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Domani, 17 Giugno, alla Feltrinelli Duomo di Milano, il musicista Luca Oliveri sarà ospite della rassegna Open Piano.

In occasione di Expo, arriva direttamente dal Giappone il famoso artista Hidetomo Kimura con la mostra Art Aquarium, esposta al Circolo Filologico Milanese dal 29 maggio fino al 23 agosto.

Art Aquarium mette in scena l'arte viva del pesce rosso: il Kingyo, che per la cultura del Sol Levante è simbolo di prosperità e fortuna.

In mostra vasche d'acqua d'ogni forma animate da musiche, luci, immagini e profumi. Art Aquarium è assoluta bellezza creata solo ed unicamente dalla natura. Il Kingyo è simbolo di provvidenza, si tratta di un pesce elegante e molto importante per la cultura giapponese. Hidetomo Kimura si pone come obiettivo quello di far comprendere il meraviglioso rapporto che contraddistingue uomo e natura attraverso la sua incredibile e meravigliosa esposizione.

Tra le vasche in mostra la più imponente è Oiran (cortigiana), ispirata ai quartieri di piacere del periodo Edo e realizzata 1.000 pesci rossi. Un'altra installazione che riflette la tradizione nipponica è Kimonorium, ispirata all'arte del kimono, mentre la grande vasca Ooku, larga tre metri, evoca un harem.

Altre installazioni riproducono i famosi giardini giapponesi, la luce delle lanterne e i fiori di ciliegio, mentre il marchio veneziano Venini ha realizzato per Kimura la boccia Kingyo, la cui forma e colorazione sono ispirate appunto alla forma di un pesce rosso.

Indira Fassioni

 

Art Aquarium - Circolo Filologico Milanese- via Clerici 10, 20121 MI

Da venerdì 29 maggio a domenica 23 agosto

Orari di apertura:

Dal lunedì al venerdì 11-19 / sabato e domenica 10-19 / Night Aquarium: giovedì – sabato 19-23

Info prezzi:

biglietto intero €10 / ridotto per bambini fino a 6 anni €3 / ridotto per giovani fino a 18 anni, studenti fino a 26 and over 65 €8

http://www.artaquarium.it/

 

 

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Il noto brand svedese apre numerosi temporary shop in tutto il mondo, e, da sabato 18 ottobre fino a domenica 11 gennaio 2014, torna in Italia con uno store allegro e ricco di novità, nel cuore della movida milanese, in corso di Porta Ticinese, 60.

Dall'iniziativa di due giovani amici, Happy Socks nasce con l'obiettivo di portare la felicità e la qualità in ogni angolo del mondo.

Il concept è quello di diffondere l’allegria trasformando gli accessori che si indossano tutti i giorni in colorati pezzi di design caratterizzati da un elevato standard di qualità, artigianalità e creatività.

Calze e intimo donna/uomo, calze bimbo e la nuova linea di calze firmata dal famosissimo rapper Snoop Dogg, queste le collezioni  presenti nel negozio di Milano.

E in occasione dell'apertura di questo nuovo store, Happy Socks organizzerà un opening party, giovedì 30 ottobre, ore 18.00.

Inoltre, per non farsi mancare nulla, durante tutto il periodo di apertura del temporary, sarà possibile partecipare a un concorso su Instagram. Sarà sufficiente iniziare a seguire il profilo ufficiale @happysocksofficial, scattare un selfie davanti alla vetrina dello store e ricordarsi di utilizzare l’hashtag #HappysocksMilano. Un gioco semplice e divertente che darà la possibilità alla persona che otterrà il maggior numero di like di vincere un cofanetto speciale con tre paia di calzini Happy Socks, disegnati in collaborazione con Snoop Dogg.

Un'opportunità a 360° per immedesimarsi nell'allegro concept dell'azienda e condividere la mission del brand...porta anche tu un pò di colore in ogni angolo del mondo!

 

 

 

 

 

Nerospinto segnala un appuntamento da non perdere domani - 5 febbraio 2014 - alle ore 18.30, presso lo spazio Made4Art di Milano. Stiamo parlando dell’inaugurazione del quarto progetto di indagine sull'arte astratta portato avanti da Made4Art, in questa circostanza si decide di sviluppare la tematica del monocromo, con molteplici e differenti declinazioni a seconda delle diverse personalità artistiche chiamate a partecipare.

Gli artisti protagonisti della mostra sono: Alessandra Angelini, Gianfranco Bianchi, Giorgio Biso, Pietro Canale, Sandro Giordano, Susi Zucchi. L’Esposizione è realizzata a cura di Elena Amodeo e Vittorio Schieroni.     

Made4Art, Spazio e servizi per l’arte e la cultura, porta avanti il progetto di indagine sull’arte astratta precedentemente inaugurato con Visioni astratte. Nuove tendenze al femminile (19 marzo-2 aprile 2013) e portato avanti con le successive esposizioni Black&White. Astrazione negli opposti (24 maggio-7 giugno 2013) ed Explosion! colore astrazione emozione (25 ottobre-14 novembre 2013). Monochromes, vuole approfondire la ricerca sul colore nella sua forma più pura e rigorosa, il monocromo. 

Ogni artista chiamato a partecipare alla mostra ha potuto dare il suo apporto sulla base della propria sensibilità, del personale uso delle tecniche e dei materiali. I curatori di Made4Art, Vittorio Schieroni ed Elena Amodeo, hanno scelto le opere ritenute più in linea con l’idea espositiva alla base del progetto, realizzando un allestimento tale da mettere in luce specificità, contrasti e assonanze. Elementi artistici diversi vengono ad entrare in rapporto senza creare contrapposizioni ma in un muto ed armonico dialogo.

Le opere di Gianfranco Bianchi e Susi Zucchi giocano su effetti di rilievo, inclusioni e sovrapposizioni. La ricerca di Sandro Giordano è una sperimentazione sulle diverse sfumature dello stesso colore, il grigio, mettendone in luce le diverse variazioni.

Stratificazione di colore, rigore e geometria sono invece le caratteristiche dei lavori di Giorgio Biso e Pietro Canale. In Alessandra Angelini si esplica la forma più pura del monocromo: da un’unica campitura di giallo emergono pigmenti e paste materiche sapientemente disposti in grado di creare inaspettati effetti di ombra e movimento.

Monochromes, con data di inaugurazione mercoledì 5 febbraio alle ore 18.30 e visitabile fino al 25 febbraio, è un invito a scoprire l’essenza del colore, attraverso le sue infinite varianti e sperimentazioni, lo sguardo tenderà a perdersi nelle infinite manifestazioni di stile e rivelazioni cromatiche con cui si verrà in contatto, nel percorso di un’interessante ricerca artistica nel mondo del colore e dell’astrattismo.

 

 

M4A - MADE4ART, Milano

"MONOCHROMES" - Dal 5 al 25 febbraio 2014

Inaugurazione mercoledì 5 febbraio, ore 18.30

Lun. ore 16-19, da mar. a ven. 10-13 e 16-19, sab.16-19

 

Per informazioni:

Made4Art - Spazio, comunicazione e servizi per l'arte e la cultura

Via Voghera 14, Milano - ingresso da Via Cerano.

MM2 Porta Genova, zona Tortona.

Sito Internet: www.made4art.it.

Mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Lora Lamm, la grafica pubblicitaria “delle donnine”, artista, pittrice del secondo dopoguerra milanese è  in mostra negli spazi del m.a.x. Museo di Chiasso con un’esposizione dal titolo “Grafica a Milano 1953-1963”. La raccolta di opere in mostra si inserisce nel filone della grafica contemporanea e propone un focus sull’attività giovanile della celebre creativa nella città di Milano fra gli anni ’50 e ’60. Lora Lamm opera una trasformazione nel campo del graphic design: i suoi lavori hanno forte capacità comunicativa, sono ricchi di colore e dai tratti leggiadri, e le semplici forme disegnate risultano immediate e al contempo vitali e giocose. L'esposizione raccoglie una sessantina di manifesti e un centinaio fra bozzetti, biglietti di invito, carte da pacco, packagin: tutti lavori che Lora Lamm realizzò su commissione de La Rinascente, Pirelli,  La Centrale del Latte di Milano, Elisabeth Arden. Una sala dell’esposizione è inoltre dedicata al periodo tra gli anni '50 e '60 in cui avvenne un sodalizio collaborativo tra Lora Lamm e Max Huber, portando alla scoperta dei lavori di entrambi. Lora Lamm, con la sua grafica lineare, pulita e spensierata ha rivoluzionato l’immagine e la comunicazione nell’Italia del dopoguerra proponendo campagne pubblicitarie di impatto immediato e forte carica emozionale. La mostra è aperta fino al 21 luglio 2013.

Per informazioni: www.maxmuseo.ch

 

Da oggi sino al 25 maggio, il Teatro Filodrammatici di Milano, in collaborazione con l'Archivio Marinella Pirelli, ospita Pulsar, una personale dedicata all'artista scomparsa nel 2009, articolata in cinque giorni espositivi arricchiti da performance site-specific.

 

La mostra ambisce a superare il concetto classico di esibizione d’arte, togliendolo dal contesto tradizionale di spazio espositivo, promuovendo l’interpretazione delle opere attraverso la creatività di altri artisti e spingendo il fruitore ad entrare in contatto con opere in movimento, la cui temporalità ciclica esprime la volontà dell’artista di cercare nuove modalità di relazione.

 

Pulsar si propone di riavvicinare il pubblico agli esperimenti condotti da Marinella su luce e colore, grazie a un cambio di prospettiva, una trasformazione della percezione del momento culturale, sia da parte di chi ne fruisce sia di chi lo organizza.

La selezione, a cura di Roberto Borghi e dell'Archivio, vuole evidenziare il tentativo, operato dall’artista, di trattenere e dare forma all’anima immateriale ed emotiva dell’elemento luminoso.

 

Il visitatore sarà coinvolto in una discesa lungo le due balconate attraverso un percorso di penombra che permetterà una migliore fruizione delle opere. Giungerà poi al palco, eccezionalmente aperto al pubblico per poter vivere in prima persona l’opera più interattiva di Marinella, “Filmambiente”, in cui lo spettatore può camminare attraverso teli serigrafati, lasciandosi inondare di luce e colore.

 

Attraverso performance di musica e danza gli artisti Pietro Pirelli (21 maggio, ore 21), Ludovico Schilling (23 maggio, ore 21) e il Corpo di Ballo di Silvana Bazzi (25 maggio, ore 21) animeranno tre delle cinque giornate di esposizione.

 

 

Info su orari e costi:

 

dal 21 al 25 maggio 2013

dalle 16 alle 23

 

Biglietti

Intero: 8€

Ridotto: 5€ (secondo ingresso, studenti, over 65, abbonati Teatro Filodrammatici)

 

 

Teatro Filodrammatici

via filodrammatici, 1

Milano

Nerospinto è cultura a 360 gradi, è sguardo sul mondo e sulle tendenze, attento ad ogni cambiamento e trasformazione in atto e, nel suo spirito “cosmopolitartistico”, non poteva non raccontarvi di “God Save The Green”, film documentario prodotto dall’emiliana Mammut Film e distribuito dalla Cineteca di Bologna, con un fitto calendario di proiezioni in circuiti indipendenti.

 

Associazioni culturali, cineteche e amministrazioni pubbliche stanno ospitando in queste settimane l’ultimo lavoro dei filmakers Michele Mellara e Alessandro Rossi, attivi da un ventennio sul fronte del documentario (e non solo), che ci portano in giro per il mondo – Marocco, Brasile, Kenya, Germania e Italia – in una perfetta fusione di realtà e di estetica dell’immagine, in una dimensione insieme poetica e conoscitiva.

 

La terra, nuda e nera, pronta ad accogliere i semi per riempirsi e riempire di verde città, villaggi, persino terrazze metropolitane: da questo punto di partenza - denominatore comune di una ricerca scientifica prima che artistica, portatrice di contenuti con un linguaggio diretto e antididascalico - i personaggi incontrati rivelano come sia ancora possibile guardare in basso, uscire dalla logica dei centri commerciali, dalla povertà e dalla dittatura del cemento semplicemente coltivando la terra.

 

Un nuovo modo di stare insieme, di condividere tempo e spazi ma anche di guadagnare, inventandosi nuove tecniche di coltura a costo zero, come è successo alle donne di Teresina, in Brasile, felici di dedicarsi insieme alla produzione di nuovi ortaggi, in una valorizzazione dell’ambiente che diventa anche riqualificazione sociale.

Sulla stessa lunghezza d’onda si viaggia a Berlino, dove può succedere di trovare gruppi di cittadini chini sul terreno per curare le piante disseminate in uno spazio comune, dove tutti possono essere parte di un orto dai confini urbani, esperienza che anche in Italia si sta facendo largo negli ultimi anni da nord a sud, riscoprendo un valore in via di estinzione in contesti cittadini, laddove le nuove generazioni scoprono frutta e verdura tra le corsie dell’ipermercato perdendo sapori, odori e sensazioni di antichissima tradizione.

 

Ma in Italia, nel pieno centro di Torino, c’è chi ha sfidato qualunque legge agronomica e ci mostra in tutto il suo splendore un giardino pensile pieno di colore, invasione di campo positiva nelle strette maglie urbane. E c’è chi si spinge addirittura oltre, come Franziska, che a Berlino scatena una guerilla a suon di fiori con il pacifico obiettivo di portare il bello dove regnano sterpaglie e abbandono.

 

Il cambiamento è in atto, è possibile insomma, ad ogni latitudine, basta solo guardarsi intorno e soprattutto guardare in basso, scendere dagli ascensori e dalle scale mobili dei Supermalls per riconquistare la terra, perché “God Save The Green” è storia di tutti, o almeno aspira a diventarlo, contaminando pensiero e azione.

 

Per il calendario delle proiezioni e per altre informazioni sul film è visitabile il sito web ufficiale http://godsavethegreen.it/italiano/.

 

 

Il pensiero comune ci induce ad associare la cerimonia giapponese del tè ad una pratica antica, di valenza prettamente estetica; un rito composto ed elegante che ha fatto il suo tempo e piacevole da osservare.

In realtà, nella terra del Sol Levante, la condivisione di una profumata tazza di tè è un'usanza ancora fortemente radicata e assume precisi connotati simbolici e filosofici, soprattutto se inserita nel più complesso contesto cerimoniale.

Il tè fu importato in Giappone dalla Cina dai monaci intorno al VI Sec., insieme al buddismo, e il suo impiego accompagnava le meditazioni, infondendo vigore. Nei riti in onore di Buddha, l'assunzione di tè era intesa come “illuminazione”, il risveglio al quale i buddisti aspirano.

Un mercante, Sen no Rikyu, decise di codificare il rito zen in una cerimonia ben definita, per rendere possibile alla gente comune uno spazio di condivisione, fondato sulla preparazione e il consumo della bevanda, volto alla ricerca di un senso di pace.

Il rituale si basa su pochi semplici dettami: può svolgersi alla presenza di un numero massimo di cinque individui (amici, familiari o ospiti di prestigio), i presenti devono predisporre il proprio animo alla condivisione e al raggiungimento di un senso di pace, oggetti e individui devono disporsi in modo da creare un ambiente armonico.

 

La cerimonia del tè si svolge nella cosiddetta stanza del tè (cha shitsu), un angolo dedicato all’interno di un’abitazione o, nel caso delle antiche dimore tradizionali, parte di una costruzione apposita, la casa del tè (sukiya).

La stanza si caratterizza per la sobrietà e l’essenzialità: la quasi totale assenza di mobili ed i materiali umili (paglia e legno) richiamano un senso di purezza e soprattutto la dimensione del vuoto, cui la meditazione zen aspira, lasciando spazio al pensiero, alla contemplazione che allontanano ansie e i richiami alla materialità della vita quotidiana.

Prima di entrare nella casa del tè, gli invitati devono attraversare il roji (il giardino del tè), per predisporsi ad un contatto più diretto con la natura e fare in modo che, all'ingresso, l’animo si sia già placato.

 

Al centro della stanza è posto il braciere sul quale scaldare l’acqua: intorno ad esso si dispongono ordinatamente coloro che intervengono alla cerimonia. Durante l'assunzione e la preparazione della bevanda, i presenti assumono la tipica seduta giapponese perché, nel predisporsi ad accogliere la serenità, non deve mancare il rispetto per le persone presenti e per la loro meditazione.

Sen no Rikyu decretò, infatti, che colui che partecipa alla cerimonia deve entrare in possesso di 4 virtù: armonia, rispetto, purezza e serenità.

In ottemperanza alla prima virtù, all'interno della stanza sono volutamente convogliati i 5 elementi base della concezione dell'universo: il legno (degli utensili e della stanza); il fuoco (del braciere); la terra (le tazze in ceramica), il metallo (il bollitore); l'acqua.

 

La cerimonia del tè può avere una durata variabile: dai pochi istanti di un incontro fugace, può prolungarsi sino a 4 ore e sebbene si componga di fasi definite, essa di delinea come un lento flusso in cui attese, conversazioni e degustazioni si alternano piacevolmente.

I 3 momenti principali che la compongono sono: il kaiseki, intervallo durante il quale gli invitati consumano un pasto leggero in attesa che l'ospite predisponga la stanza del tè; il goza iri (fase del tè denso), in cui viene servito il koicha (tè grossolano); l'usucha, in cui viene servito un tè più fine. Come già detto, gli invitati possono usufruire del tempo che ritengono necessario per rinfrancarsi.

 

Durante la cerimonia, ognuno dei 5 sensi assume una valenza primaria e viene coinvolto da differenti sensazioni:

il gusto: in base al tipo di tè servito, cambia il modo di berlo e assaporarlo. Gli stimoli che pervengono sono differenti, così come le sensazioni suscitate: il koicha viene servito in una sola tazza, che viene offerta prima all’ospite di maggior rilievo il quale ne beve un sorso, si sofferma ad assaporare il tè, quindi la porge alla persona accanto che farà lo stesso. Il senso di condivisione è molto forte. L’usucha viene invece servito in tazze singole, sorseggiato brevemente per 2/3 volte, quindi si procede con un più ampio sorso per abbeverarsi e abbandonarsi alla quiete.

l'olfatto: prima di bere sia il koicha che l'usucha, i presenti ne aspirano il profumo (più intenso nel primo, dolce nel secondo), pregustandone il sapore: l'aroma che li pervade preserva lo stato di pace. Prima di lasciare la stanza, se gradiscono, gli invitati possono odorare un'ultima volta le tazze per portare con sé il ricordo delle sensazioni provate.

la vista: continuamente stimolata, assume un ruolo importante per favorire la costruzione di un'armonia interiore. Sin dal roji, gli invitati si rapportano con un ambiente che richiama una natura semplice ed incontaminata. Giunti all'interno della stanza del tè, l'aspetto essenziale, unito ai sobri ed incantevoli decori, come gli ideogrammi alle pareti e l'ikebana (composizione floreale simbolica), accolgono uno sguardo alla ricerca di quella bellezza che si vuole vedere riflessa nel proprio animo.

Lo stesso colore del tè è determinante: solo quando il verde della bevanda avrà il tono della "giada liquida", questo sarà pronto per essere servito e ammirato.

l'udito: la scansione del tempo durante la cerimonia è dettata dal suono del gong, le cui vibrazioni risuonano sin nel profondo dei presenti.

Una volta all'interno della cha shitsu, le conversazioni vengono abbandonate sino al momento in cui il tè sarà servito, il silenzio avvolge la sala e l'assenza di suono si tramuta in un condiviso stato di serenità e meditazione.

il tatto: l’ingresso nella sala del tè avviene carponi: questo implica un contatto ed una prima conoscenza dell’ambiente e dei materiali, con i quali entrare maggiormente in sintonia; inoltre, sfiorare con le labbra la medesima tazza porta ad avvertire una maggiore empatia con le persone nella stanza. Per concludere, il metodo corretto di sostenere la tazza e portarla alla bocca implica che entrambe le mani vi aderiscano completamente, in modo che il calore irradiato venga completamente assorbito dalla persona.

Ciò che ad un osservatore distaccato appare come un coreografico susseguirsi di gesti e posture, in verità è un metodico percorso per predisporsi al meglio ad un momento più solenne e profondo, uno stato di armonia in cui l'individuo è coinvolto nella sua interezza e nel suo relazionarsi con l'ambiente.

Porgere una tazza di tè è molto più che un gesto di cortesia: è un invito a condividere un luogo, un tempo, un sentire interiore.

Scatolabianca è una realtà riconosciuta a livello nazionale, rivolta alle Arti Contemporanee, alla formazione e alla cultura. Opera con frequenza sempre più crescente in tutto il territorio e in importanti capitali europee e internazionali. Ha come protagonisti la critica e curatrice Martina Cavallarin direttrice artistica di scatolabianca, Federico Arcuri Art Director, Roberta Donato PR &comunicazione, l’artista Gianni Moretti Coordinamento progetti.

Via Curiel 8 è un film d’animazione che nasce dalla collaborazione delle autrici e illustratrici Mara Cerri e Magda Guidi: un cortometraggio in animazione della durata di 10 minuti. La storia del film è tratta dal libro illustrato Via Curiel 8 di Mara Cerri, pubblicato nel febbraio 2009 dalla casa editrice romana Orecchio Acerbo e descritto sulle pagine della rivista “Lo Straniero”, diretta dal critico Goffredo Fofi, come “un racconto per immagini armonico e speculare. Di grande economia e di massima tensione simbolica, secondo un’idea di magico oggi sempre più rara, per via della sua delicatezza e profondità e della sua capacità di andare oltre il reale verso un’idealità insolita”.

Il film è una co-produzione franco-italiana ed è stato realizzato secondo la tradizionale tecnica del cinema d’animazione: più di 4000 disegni originali, dipinti a mano nell’arco di due anni dalle due autrici.

Come descritto dal critico cinematografico Federico Rossin, il film è “bello perché fragile, delicato come un sogno, misterioso come una visione, leggero come una folata di vento, malinconico come una carezza ricordata”. “La seconda volta che ho visto il film mi sono fatto prendere dai buchi narrativi, da tutto ciò che non dite, non mostrate, non raccontate. E la testa parte davvero a costruire infinite altre immagini, a cercare ai lati dello schermo quello che non c’è, a immaginarsi cosa è accaduto/potrebbe accadere/non accadrà mai”: così descrive le sue sensazioni Emilio Varrà, presidente dell’Associazione Culturale Hamelin di Bologna.

La mostra rimarrà fino al 5 aprile 

Sono esposti numerosi disegni originali che compongono il corto, selezionati e disposti in sequenze progressive che svelano e raccontano il movimento dei personaggi nelle sbavature e nella stratificazione del colore, alcune pitture in tecnica mista su tavola che ritraggono e rielaborano personaggi e scene del film e a coronamento della mostra viene proiettato in loop il film Via Curiel 8, nella sua versione definitiva.

Mara Cerri nasce a Pesaro nel 1978. Si diploma all’Istituto Statale d’Arte/Scuola del Libro di Urbino, nella sezione Cinema d’animazione, e frequenta successivamente il Biennio di Perfezionamento in Cinema d’animazione. Nel 2003 inizia a lavorare come illustratrice di libri per ragazzi, collaborando con diverse case editrici italiane (Orecchio Acerbo, Fabbri, El, Emme, Carthusia, Fatatrac) e straniere (Grimm Press, Milan). Espone presso le biennali internazionali d’illustrazione di Bologna, Bratislava e Lisbona. Pubblica i suoi disegni su riviste e quotidiani, tra cui Il Manifesto, Internazionale, Carta. Nel 2008 riceve il Premio “Lo Straniero”, assegnato dall’omonima rivista di arte, cultura e società diretta da Goffredo Fofi, con la quale ha un rapporto continuativo. Collabora con l’agenzia americana Riley Illustration, realizzando illustrazioni per riviste e pubblicità.

Sempre nel 2008, inizia a lavorare a Via Curiel 8, la storia per un albo illustrato di cui è autrice unica (illustrazione e testi) e che sarà pubblicato dalla casa editrice Orecchio Acerbo nel febbraio 2009. Nel frattempo, realizza un progetto filmico dallo stesso soggetto, che vince il Premio della Giuria e il Premio Arte France al prestigioso Festival d’Animazione di Annecy (Francia).

Dal settembre 2009 al settembre 2011 collabora alla realizzazione del film con l’autrice di cinema d’animazione Magda Guidi, realizzando più di 4000 disegni dipinti a mano. Nel dicembre 2011, il film Via Curiel 8 vince la sezione Corti Italia del Torino Film Festival. Ha realizzato il video per lo spettacolo di teatro danza “You and me and everywhere”, una collaborazione con la regista performer Mara Cassiani . Lo spettacolo ha visto il suo debutto durante il Festival Santarcangelo dei Teatri 2012, con il sostegno di AMAT e L’Arboreto-Teatro Dimora.

Magda Guidi nasce a Pesaro nel 1979. Si diploma all’Istituto Statale d’Arte/Scuola del Libro di Urbino, nella sezione Cinema d’animazione e frequenta, successivamente, il Biennio di Perfezionamento in Cinema d’animazione. In seguito realizza alcuni cortometraggi animati, selezionati in numerosi festival italiani e internazionali: Sì, però... (2000) 2° premio al Pesaro Film Festival del (sezione “L’attimo fuggente”) e 2° premio a Videocinema di Pordenone del 2001; “Nuova identità” (2003), videoclip per la band italiana Tre allegri ragazzi morti, premio della giuria a Videozoom di Tornaco (NO) 2003; Ecco, è ora (2004), gran premio “Castelli Animati” di Roma 2004.

Nel 2005 disegna una sequenza in animazione per il cortometraggio "Il nano più alto del mondo", diretto da Francesco Amato e prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Nel 2009, insieme ad Andrea Petrucci e Sergio Gutierrez, realizza un film d’animazione di 45 minuti per lo spettacolo teatrale L’ultima volta che vidi mio padre, per la regia di Chiara Guidi (Socìetas Raffaello Sanzio).

Camilla Falcioni nasce a Bournemouth (GB) nel 1976. Si laurea in Conservazione dei Beni Culturali all’Università degli studi di Bologna, sede di Ravenna. Dal 2004 al 2009 coordina l'ufficio di Pesaro di Arthemisia, societa' leader nell'ideazione e produzione di mostre ed eventi culturali.

Dal 2010 è responsabile dell’ufficio stampa e promozione di Fondazione Pescheria-Centro Arti Visive di Pesaro. Si occupa di organizzazione eventi e convegni e collabora con Mara Cerri e Magda Guidi da gennaio 2012.

‘’Dipingo responsabilmente maschere di uomini irresponsabili. Ne consacro il volto all'inferno e il cuore al paradiso.’’

Centro della riflessione l’uomo. L’uomo nella sua complessità, nel suo tentativo affannoso alla ricerca di un fantomatico equilibrio, sfida tra paura e assenza. Passato e attesa. Lo spunto da cui partire il divenire della sua essenza piú profonda, il prodotto finale delle sue sfide vissute, quelle subíte o quelle vinte nel grigio di una metropoli dove puoi notare tutti, ma non essere notato e che permette alla tua maschera di prendere forma esteriore. Indagine sulle complessità e le lacerazioni dell’interiorità dell’io che il mondo moderno mai come ora rende sempre più evidenti. Un uomo condannato a vestire la sua maschera e a evitare quella sbagliata : il futuro è ‘’Sottovetro’’. Ma l’uomo anche nella vita di tutti i giorni, incrina la sua maschera e ne rivela il fondo: il magma caotico, che altro non è se non la realtà a lungo celata, “mascherata”, appunto. Così l’uomo si accorge della condizione in cui vive, il relativismo, vale a dire il contrasto vita-forma.  Dopo aver acquisito consapevolezza del suo essere forma, l’uomo ha tre possibilità: o accetta passivamente la maschera che lui stesso ha indossato oppure con cui gli altri tendono a identificarlo, perché incapace di ribellarsi, o accetta il suo ruolo con atteggiamento ironico-umoristico, pur non rassegnandosi, o reagisce con disperazione. Questo è il dissidio e l’agonia pur sempre pregna di vita che Cosimo cattura nell’Apocalisse delle sue tele. Forma per forma, colore per colore. Lui non giudica i suoi protagonisti ma ne mostra l’essenza in tutta la sua tensione espressiva senza filtri , in piena energia pulsante delle sue tele che vibrano, nell’insieme magmatico di idee brillanti e follie, nel suo tripudio di forme geometriche e colori accesi che rendono vivace la fauna delle sue anime smarrite che scelgono di vivere e di essere mostrate senza mai abbassarsi a compromessi. In onore di quella che Cosimo definisce l'Insostenibile amarezza dell'essere.

DIMENSIONI OPERE: o’ Priatore: 80x100, olio su tela La Ragione Persuade L’amore: 100x70, olio su tela L’Uomo Nero: 50x709, olio su tela Sottovetro: 100x150, olio su tela"

 

Ab-Sinth 2° ART-Xperiment : Cosimo Carola Painter

 

Mercoledì  9/01 ore 22:30 to 2:30 ZoOM Bar  Via Panfilo Castaldi 26 Milano Info-contacts 345/2418801

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Direttore Responsabile
INDIRA FASSIONI

Se vuoi scriverle: direttore@nerospinto.it

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