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120 ANNI DI CINEMA DEL REALE è la rassegna dedicata ai film che hanno fatto la storia del cinema documentario, dall’era del muto ai giorni nostri, ospitata dal 2 al 30 giugno 2015 presso il Museo Interattivo del Cinema, Fondazione Cineteca Italiana.
Un documentario si pone nei confronti del reale con l’intenzione di restituirlo così come si presenta all’obbiettivo della macchina da presa. È un film senza sceneggiatura o interpreti, un genere vecchio che col tempo è stato relegato a spettacolo di nicchia, non in grado di competere con quello narrativo. Tuttavia, si è dimostrato capace di conquistare il grande pubblico.
La rassegna comprende una selezione di lungometraggi e cortometraggi che hanno segnato l’evolversi del cinema del reale e del suo linguaggio. Per impreziosire la retrospettiva, prima di ogni spettacolo verrà proiettata una veduta realizzata dagli operatori Lumière in Italia.
La retrospettiva inizia da Nanuk l’eschimese (1922), capolavoro di Robert J. Flaherty, il primo cineasta, insieme a John Grierson, ad aver canonizzato il cinema del reale. Saranno proiettati anche Tabù (1931), figlio della collaborazione con Friedrich W. Murnau, e L’uomo di Aran (1934), cronaca di una giornata di una famiglia irlandese di pescatori. Altro film chiave è lo splendido Finis Terrae (1929) di Jean Epstein. Non mancano i documentari più affini alle avanguardie degli anni Venti, quali Pioggia (1929) di Joris Ivens e À propos de Nice (1930) di Jean Vigo. Sempre di Ivens, grande documentarista olandese, saranno proiettati Il ponte (1928), Borinage (1934), Pour le Mistral (1965), Io e il vento (1988).
Non mancano le opere italiane, a partire da quelle di Pier Paolo Pasolini: Appunti per un film sull’India (1964), Appunti per un’Orestiade africana (1970), Comizi d’amore (1964) e Le mura di Sana’a (1971). Seguono i documentari industriali di Ermanno Olmi (1955-1958); il resoconto del viaggio di Roberto Rossellini in India (1959); Il pianeta azzurro (1981) di Franco Piavoli; il Sacro GRA (2013) di Gianfranco Rosi, vincitore del Leone d’Oro al Festival di Venezia; e infine un omaggio a Luigi Comencini (I bambini e noi, 1970) e Alberto Lattuada (La nostra guerra, 1945), co-fondatori nel 1947 della Cineteca Italiana.
Conclude la rassegna una selezione di documentari che hanno incantato la critica contemporanea. La scuola americana è rappresentata da Frederick Wiseman (La Danse, 2009) e da Michael Moore (Bowling a Columbine, 2002). I grandi maestri del cinema tedesco Werner Herzog e Wim Wenders sono presenti con Grizzly Man (2005) e Cave of Forgotten Dreams (2010) di Herzog e Il sale della terra (2014) di Wenders sul lavoro del fotografo Juliano Ribeiro Salgado. Infine, in calendario il capolavoro di Joshua Oppenheimer L’atto di uccidere (2012).
120 ANNI DI CINEMA DEL REALE MIC – MUSEO INTERATTIVO DEL CINEMA Viale Fulvio Testi 121, Milano Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. www.cinetecamilano.it
INFO PREZZI: Biglietto d’ingresso intero: € 5,50 Biglietto d’ingresso ridotto: € 4,00 Biglietto d’ingresso adulto + bambino: € 6,00
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Torniamo indietro nel tempo. Torniamo agli anni 50.
Forse molti di noi, io compresa, non hanno vissuto questo periodo, ma in qualche modo non ci è estraneo, anzi addirittura familiare, e non per caso.
Tra il 1950 e il 1970 l’Italia vive uno dei suoi momenti più gloriosi, una sorta di rinascimento culturale, in cui arte, letteratura e cinema raggiugono livelli di magnificenza e grandezza.
Roma si trasforma in un crocevia di menti geniali: un drappello di produttori, registi, sceneggiatori, attori, scenografi, impongono in tutto il mondo, forse per la prima volta, l’eccellenza “made in Italy”.
Proprio in quegli anni da Rimini arriva nella città eterna un giovane pieno di voglia di fare e di speranza con un passione sfrenata per il cinema: Federico Fellini. Allora non era nessuno, ma il suo nome era destinato ad essere iscritto dell’albo dei più grandi e influenti cineasti della storia del cinema mondiale.
Nel 1950 debutta alla regia con Luci del varietà e dal quel momento è un susseguirsi di successi e riconoscimenti.
Per i successivi quarant’anni Federico Fellini traccia un solco indelebile della storia del cinema con una serie impressionante di film di culto: La strada, La dolce vita, 8 ½, Amarcord, La citta delle donne, sono solo alcune delle opere indimenticabili che ci ha lasciato, considerate e citate in tutto il mondo come delle pietre miliari della cinematografia mondiale.
Nel corso della sua carriera il maestro vinse ben cinque Oscar, una Palma d’oro e un Leone D’oro alla carriera, tutti riconoscimenti che l’hanno reso il regista più celebrato di tutti i tempi, e non senza motivo.
Fellini con il suo inconfondibile stile ha dato un’identità riconoscibile in tutto il mondo al cinema italiano. Il regista ha saputo recuperare la lezione del Neorealismo di Roberto Rossellini e inventare un suo universo fantastico fatto di suggestioni oniriche, ricordi autobiografiche, inclinazione alla satira, ambiguo erotismo, riflessioni esistenziali, attenzione per la provincia italiana e i cambiamenti della società. Tutte componenti che hanno permesso a Fellini di creare una poetica originale costituita da personaggi e immagini proverbiali e inconfondibili, destinate ad entrare nell’ immaginario comune come icone e metafore della cultura contemporanea.
In occasione del ventesimo anniversario della scomparsa del grande regista Photology ha organizzato una mostra fotografica itinerante dal titolo dal titolo Fellini at Work che, partendo da Milano, toccherà diverse città italiane.
Obiettivo della rassegna non è una mera celebrazione del regista, ma la creazione di un vero e proprio percorso di conoscenza, che porti lo spettatore a immergersi totalmente in quegli anni e ad avere una visione di Fellini non solo come personaggio, ma come uomo.
Le inquadrature, quindi, non potevano altro che essere di una persona che conosceva bene il maestro: il paparazzo Tazio Secchiaroli, padre della fotografia d’assalto, primo fotoreporter cinematografico al servizio del grande Fellini che, apprezzando le sue doti artistiche, lo chiama come fotografo di scena durante le riprese dei suoi film.
La vita condivisa di quegli anni sui set, ma anche negli uffici o dentro i laboratori di scenografia, provocano una simbiosi esplosiva tra due personaggi, in fondo, non molto diversi: entrambi artisti di grande talento, entrambi rappresentanti di vizi e virtù della loro epoca.
Una combinazione perfetta che non può non accrescere il valore di questa deliziosa mostra capace di far tornare indietro nel tempo, agli splendenti anni 50, quando il “made in Italy” nella letteratura, arte e società era simbolo di eccellenza.
FELLINI AT WORK - TOUR DELLA MOSTRA IN OCCASIONE DEL VENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DEL
REGISTA (31 OTTOBRE 1993):
Photology, via della Moscova 25, Milano
La mostra continua fino al 31 maggio 2013
Dal lunedì al venerdì h11-19
Tel 02-6595285 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Photology a Noto
Via Carducci, 12
Noto (SR)
21 Luglio - 31 agosto 2013
Agenzia NFC
Via XX Settembre, 32
Rimini
14 Settembre - 31 Ottobre 2013
Lui è un grande regista italiano, lei un’intensissima attrice, simbolo degli anni d’oro del Neorealismo; l’altra, la bella collega rivale, arriva in Italia dal Nord Europa per girare un film e distruggere il loro amore. Sotto i riflettori c’è Roberto Rossellini – un matrimonio alle spalle e una relazione in corso con Anna Magnani - trascinato nello scandalo per l’unione con la svedese Ingrid Bergman, già diva ad Hollywood, stregata dalle pellicole del cineasta italiano al punto da indirizzargli una lettera che suonava più o meno così: “Caro Signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo 'ti amo', sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei”.
E’ il 1950, il film galeotto è “Stromboli terra di Dio”, protagonista una straniera che non riesce più a vivere con un povero pescatore siciliano. A darle voce e corpo è proprio lei, l’algida Ingrid, icona di quella borghesia europea che con il suo stile e i suoi valori comincia a frasi strada nell’Italia del dopoguerra e nel cinema che la rappresenta, sostituendo nell’immaginario filmico la drammatica figura della figlia del popolo che da “Roma città aperta” in avanti fu identificata con la disperata corsa verso la morte della Magnani. Anna, donna e artista appassionata, rapisce i sensi di Rossellini mentre stanno girando il film, il sentimento li travolge e si riversa nell’arte.
Nel 1948, tre anni dopo “Roma città aperta”, rinnovano infatti il sodalizio artistico con il film “L’amore”, in cui verità e finzione si fondono nell’inquietante presagio del personaggio della Magnani abbandonato dal compagno: è incombente la minaccia sulla loro felicità, la nordica diva che già sogna il cinema italiano e il suo maestro.Due isole belle e selvagge, due set, ancora una volta, saranno teatro del triangolo cine-amoroso più chiacchierato del momento: a Stromboli Rossellini sceglie la Bergman come musa e amante, mentre il tradimento scatena nella furiosa Magnani la vendetta con “Vulcano”. E’ il regista americano William Dieterle a dirigerla negli stessi giorni poco lontano dal vento scandaloso del nuovo amore.
Dive dai destini incrociati: Ingrid rimarrà in Italia da attrice e moglie di Rossellini, fino alla crisi che “Viaggio in Italia” racconta, con-fondendo ancora una volta cinema e vita, nel segno della verità umana indagata oltre ogni finzione dal grande cineasta. E Anna? La tormentata Anna? Hollywood, persa la Bergman ormai accasata nel Bel Paese, la accoglie alla fine degli anni Cinquanta e la celebra con un Oscar per “La rosa tatuata”, sottraendola però solo per pochi anni al cinema italiano al quale tornerà, passata la bufera, per concludere la sua carriera, ritrovando quel legame forse mai spezzato con Roberto che le sarà accanto fino alla fine, accompagnandola nell’ultimo viaggio verso il Paradiso degli artisti.
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