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Natura Donna Impresa organizza a Milano quattro giornate all’insegna della creatività Made in Italy per sostenere la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne.

Lo Yoga rappresenta, più che una disciplina, un'esperienza dinamica e interiore di una contemporaneità senza pari.

A differenza dei meri esercizi ginnici lo Yoga tradizionale mette il praticante in una condizione di stabilità e piacere sia fisici che mentali, portandolo a comprendere che ciò che si cerca è sempre all'interno e non all'esterno del proprio essere.

 

Non a caso lo Yoga, nel corso dei secoli, è stato, ed è tutt'ora, una perfetta e felice fusione del Sé con il corpo, i sensi, la mente e l'intelletto. E' una pratica che trascende il fisico pur non dando meno importanza a quest'ultimo; per il raggiungimento di uno stato mentale e psicologico ottimale, il praticante ha bisogno che il proprio corpo sia in perfetta salute.

Le Asana tradizionali, antiche forme che prendono vita sul nostro corpo, sono la chiave d'accesso a uno stato di piacere più profondo permettendo alla mente di fidarsi maggiormente del proprio sistema muscolare e allo stesso tempo di creare spazio in una testa che, spesso è volentieri, è come una stanza affollata da “ciafrusaglie di sorta”.

 

Le Asana che ci sono state tramandate insegnano un altro importante concetto: assumere qualsiasi forma, da un albero a un bastone a un triangolo, quando lo si desidera.

Lo Yoga tradizionale è un metodo di evoluzione spirituale, anche se le sue tecniche possono essere benefiche per il trattamento di molti disturbi e, se sufficienti, sono preferibili alle terapie violente con controindicazioni di genere. Lo spirito dello Yoga è un orientamento alla propria vita che non si interrompe una volta usciti dalla sala di pratica. Per questo i testi classici pongono all'inizio del cammino dello Yoga alcune regole di comportamento fra le quali, molto nota in Occidente, vi è la non-violenza.

 

L'uomo contemporaneo, purtroppo, vive bombardato fin dalla sua nascita da stimoli estremamente invasivi che, man mano, lo allontanano dalle sue meravigliose e innate qualità.

 

Si cerca sempre qualcosa “fuori”,nel mondo esterno, non capendo che, alla fine, una risposta o una soluzione risiedono, e sempre risiederanno, all'interno del proprio corpo, del proprio io, del proprio respiro e della propria mente.

Basta cambiare il punto di vista dal quale si guardano i problemi. Cambiare il “buco della serratura”, spesso troppo piccolo e limitato, dal quale si spiano intimoriti le proprie paure.

Il cittadino contemporaneo ha dis-imparato ad ascoltare i propri sensi e a sfruttarli al massimo per cambiare le proprie vedute e per realizzare che alcune azioni sono meramente dettate da automatismi imposti dalle regole sociali.

 

Lo Yoga, offrendosi come pratica che mira all'evoluzione spirituale umana, non fa altro che aiutare a cambiare lo sguardo con cui osserviamo i problemi, l'udito con cui ascoltiamo la nostra coscienza, la parola con la quale comunichiamo all'esterno, il tatto con cui sentiamo lo stress della vita di tutti i giorni. Lo Yoga non regala una bacchetta magica per risolvere i problemi ma un nuovo modo di guardarli.

Assieme alla pratica ci sarà anche un miglioramento di alcuni problemi legati al nostro corpo fisico, non dimentichiamo che la colonna vertebrale e le fasce muscolari giocano un ruolo chiave nella pratica yogica. E' l'unione di tutte queste parti che fa dello Yoga tradizionale uno strumento preziosissimo nelle società occidentali.

Il praticante riscopre il piacere di ricollegarsi con se stesso, di sviluppare concentrazione e rilassamento che lo aiutano a focalizzare la propria attenzione sul presente, portandolo a uno stato mentale più “arioso” e recettivo.

 

 

 

Namasté,

Vittorio Pascale

 

Allievo praticante di Yoga Integrale presso il Centro Parsifal Yoga, Milano

Fondatore della pagina Fb: Yogamando_ Studioso e praticante di Buddhismo Tibetano

hai domande? Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

“Il corpo non è la prigione dell'anima ma il tempio dello Spirito.” (Pavel Nikolaevič Evdokimov).

Con questa frase potrei anche finir qua l’articolo. Ma come mai il corpo è così importante nella pratica dello Yoga? Perché una disciplina che tocca la sfera spirituale pone un accento così forte con la parte più esterna e superficiale dell’essere umano?

Il  Buddhismo, afferma, che il nostro “ego” è composto da un insieme di più parti spazzando via la percezione errata di un sé o di un unico ego che sussiste di per sé o assolutamente immutabile. Difatti asserire “io” nel Buddhismo è un concetto in partenza errato se non si pensa che, come qualsiasi piatto della nostra tradizione mediterranea, è composto da più ingredienti.

Facciamola semplice e facile facile perché fa caldo e il cervello è già in fumo. Il così detto IO (=lasagna) è formato da tante parti (=INGREDIENTI): avete mai visto una lasagna che è prodotta già lasagna all’origine?

Gli ingredienti di base sono le parti esteriori mentre la tecnica di preparazione i 5 sensi per poi proseguire fino al “trucchetto della nonna” che consiste nel tener uniti gli ingredienti tra loro ottenendo un risultato meravigliosamente buono al palato: mozzarella non troppo acquosa, parmigiano, pan grattato o una buona besciamella. Se tutto ciò non è dosato bene una parte prevale sull’altra e rischiamo di avere un piatto troppo “solido” (uomo razionale completamente attaccato alla materia, un cavallo con i paraocchi) o un piatto troppo liquido (uomo completamente perso nel magico mondo dell’irrazionalità, un’Alice imbruttita).

Insomma senza il “trucchetto della nonna” il piatto rischia di diventare malmostoso o troppo leggero per sfamarci.

Tra  i “trucchetti della nonna” posso annoverare discipline antiche e raffinate come la meditazione, la preghiera, i mantra, la recitazione di un rosario e lo Yoga.

Azioni che collegano le diverse parti dell’uomo: che siano due o mille quasi tutte le grandi religioni affermano l’importanza che ha un giusto collegamento tra le diverse parti dell’essere umano; che sia anima e corpo semplicemente, o aggregati di vario genere, il link resta sempre importante e indiscusso nella vita di ogni uomo. Eppure ci sono barriere che tengono le diverse sfere separate…i diversi ingredienti nel congelatore non permettendoci di scongelare e mettere tutto insieme in un armonico insieme.

La radice stessa della parola Yoga significa unione: mettendo alla prova il nostro corpo, combinato con il respiro e la mente e con il continuo susseguirsi di Asana e momenti meditativi il  meccanismo di congelamento automatico si spegne pian piano facendoci godere di una qualità di vita maggiore dominata da una consapevolezza che non immaginavamo neanche. Avere la sensazione di muovere il corpo non solo in gesti meccanici è la grande scoperta/qualità dello Yoga: una scoperta fatta millenni fa e che ancora oggi diviene concetto raffinato e contemporaneo allo stesso tempo; un motivo di ricerca che spinge sempre più a oltrepassare in modo equilibrato i propri limiti non solo fisici ma anche mentali.

Tutti gli uomini partono con ingredienti “buoni” di base che man mano, e con il tempo, tendono a deteriorarsi lasciandoli là a marcire in dispensa oppure scegliendo un libro di ricette sbagliato che non fa dosare bene gli ingredienti. E la paura di tirarli fuori o pensare che non siano abbastanza per la pratica dello Yoga è uno dei limiti che ci poniamo per non incominciare mai o non provare anche se in noi c’è un barlume di voglia di cambiar qualcosa.

Ovviamente non potrà andar bene a primo colpo…o forse si, le vie del Karma sono infinite, ma applicare i giusti principi del Food Design al nostro corpo è un piacere, ma anche un dovere.

Regalare metodi di cottura yogici per i nostri aggregati umani è un modo per viver meglio, per rilassarsi meglio e per cogliere al meglio i nostri momenti felici e affrontare al meglio i nostri momenti di infelicità.

 

Namasté,

Vittorio Pascale

Allievo praticante di Yoga Integrale presso il Centro Parsifal Yoga, Milano

Fondatore della pagina Fb: Yogamando

Studioso e praticante di

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Finalmente arrivo a parlare di una particolare pratica dello Yoga che è chiamato Yoga Nidra o Yoga del sonno (volendo tradurre in italiano).

 

Lo Yoga Nidra è una tecnica che deriva dal Tantra, con la quale si impara a rilassarsi coscientemente: è lo stato di "sonno dinamico". E', pertanto, un metodo per indurre un completo rilassamento fisico, mentale ed emozionale. Il termine deriva da due parole sanscrite Yoga (unione) e nidra (sonno).

Durante la pratica di yoga nidra sembra di esser addormentati, ma la coscienza funziona ad un livello di consapevolezza più profondo. Si tratta di un rilassamento interiore raggiunto in uno stato intermedio di sonno-veglia. La coscienza separata dall'esterno e dal sonno, diviene potente e può essere applicata, ad esempio, per sviluppare la memoria, per incrementare la creatività e crescere spiritualmente. Quando il rilassamento è completo la ricettività è maggiore, mentre quando la coscienza è collegata ai sensi la ricettività è minore.

È importante ricordare che le tensioni si accumulano nei sistemi muscolari, emozionali e mentali. La pratica dello Yoga Nidra va ad agire proprio su questi sistemi sciogliendo le tensioni psico-fisiche.  Liberarsi dalle tensioni, rilassarsi ed avere pace mentale sono i segreti della trasformazione, poiché la conoscenza della Verità può accadere solo quando si è liberi dalle tensioni.

Il sistema di rilassamento di una pratica di Yoga nidra equivale a diverse ore di sonno privo di consapevolezza. Una sola seduta di Yoga nidra è riposante come quattro ore di sonno normale.

Praticare Yoga Nidra significa aprire gli stadi più profondi della vostra mente e cioè la mente subconscia ed inconscia. Queste due aree della mente sono le forze più potenti dell'essere umano. La mente diventa molto ricettiva perché si vanno a risvegliare le sue strutture emozionali.

L'aspetto più caratteristico di Yoga nidra è la "rotazione sistematica della coscienza nel corpo". Non è necessario concentrarsi, bisogna solo muovere la mente da un punto all'altro, rimanendo consapevoli di ogni esperienza. Se vi concentrerete non farete altro che ostruire il flusso naturale della consapevolezza, la quale porta la mente sempre più nella profondità del Sé.

Yoga nidra non è ipnosi, in quanto manterrete la consapevolezza e il cervello rimarrà sempre completamente sveglio, così come i canali sensoriali.

Yoga nidra non si basa sulla suggestione e persuasione, chi lo pratica impara ad indurre il proprio stato di rilassamento seguendo le istruzioni dell'insegnante. L'insegnate è solo una guida, fornisce la tecnica, ma non forzerà mai il praticante in nessun modo.

Yoga Nidra rilassa la mente rilassando il corpo, azione che avviene naturalmente durante il sonno profondo poiché le emozioni e i sensi fisici sono ritirati.

Yoga Nidra si effettua sdraiati nella posizione di savasana (posizione del cadavere: sdraiati, con le braccia lungo i fianchi) ascoltando la voce dell'insegnate.

Non occorre concentrarsi, né controllare il respiro. La cosa più importante in Yoga Nidra è non dormire.
 Gli occhi rimangono chiusi per tutta la durata della pratica, la mente viene inizialmente focalizzata sui suoni esterni, poi viene mossa da suono a suono con l'atteggiamento di un testimone.
Dopo un po' di tempo, la mente perde l'interesse e diviene automaticamente calma. Questo metodo per calmare la mente si chiama "antar-mouna" e prepara la coscienza alla pratica di Yoga Nidra.

Nello Yoga Nidra il mezzo più efficiente per allenare la mente è il "sankalpa" (la risoluzione) che formulate per conto vostro, durante la pratica. Qualsiasi cosa può fallire nella vita ma non il "sankalpa" formulato durante Yoga Nidra.

"Sankalpa" è una parola sanscrita che si può tradurre come "proposito" o "risoluzione". È un metodo potente per riformare la personalità e la direzione della vita su linee positive. Se sapete che cosa desiderate ottenere dalla vita il "sankalpa" può essere il creatore del vostro destino. Ma prima dovete sapere dove volete andare.

Il "sankalpa" è una breve affermazione mentale che si imprime nella mente subconscia quando questa è ricettiva e deve essere formulato quando la mente è calma e tranquilla. Prima e dopo la pratica di Yoga Nidra vi è un periodo di tempo dedicato al "sankalpa".

Il "sankalpa" dovrebbe essere usato per scopi elevati, quali il raggiungimento della realizzazione del Sé o del Samadhi. Lo scopo del "sankalpa" non è quello di soddisfare i desideri, ma di creare forza nella struttura della mente,  è la forza di volontà.

È meglio scegliere un "sankalpa" che possa cambiare l'intera personalità, in modo da diventare più equilibrati, felici e soddisfatti. Le parole dovrebbero essere molto precise e chiare, altrimenti non penetreranno nella mente subcosciente. Esempi: "Io risveglio il mio potenziale spirituale" - "Io sono una forza positiva per l'evoluzione degli altri" - "Io ho successo in tutto ciò che intraprendo" - "Io sono consapevole ed efficiente"- "Io ottengo una salute totale" - "Io acquisisco sempre maggiore autocontrollo" - "Io acquisisco equanimità" - "Io riconosco Dio in me".

Sceglietene un solo "sankalpa" non cambiatelo e non abbiate fretta. Non aspettatevi risultati immediati, state piantando un seme nella mente, innaffiatelo e germoglierà.

Namastè,

Vittorio Pascale

Allievo praticante di Yoga Integrale presso il Centro Parsifal Yoga, Milano

Fondatore della pagina Fb: Yogamando

Studioso e praticante di Buddhismo Tibetano

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L’equilibrio umano è controllato dal sistema vestibolare che risiede nell’orecchio e consente l’interazione dinamica con l’ambiente esterno, in armonia con la forza di gravità.

I principali recettori, attraverso riflessi otolitici, consentono il mantenimento della postura e, grazie a un continuo aggiustamento automatico, ci permettono di contrastare la forza di gravità.

La ricerca dell’equilibrio è determinata soprattutto da aspetti psicologici, più che fisiologici. Ciò che ci mette in difficoltà nelle situazioni in cui è richiesto equilibrio (come ad esempio nella terza variante di Virabhadrasana, la posizione del Guerriero, oppure in una posizione apparentemente semplice come Vriskshasana, l'albero) è la nostra insicurezza e soprattutto la nostra mente che viaggia e macina pensieri.

Per chi l'ha provata, e per chi la volesse provare per verificare, Vrikshasana (posizione dell'albero) fa confluire nella nostra mente, non propriamente disciplinata, una miriade di pensieri che subito mettono a repentaglio la ricerca di equilibrio richiesta dalla posizione. Aggiungo anche che, una volta che perdiamo l'armonia della posizione, siamo presi dal nervosismo, e magari cerchiamo una spiegazione sul perché il giorno precedente siamo invece riusciti a farla senza problemi.

Pensate un attimo ai tempi verbali che ho usato e che usate anche voi probabilmente quando pensate: sono delle forme di passato prossimo (se proprio vogliamo fare un’analisi grammaticale del verbo).

Lo Yoga è la disciplina in cui la dimensione divina e massima nella quale ci si trova è il presente; è inutile e controproducente, quindi, pensare al passato confinando il proprio “io” invece di cercare di espanderlo lavorando sull’armonia di corpo e mente la mente per raggiungere la posizione. Con questo non mi elevo a “splendido tra gli splendidi” affermando di riuscire a eseguire alla perfezione tutte le posizioni di equilibrio, anzi...Capitano dei giorni in cui mi sento particolarmente preso dai miei pensieri, inizio a fare il fenicottero in mezzo alla sala di pratica in Vrikshasana cercando di mantenere l'equilibrio in ogni modo e, alla fine, devo invece ripiegare su alcuni trucchetti, come quello di concentrarsi su un punto fisso. Fissare lo sguardo, è vero, aiuta in tutta la pratica delle Asana ed è una buona disciplina per la meditazione e la concentrazione; tuttavia bisogna essere consapevoli dell'azione che si sta svolgendo sulla propria coscienza in quel preciso momento, e non guardare come uno stoccafisso un puntino del muro (se poi è bianco vi posso dire che dopo un po' quel punto diventa la via lattea...).

Tutto ciò, questo articolo e qualsiasi altro commento ironico possa fare su me stesso, è per spiegare che anche quando sbagliamo c'è  sempre qualcosa da imparare: l'osservazione di sé stessi da implementare, un'analisi da fare, il proprio ego da espandere.

Come mi è stato detto una volta da Silvia, una delle mie maestre, durante una lezione di Yoga: una posizione di equilibrio come l'albero deve espandere il proprio “io” senza rinchiuderlo nel centro del petto per paura di perdere l'equilibrio. Di solito, quando non riusciamo a mantenere l'equilibrio, scattano sentimenti come la vergogna o il nervosismo che non fanno altro che farci rinchiudere in un bocciolo invece di far fiorire come una rosa la nostra posizione.

Nella terza variante di Virabhadrasana, ad esempio, per raggiungere uno status ottimale della posizione bisogna estendere le estremità delle braccia e della gamba che sta in alto (per capire meglio di cosa parlo vi rimando alle immagini), cosa che a prima vista può risultare destabilizzante. Nell'albero bisogna espandere il petto, tirarsi verso l'alto e spingere in fuori la gamba piegata con il piede alla radice della gamba distesa; all'inizio sembrerete più un salice piangente che un albero forte e radicato al suolo, ma man mano vi accorgerete che è proprio il corpo che richiede questi accorgimenti, facendo lavorare muscoli che non pensavate potessero muoversi in queste posizioni. Contemporaneamente, noterete che erano i flussi di pensieri che impedivano il mantenimento del corretto bilanciamento del corpo perché non davate l'input giusto e non portavate l'attenzione sul baricentro, un punto al di sotto dell’ombelico importantissimo per raggiungere la stabilità.

 

Insomma, l'equilibrio è una bella sfida da affrontare nello Yoga o, ancora meglio, un confronto con sé stessi: proprio durante le posizioni di equilibrio i pensieri si fanno più fitti ( provare per credere).

E voi mi direte, “Si, ma a me a che mi serve tutto ciò?” Domanda lecita, che mi sono posto anche io, in quanto applico sempre una forte componente razionale a tutto ciò che faccio (non sono uno di quelli “spiritual addicted” e “new age” che vi state immaginando, dato che vi parlo sempre di Yoga e affini). Posso dirvi che, a parte fare i fighi in metro o in tram e rimanere sempre e comunque in piedi non attaccandovi agli appositi supporti quando c'è una curva o una fermata improvvisa (notate come la gente di solito si attacca subito al palo neanche stesse esplodendo una bomba) l'esercizio di concentrare la mente sul baricentro e farle mantenere un equilibrio che parte dall'interno è molto utile in situazioni in cui tendete ad innervosirvi o a farvi sopraggiungere dallo stress.

Lo stress, male dell'uomo contemporaneo, è causato anche dall'ondata di pensieri che intasano la nostra testa: è come se la nostra mente fosse una stanza bianca e un writer la venisse ad imbrattare con una bomboletta di un colore che, tra l'altro, non ci piace neanche, a distanza di un minuto o di pochi secondi. Minuto dopo minuto, attimo dopo attimo, il pensiero diventa incontrollabile, il writer continua ad imbrattare con quel brutto colore e il risultato è che siamo sempre stressati e nervosi. E ciò avviene fin dal primo mattino, quando suona la sveglia, e magari la sera prima siamo andati a letto con l'ansia che la sveglia sarebbe suonata dopo poco, senza pensare invece: “Oh finalmente sono a letto e posso riposare questa “macinasassi” che è la mia testa”.

Fateci caso.

 

Ecco, le posizioni di equilibrio servono anche a questo: osservare e capirci più in profondità, dire alla nostra testa quando è ora di darsi una calmata o farle mettere il “culo a bagno” come si dice da me in Puglia.

 

Namasté,

Vittorio Pascale

 

Allievo praticante di Yoga Integrale presso il Centro Parsifal Yoga, Milano

Fondatore della pagina Fb: Yogamando

Studioso e praticante di Buddhismo Tibetano

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E’ un dato di fatto che la parte più visibile dello yoga è costituita dalle posizioni in cui facciamo scivolare il nostro corpo: le Asana. O gli Asana: in sanscrito è un termine neutro. Si è deciso per convenzione che i termini neutri del sanscrito prendano il genere maschile in italiano; quindi, il modo accademicamente corretto sarebbe dire "gli asana", ma terminando in "a" viene molto naturale porre l'articolo al femminile, tanto più che i termini che servono a tradurre asana, posizione, postura sono tutti femminili.

Gli Asana sono un punto di partenza per raggiungere una qualità interiore diversa, ci insegnano a osservare con attenzione maggiore la muscolatura e il respiro, ma allo stesso tempo donano benefici all’interno del nostro corpo coinvolgendo positivamente alcuni processi fisiologici che il nostro corpo svolge quotidianamente. E’ una sorta di regalo che noi possiamo fare al nostro corpo e al nostro spirito. Per usare un insegnamento che ho ricevuto dal buddhismo posso dire con sicurezza che la nostra apparenza nel mondo materiale viene fortemente influenzata dal nostro universo interiore che, come un giardino Zen, perfetto e meticolosamente curato, si riflette di conseguenza nel nostro sguardo, nei nostri movimenti, nella nostra postura o modo di camminare.

Ovviamente si potrebbe scrivere un’enciclopedia sui benefici delle posizione yogiche. Come sappiamo, questa disciplina ha una storia millenaria e tutt’oggi continua ad esser studiata ed espansa con studi e ricerche sempre nuove. Qui di seguito un breve sunto dei regali che facciamo al nostro corpo con le Asana.

Digestione. I fattori nutritivi necessari ai tessuti sono costituiti da proteine, grassi, zuccheri, sali e ossigeno. Tutte queste sostanze sono trasportate ai tessuti dal sangue. Le prime quattro sono derivate dal cibo e dalle bevande assunte e la loro disponibilità dipende dalla quantità e qualità del cibo, ma anche dal potere di digestione e di assorbimento dell’apparato digerente.

Ecco che l’apparato digerente e quello circolatorio devono essere mantenuti efficienti affinché i tessuti possano ricevere un apporto adeguato di sostanze.

Tutti gli organi preposti alla digestione e assimilazione dei cibi sono contenuti nella cavità addominale, sostenuti in basso dal pavimento pelvico e su tutti gli altri lati da muscoli molto robusti. La natura ha provveduto al mantenimento del tono degli organi digestivi con un massaggio lieve e automatico 24 ore su 24. Tale massaggio tuttavia si esplica solo se i muscoli addominali sono forti ed elastici e le posizioni yoga preservano la forza e l’elasticità dei muscoli addominali producendo un massaggio forzato e vigoroso agli organi addominali.

È scientifico che i muscoli mantengono forza ed elasticità se sono sottoposti a esercizi di stiramento e contrazione.

Bhujangâsana (cobra), ardha-shalabhâsana (locusta), dhanurâsana (arco) sono ottimi esercizi di stiramento dei muscoli addominali anteriori e servono come esercizi di contrazione dei muscoli posteriori.

Yoga-mudrâ (sigillo dello yoga), pascimottânâsana (pinza), halâsana (aratro) contraggono vigorosamente i muscoli addominali anteriori e pongono i muscoli in una condizione di benefico stiramento.

Ciò che queste sei posizioni fanno per i muscoli anteriori e posteriori, vakrâsana (torsione semplice) fa per i muscoli addominali laterali; ardha-shalabhâsana (locusta) stimola direttamente il diaframma.

È dunque chiaro che gli âsana costituiscono un efficiente esercizio per tutti i muscoli addominali e li mettono in condizione di esercitare molto efficacemente il massaggio automatico dei visceri, mantenendoli nella loro posizione corretta ed evitando il rischio di prolasso e «sfiancamento» dei muscoli del pavimento pelvico.

Circolazione: il lavoro di trasporto dei nutrienti ai diversi tessuti è svolto dal sangue che circola nel corpo. Per evitare che il cuore (che è un muscolo) si atrofizzi è utile sottoporlo alternativamente a un aumento e a una diminuzione di pressione. Quindi anche un cambiamento pressorio all’interno della cavità ove è situato il cuore gli verrà trasmesso. Bhujangâsana (cobra), ardha-shalabhâsana (locusta), dhanurâsana (arco) determinano alternativamente un aumento di pressione sul cuore e così agiscono anche viparîta-karanî (mezza candela), halâsana (aratro), sarvangâsana (candela). Inoltre in queste ultime tre posizioni le vene si svuotano passivamente verso il cuore, senza la minima sollecitazione sulle loro pareti. Questo preserva e ristabilisce il tono venoso (chi soffre di vene varicose può trarre giovamento da queste posizioni).

Respirazione: i polmoni devono essere sani, i muscoli respiratori devono essere tonici, le vie respiratorie devono essere libere. Shalabhâsana (locusta) mantiene elastico il tessuto polmonare, mettendo in azione ogni alveolo e analogamente agisce parvatâsana (montagna sacra).

Sistema nervoso: in sarvangâsana (candela), halâsana (aratro), pascimottânâsana (pinza), yoga-mudrâ (sigillo dello yoga) la colonna si flette in avanti. Con bhujangâsana (cobra), ardha-shalabhâsana (locusta), dhanurâsana (arco) la colonna si estende all’indietro. In vakrâsana (torsione semplice), trikonâsana (triangolo), la colonna compie una torsione. La colonna vertebrale è l’involucro del midollo spinale, donde l’importanza delle posizioni che la sollecitano. Sono infatti molte le malattie connesse con il sistema nervoso: depressione, ansia, nervosismo sono il destino di molti occidentali. Una mobilizzazione di quest’asse, eseguita con dolcezza e una respirazione intelligente, assicura un ritorno progressivo all’equilibrio nervoso.

C’è un detto secondo cui la nostra età è quella che ha la nostra colonna vertebrale in termini di flessibilità ed elasticità. Eseguendo le posizioni yoga si permette alla colonna di svolgere tutti i movimenti necessari al mantenimento della sua elasticità e flessibilità.

 

Namaste, Vittorio Pascale

allievo praticante di Yoga Integrale presso il Centro Parsifal Yoga, Milano studioso di Buddhismo tibetano fondatore della pagina Fb: Yogamando per domande @: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Uomo occidentale che sei cresciuto tra cristianesimo e chiese cattoliche; uomo contemporaneo che sei bombardato da immagini e stimoli ad accumulare sempre più per raggiungere un “benessere” effimero; uomo cittadino che abiti in una città come Milano dove l'apparenza sembra esser tutto e che magari lavora in tanti dei campi creativi dove pare ci sia bisogno di sgomitare per passare davanti gli altri. Tu, uomo del 2013, come mai hai scelto di fare yoga?

Si sa che alle volte gli opposti si attraggono. E tra questi annovero la felice unione dell'universo Occidentale con quello Orientale che dal 1968 si è fatta sempre più presente facendo diventare massiccio l'uso di parole come: yoga, meditazione, ayurveda, buddhismo, induismo, zen e quant'altro sia legato al mondo che si cela guardando “la mappa del mondo a destra”. Un uomo, ad un certo punto della propria esistenza, che sia a 20 30 40 50 60 o 70 anni, si sente saturo e pieno di insoddisfazioni capendo che c'è qualcosa che non va o che tutto ciò che ha non basta mai. O, ancora, che non ha la capacità di gioire, di vedersi all'interno e di scrutare i mostri celati all'interno di una stanza segreta del proprio subconscio...ma, lasciando il livello del proprio spirito, anche a livello fisico si vede sciatto e sgonfio come un palloncino ad elio lasciato troppo tempo al sole. Ecco qui che arriva una soluzione o tante soluzioni da mondi esotici che promettono la cura per questi nodi inestricabili. Tra questi rimedi vi è lo Yoga.

Nella maggior parte dei casi una persona è spinta dalla curiosità. Grazie al cielo aggiungerei. Perché? Perché, tra le tante qualità che l'uomo contemporaneo ha perso, quella di esser curioso resiste ancora: non saprei dire se per puro spirito di sopravvivenza animalesca (la curiosità porta a scoprire nuove strade per sopravvivere e sentirsi vivi) o semplicemente perché è un impulso che abbiamo e quindi lo assecondiamo. La curiosità per le culture lontane e che non ci appartengono ha sortito spesso un grande fascino in tutti noi: profumi, posizioni del corpo inusuali, nomenclature in lingue lontane sono così affascinanti da sembrare “cool” o trendy. Un po' come quando si parla del Buddha come se fosse più figo di Gesù. Cosa, a mio avviso, sciocca. Sono fermamente convinto che per amare lontano bisogna imparare prima ad amare da vicino e quindi amare e capire le cose che abbiamo a disposizione in Occidente. Curiosità e voglia di provare sono fondamentalmente i due ingredienti che avvicinano spesso le persone allo yoga.

Un'altra causa può essere il conoscere una persona che pratica Yoga o se ne interessa. Giusto ieri sera parlavo con una ragazza che mi diceva che vorrebbe provare una lezione di Yoga dato che il suo collega lo insegna: sottolineava il fatto che lo trova sempre in pace con sé stesso. Un vero e proprio sentimento di voler raggiungere lo stesso “status” di pace e serenità. Una voglia di scappare dal caos della propria mente e del mondo cittadino per voler ottenere lo stesso risultato. Ma, attenzione, tutti gli esseri umani sono diversi e le strade da intraprendere sono diverse e si adattano a tante tipologie di persone e di spiriti. Molte volte ho incontrato persone che hanno provato una lezione di Yoga che non era adatta a loro e pensano che alla fine il mondo yogico sia tutta una bellissima e affascinante messa in scena. Semplicemente la lezione che hanno provato non era nelle loro corde; alcuni lo capiscono altri, beh, se leggeranno queste due righe capiranno che magari devono cercare la propria strada Yogica tentando diverse strade (se l'interesse è davvero supportato da una forte voglia di cambiamento).

Il caso, oh il caso: le fatalità nel loro caos portano spesso frutti inaspettati nella propria vita facendo sbocciare in noi situazioni estremamente piacevoli o malevoli. La casualità nell'esser andato a provare lo yoga e essersene innamorati è una delle cause di inizio che preferisco. “Mi hanno invitato e senza pensarci su sono andato a provare...neanche sapendo cosa fosse”. Questo mi ha detto un amico pugliese che ha iniziato un lungo percorso che continua ancora oggi nella cultura dello Yoga e della meditazione. Morale della favola: non guardate le casualità con sospetto ma sappiatele accettare e osservarle per comprendere a fondo ciò che di bello hanno da darvi o la lezione che vi apprestate ad apprendere con una frustata.

Evoluzione: cercare un'evoluzione della propria condizione religiosa che sia cristiana, buddhista o qualunque altro credo. Yoga, ricordiamoci, deriva dalla radice sanscrita “yug”, che significa unire, legare insieme: cosa direte voi? Eh ditemelo voi vi dico io sorridendo! Potrei dirvi che per una persona religiosa lo Yoga unisce il corpo e la mente al divino: mediante la consapevolezza del respiro si è in grado di entrare in uno stato di coscienza che fa carpire meglio alcuni concetti come la nostra condizione divina e il nostro esser parte col tutto e quindi con Dio. Lo Yoga ci fa capire piano piano che siamo un'estensione della divina concezione in quanto mediante le Asana (posture) assumiamo le forme di tanti animali o oggetti dalla natura più umile a quella più elevata: in questo modo possiamo esser parte di tutte le opere d'arte del creato ma anche, per chi è un esteta, che possiamo raggiungere, mediante il nostro corpo e i nostri muscoli uniti al respiro, una qualità maggiore di benessere psicofisico.

Da non sottovalutare sono i media e internet che costituiscono un'ingente fonte di informazione sulle svariate discipline che arrivano da lontano. Da Wikipedia a Nerospinto, in cui affrontiamo determinati argomenti, una persona può attingere informazioni e togliersi alcune curiosità in modo silenzioso e discreto...senza scomodarsi a chiedere a qualcun'altro. Va comunque detto che molti scritti on line possono sviare o creare idee erronee nell'immaginario individuale. Quindi consiglio di saper cercar bene sulla rete oppure leggere i cari e vecchi libri stampati che ormai, con l'avvento dei tablet per la lettura, sono talmente Vintage da esser considerati trendy. Non mi stancherò mai di scrivere che bisogna provare, provare e ancora provare. La scrittura o la parola possono esser potenti strumenti di comunicazione ma alla fin fine sarete voi ad agire per creare nel vostro animo idee e concetti oppure sfatarli dicendo a voi stessi: ok quello che ho letto era un'assurdità.

Postura e riabilitazione: lo Yoga sta iniziando ad avere molta importanza anche in campo medico. Molti dottori consigliano per i problemi alla schiena oppure per riprendersi da brutti incidenti alle articolazioni delle lezioni di Yoga che, ovviamene, saranno studiante ad hoc per accompagnare al meglio il ciclo di riabilitazione del convalescente. Ed egli stesso si sorprenderà come, oltre ad un miglioramento fisico, vi si accompagnerà anche un crescente ottimismo nella guarigione e una calma che non ha mai provato prima; quasi un paradosso dato che, quando si ha un deficit, si tende sempre a risultare più nervosi e indisposti nei confronti delle altre persone. Voler anche correggere la propria postura diviene anch'essa una causa per l'inizio della pratica dello Yoga. Tra le cose che si sanno di più dello Yoga, vi è sicuramente il massiccio lavoro sulla correzione della posizione della colonna vertebrale nonché il fatto che molte Asana, anche semplici all'apparenza come Tadasana (la Montagna), riescono a far render conto all'allievo di tutti i difetti nella propria postura: dalle spalle allo sbilanciamento del peso su una gamba piuttosto che un'altra, dalla posizione delle spalle alla posizione della nuca troppo spostata in avanti o indietro.

Ultimo: spero che la prossima causa per farvi iniziare a fare Yoga sia io. (Risatina sotto i baffi).

Namasté, Vittorio Pascale allievo praticante di Yoga Integrale presso il Centro Parsifal Yoga, Milano studioso di Buddhismo tibetano fondatore della pagina Fb: Yogamando per domande @: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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