo progetto, avendo, come unico supporto, l’affetto e l’aiuto dei miei familiari e, successivamente, di tutti coloro che, avendo visto lo spettacolo, hanno avuto la bontà di consigliarlo.

U PARRINU -  La mia storia con Don Pino Puglisi ucciso dalla mafia Teatro Libero - Via Savona 10, Milano

ORARIO SPETTACOLI Sabato e lunedì ore 21.00 Domenica ore 16.00

ORARIO APERITIVO Sera ore 20.30 Pomeriggio ore 15.30

ORARI BIGLIETTERIA Da lunedì a venerdì dalle 15.00 alle 19.00 Nei giorni di spettacolo: Da lunedì a venerdì fino alle 21.30 Sabato dalle 19.00 alle 21.30 Domenica dalle 14.00 alle 16.30

CONTATTI Tel. 02 8323126 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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Il teatro è uno dei mezzi più potenti per esprimere un’opinione o un pensiero e quando viene usato per le giuste cause e per portare avanti battaglie vere e proprie, allora, non si può far altro che andare al botteghino, comprare il biglietto, sedersi in platea aspettando che le luci si abbassino e godersi la magia.

Il 13 ottobre, al Teatro Carcano di Milano, torna in scena con una replica straordinaria, PER NON MORIRE DI MAFIA, uno spettacolo, sotto forma di monologo, tratto dall’omonimo libro di Pietro Grasso, ex procuratore nazionale antimafia e attuale presidente del Senato, scritto in collaborazione con Alberto La Volpe, Spering & Kupfer, nel 2009.

Un uomo, che lotta per portare avanti la propria idea di un mondo pulito, di una società che possa definirsi tale. Un uomo “contro” che mette la sua vita in prima linea per salvare la speranza di un futuro possibile.

Un teatro attuale, che tocca un tasto dolente del mondo che ci circonda, che parla di ciò che per molto tempo è stato nascosto, di ciò di cui a lungo si è preferito tacere.

Se Falcone e Borsellino teorizzano che per combattere la mafia è necessario conoscerla, qui, Pietro Grasso, aggiunge che per una lotta ad armi pari è indispensabile avere la percezione della sua pericolosità, soprattutto nel tentativo di parlarne alle coscienze dei più giovani.

Si tratta quindi di una vero e proprio progetto sotto forma di spettacolo. Un modo per far conoscere una realtà che sembra essere stata dimenticata, ma che così non è. Una realtà che per anni è stata celata e per la quale moltissime persone hanno perso la vita. Una realtà che dovrebbe essere contrastata indistintamente da tutti, ogni giorno, con ogni mezzo possibile.

Uno spettacolo contro il silenzio, che si propone di far parlare, discutere, ma soprattutto uno spettacolo che cerca una reazione.

Una costante ricerca di risposte a domande scomode, la voglia di analizzare e capire quello che ci circonda e i meccanismi che hanno portato questa piaga ad essere parte della società.

Il grido del personaggio in scena è rivolto alle coscienze: perché la cosa peggiore che si può fare a riguardo è ignorare. Questo è un monologo che cerca proprio una presa di posizione, una scelta di vita, per poter costruire, insieme, il futuro che tutti noi ci meritiamo, un futuro pulito.

Un teatro, questo, che rievoca la sua funzione civile ed educativa, capace di disegnare gli uomini e di delineare esperienze. Un teatro che, senza troppi intellettualismi, vuole recuperare il senso civico perso.

La versione scenica è di Nicola Fano e l’adattamento drammaturgico di Margherita Rubino. Lo spettacolo è stato fortemente voluto da Sebastiano Lo Monaco ed è stato accolto a gran voce al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 2010.

“Finché la mafia esiste bisogna parlarne, discuterne, reagire. Il silenzio è l’ossigeno grazie al quale i sistemi criminali si riorganizzano e la pericolosissima simbiosi di mafia, economia e potere si rafforza. I silenzi di oggi siamo destinati a pagarli duramente domani, con una mafia sempre più forte, con cittadini sempre meno liberi”, Pietro Grasso.

 

PER NON MORIRE DI MAFIA Di Pietro Grasso, con Sebastiano Lo Monaco. 13 ottobre 2015 al Teatro Carcano, corso di Porta Romana, 63, Milano.

INFO BIGLIETTI:

PREZZI Posto unico € 18,00 – under 26 € 13,50 PER SCUOLE E GRUPPI ORGANIZZATI Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

INFO e PRENOTAZIONI TELEFONICHE 02 55181377 – 02 55181362 VENDITA ONLINE www.vivaticket.it - www.ticketone.it - www.happyticket.it - www.getiticket.it - www.bookingshow.com

 

www.teatrocarcano.com

Adele Di Giovanni

PER NON MORIRE DI MAFIA 3 PER NON MORIRE DI MAFIA 4 PER NON MORIRE DI MAFIA 5 PER NON MORIRE DI MAFIA 6 PER NON MORIRE DI MAFIA 7 PER NON MORIRE DI MAFIA 2

Debutta stasera 30 gennaio in anteprima nazionale al Teatro Officina di Milano Maphia 1963-2015. I testi di Tano Avanzato e Massimiliano Vergani, con un inserto di Giuseppe Fava, sono diretti da Massimo De Vita. Avanzato dividerà il palcoscenico con gli adolescenti del Laboratorio "Il centro dell'emozione" del Teatro Officina e insieme racconteranno i meccanismi della criminalità di 'ndrangheta  mafia anche tra i giovani. Tra le altre, vedremo le storie di Riccardo, 16 anni, schedato da quando ne aveva 10, vive a Quarto Oggiaro. Nella sua famiglia sono tutti pregiudicati e lui sa già che appena compirà 18 anni le forze dell'ordine verranno a prenderlo. Ma Riccardo non si farà prendere facilmente. Lui, che è così piccolino e magrolino che nel quartiere lo chiamiamo "Pulce", tiene in scacco un intero Commissariato da anni. Sui muri di Quarto Oggiaro il suo nome è esaltato e scritto a caratteri cubitali. È un idolo, perché è spavaldo. Come quando passa a 150 all'ora senza casco per le vie del quartiere o si mette di fronte a un treno che non si fermerà e si sposta solo all'ultimo, dimostrando tutto il suo coraggio. Junko Faruta anche lei ha 16 anni e l’unica sua colpa è aver rifiutato l’amore di uno dei figli della mafia giapponese. Per questo viene rapita, molestata per 44 giorni e poi brutalmente uccisa.

Dalle parole di Massimo De Vita: “Dalla Sicilia degli anni ’60 fino alla Milano capitale economica d’Italia: la violenza cresce e dilaga, una violenza non solo fisica, ma dispiegata nelle sue molteplici sfumature, nell'annientamento etico dell’individuo e nella rassegnazione. Anche tra i giovani, succubi di alcuni modelli ritenuti “vincenti” dai loro coetanei, un male oscuro di cui non vogliamo ammettere la realtà, qui fra noi”.

Dal 30 gennaio all’1 febbraio 2015 MAPHIA 1963_2015 prima nazionale Dalle terre contadine alle terre di Expo

INFO: Teatro Officina – Via S. Elembardo, 2 – 20126 Milano MM1 Staz. Gorla | Bus: linea 44 e 86 Informazioni e prenotazioni: LUN-VEN: 14.00-19.00 tel: 02.2553200 fax: 02.27000858 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. www.teatroofficina.it Orari spettacoli: feriali ore 21.00 – festivi ore 16.00 Ingresso €10 comprensivo di tessera associativa annuale Prenotazione obbligatoria sul sito www.teatroofficina.it

 

 

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Se Pierfrancesco Diliberto in arte Pif aveva intenzione di essere originale con la sua prima pellicola da regista non è che si sia impegnato davvero molto. A partire dal titolo del film, che richiama davvero da vicino quello del libro di Angelino Alfano pubblicato qualche anno fa.

Il neo regista assicura che l’unico intento della sua opera è quella di dissacrare la mafia e i boss mafiosi per elogiare invece gli eroi che li combattono, le persone comuni ma di coraggio.

Il problema è che tutto questo è già stato fatto. In più di un film e anche in parecchi libri e opere teatrali. Vero che la sceneggiatura de La mafia uccide solo d’estate a tratti è convincete e originale ma l’idea stessa di incentrare quasi tutta la storia su un protagonista bambino, sul suo mondo interiore e sulla società che lo circonda è vecchia e stantia.

Pif, d’altra parte ha avuto la fortuna di fare l’aiuto regista a Giordana proprio nella realizzazione de I cento passi e pare che questa esperienza sia stata davvero forte per lui dato che guardando il suo film i richiami e le analogie con il lavoro del suo maestro sembrano moltiplicarsi come una eco infinita. La trama della pellicola alla fine è molto semplice, un bambino siciliano, Arturo, nato nello stesso giorno in cui il clan dei corleonesi uccide il militare della Guardia di Finanza Michele Cavataio sembra destinato a confrontarsi con la stessa per tutta la sua vita.

Arturo cresce in una famiglia insensibile e indifferente a quanto succede nella società che li circonda e con il mito di alcuni personaggi che eleva ad eroi tutti personali e che cerca di seguire ed emulare in azioni e pensieri. Vivendo una vita fittizia e tutta sbagliata.

L’intento del film è buono, davvero condivisibile ma probabilmente il regista non era del tutto pronto ad affrontare un tema così impegnativo e universale o almeno non era ancora preparato per trattarlo in maniera più originale e creativa.

Un plauso assoluto invece va a Pif per la scelta del cast, dove risaltano una perfetta e bellissima Cristiana Capotondi nel ruolo di Flora, la ragazza amata dal protagonista e un sempre eccezionale Claudio Gioè, il primo commissario della serie televisiva Squadra Antimafia, nel ruolo del giornalista esiliato.

Insomma, Pif poteva fare meglio ma se siete curiosi La mafia uccide solo d’estate prima o poi arriverà anche in tv, per cui mettetevi comodi.

 

 

 

 

La Principessa della stirpe rettiliana, impeccabile e bellissima anche con le nausee mattutine, deve aver interpretato male quanto Mrs Ciccone urla ormai da decenni: “Italians do it better”. Si sa, le regnanti non hanno l’aderenza alla realtà dei comuni mortali, ed è facile cadere in fallo. In questo caso è proprio sfuggito, il fallo.

 

Notizia di questi giorni è che Kate Middleton, la cui gravidanza tra vomiti e mancamenti sembra più simile ai disagi di una posseduta, abbia richiesto come aiuto a palazzo e come futura nanny la fidatissima cameriera italiana della Regina.

 

Quest’ultima, in piene forze e lucidità, sembra averla ceduta senza batter ciglio.

 

Triste pensare che fino a ieri eravamo famosi per le doti amatorie, le arti, la moda, la mafia, la pizza e il mandolino. Oggi a quanto pare, siamo più noti per la velocità con cui lucidiamo l’argenteria inglese e cambiamo pannolini.

 

Ma prima o poi, siamo certi di un riscatto. Quel bimbo, un giorno lontano, sarà Re. E per una volta, un Re inglese, avrà un’aria vagamente virile. Italians do it better.

 

 

Leggere nell’anima di un Paese e dei personaggi che lo rappresentano nella continua ricerca della bellezza visiva: amore per la forma e per il suo contenuto,  questa la chiave estetica del cinema di Matteo Garrone, regista romano classe 1968, immerso nel valore dell’immagine sin dalla nascita - il padre Nico è critico teatrale, la mamma Donatella fotografa e figlia dell’attore Adriano Rimoldi – lanciato verso la regia dalla formazione pittorica. Il film diventa per il giovane Matteo un’occasione per sperimentare tutta la potenza figurativa del colore, della luce, dell’inquadratura come affaccio sul mondo. Le prime prove – “Terra di mezzo”, “Il caricatore”, “Estate romana” – sono frutto di questa ricerca che non si traduce però in astrazione, scegliendo di raccontare la realtà dal basso, quasi con approccio documentaristico, affondando lo sguardo nello scenario sociale contemporaneo, fino alle prime prove  attenzionate dalla critica italiana, “L’imbalsamatore” e “Primo amore” - ispirati ad episodi di cronaca - preludi all’affresco criminale di  “Gomorra”, che con la vittoria a Cannes nel 2008 consacra il talento registico di Garrone sulla scena internazionale. Attori non professionisti, insieme ad interpreti impegnati in teatro e cinema di qualità – su tutti Toni Servillo e Gianfelice Imparato – diventano luce e ombra plasmati dall’occhio della macchina da presa che racconta volti, corpi, ma soprattutto luoghi e atmosfere con un virtuosismo mai fine a se stesso, sempre complice della narrazione, indagatore al punto da accompagnare il pubblico dentro l’immagine, quella di un’Italia made in camorra e poi dell’ossessione mediatica in “Reality”, arrivato quattro anni dopo “Gomorra”. Non è più un sistema criminale a condannare le dolenti figure disegnate dal regista - con la collaborazione dello storico sceneggiatore Massimo Gaudioso – ma la finta verità del sogno televisivo, svenduto al centro commerciale in cambio della ragione. Resterà prigioniero di quel sogno senza più svegliarsi, intrappolato nel mondo deformato della celebrità, l’aspirante concorrente Luciano – denudato da Garrone nella sua fragilità senza bisogno di troppe parole grazie anche all’intensità dell’interprete Aniello Arena, ergastolano con una lunga esperienza di teatro al carcere di Volterra – mentre la vita continua a scorrere intorno a lui, piena di oggetti che riempiono con eccesso e ostentazione i vuoti di senso di una povera Italia vestita di illusioni. A noi di “Nerospinto” Matteo Garrone piace per il talento registico prestato al racconto dell’attualità con una ricerca di stile che vuole sempre raccontare un pezzo di vita, ci piace perché è una speranza per il cinema italiano di qualità.

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Se vuoi scriverle: direttore@nerospinto.it

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