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L'Esposizione Universale di Milano, sul tema dell'alimentazione, è iniziata e ora non resta che scoprirne tutte le sue meraviglie. I Paesi partecipanti sono tantissimi e qui elencheremo una lista dei Padiglioni più belli e suggestivi di Expo 2015.
Padiglione Monaco
Lo spazio espositivo si estende su un lotto complessivo di 1.010 metri quadri. Il progetto dell’architetto italiano Enrico Pollini si propone di incoraggiare il pubblico ad entrare da diversi punti d’accesso, riflettendo sulle opportunità poste dall’ecologia, dal riciclo e dal riuso. È costituito da numerosi container merci per ricordare il ruolo di nodo d’interscambio, rappresentato dal Principato di Monaco, e le chance di riutilizzo creativo. Un composto in muschio leggero e permeabile, poggiato sul tetto in legno, consente la coltivazione di un orto di colture mediterranee. Sono presenti giardini verticali e un sistema di raccolta dell’acqua piovana. A cura dell’agenzia tedesca Facts and Fiction è il design interno, che fa fluire i visitatori in un tour libero, scoprendo la gamma degli argomenti di sensibilizzazione proposti dalla Fondazione Alberto II di Monaco e dall’Istituto Oceanografico.
Padiglione Russia
Lo studio Speech, guidato dagli architetti Sergei Choban, Alexei Ilin e Marina Kuznetskaya, ha sviluppato il concept della struttura, situata su un’area di oltre 4.000 metri quadri. Il Padiglione è ampio e dinamico e il suo design trae origine nella forma e nella tradizione sovietica e russa delle precedenti Esposizioni Universali alle quali il Paese ha partecipato.
Padiglione Francia
L’edificio, realizzato dallo studio parigino XTU Architectes, è costituito da legno lamellare, su uno spazio di 3.592 metri quadri. Il padiglione si ispira ai tipici mercati coperti, luoghi simbolo della cultura alimentare francese, che ben rappresentano il tema generale di Expo Milano 2015, con l’accento sull’autosufficienza alimentare, l’accesso al cibo e la dimensione qualitativa dell’alimentazione.
Padiglione Svizzera
La Svizzera è stato il primo Paese ad aderire a Expo Milano 2015 e tra i primi a completare la struttura architettonica all’interno del Sito Espositivo. Il Padiglione, con una superficie di 4.432 metri quadri, presenta una grande piattaforma aperta con quattro torri visibili da lontano, alle quali i visitatori accedono attraverso gli ascensori. Una volta arrivati in cima, possono servirsi dei prodotti alimentari tipici e, man mano che le torri si svuotano, le piattaforme sui cui poggiano si abbassano modificando la struttura. Il progressivo svuotamento è registrato in tempo reale e può essere seguito anche sui media sociali.
Padiglione Cina
Agricoltura, alimentazione, ambiente e sviluppo sostenibile sono i punti focali della partecipazione della Cina a Expo Milano 2015. Il filo conduttore è la ricerca di equilibrio tra gli esseri umani e l’ambiente, tra l’umanità e la natura. Il tema principale è l’atteggiamento di gratitudine, di rispetto e di cooperazione del popolo, ricordando che “l’uomo è parte integrante della natura”. Lo scopo è illustrare le tradizioni culturali e i progressi nei campi dell’agricoltura, presentando i passi compiuti nell’uso razionale delle risorse per assicurare cibo a sufficienza, buono e salutare.
Padiglione Ungheria
Ideato dai Attila Ertsey, Ágnes Herczeg e Sándor Sárkány, è di tre piani e si estende su un lotto di 1.910 metri quadri. Le forme e i materiali ricordano quelli dei granai, dei silos rurali e delle stalle. Rappresentano le linee principali dell’architettura organica ungherese, sviluppatasi a metà del Novecento, che si basa sulle tradizioni locali, sulla comprensione delle leggi della natura e sull’esaltazione del rapporto tra l’uomo e l’universo. La zona centrale è ispirata al simbolo di salvezza degli esseri viventi, l’Arca di Noè; le due estremità laterali richiamano i tamburi sciamanici in rapporto mistico con la natura, solcati dall’antico simbolo dell’albero della vita in cui scorre l’acqua dolce naturale ungherese dalle celebri proprietà termali.
Padiglione Vanke (Cina)
In 163 anni di storia delle Esposizioni Universali, per la prima volta la multinazionale cinese Vanke, leader nel real estate, dispone di un padiglione tutto suo, affidato all’archistar Daniel Libeskind. Il progetto è ispirato ad una serie di evocazioni che spaziano dall’antico pensiero di Confucio e Lao Tzu, al Rinascimento e all’arte contemporanea. Il viaggio attraverso lo spazio e il tempo, la tradizione, i valori e le relazioni umane è accompagnato da geometrie sinuose e un senso di continuo fluire tra l'interno e l'esterno. Uno spazio unico dove celebrare e riflettere sulla storia della civiltà, della tecnologia e del XXI secolo.
Padiglione Repubblica Ceca
La sfida della riciclabilità dei materiali e dell'incorporazione della superficie d'acqua sfocia in un padiglione accattivante nel lotto di 1.362 metri quadri. La proposta vincente dei giovani architetti Chybík + Kristof usa moduli Koma che prevedono un sistema di costruzione progressivo. Al piano terra vi sono le aree shop e ristorante, al primo e secondo le esposizioni, sul tetto il giardino.
Padiglione Regno Unito
Il design ad alveare è ispirato al ruolo unico che essi hanno nel nostro ecosistema. Wolfgang Buttress è il vincitore della competizione lanciata per scegliere l’architettura del padiglione, a cura del team di ingegneri edili e costruttori di Stage One e Rise. Il progetto fonde design di alto livello con forti requisiti ecologici, che trovano origine nelle conquiste scientifiche più all’avanguardia, nelle agrotecnologie e nell’ingegneria agraria. Il padiglione, esteso su un lotto complessivo di 1.910 metri quadri, vuole lasciare un segno nell’esperienza di tutti i visitatori, in cui natura, creatività, scienza e tecnologia si combinano per affrontare la sfida sottesa al tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”.
Padiglione Emirati Arabi Uniti
Il Padiglione si estende su uno spazio complessivo di 4.386 metri quadri ed è stato progettato da Foster+Partners. Ha muri di sabbia increspata dal vento alti dodici metri e un ingresso delineato da uno schermo video lungo settantacinque metri, un vero e proprio falaj digitale. È provvisto di sistemi di recupero dell’acqua piovana e celle fotovoltaiche, ed è stato progettato tenendo in considerazione due climi: quello naturalmente fresco di Milano e quello assolato degli Emirati Arabi Uniti, destinazione alla conclusione di Expo Milano 2015. L'esibizione principale è divisa in due parti: la prima è contenuta dentro un cilindro, che consente all'auditorium di ruotare giocando con l’orientamento del pubblico; la seconda parte è Future Talk. La rampa di uscita passa accanto al ristorante permettendo di vedere uno scorcio della cucina, incoraggiando così il visitatore a prenotare un tavolo. Infine si scopre un'incantevole oasi intorno all'auditorium che ospita emozionanti esibizioni incentrate sul tema della sostenibilità.
Sito Web: http://www.expo2015.org/it
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Anche quest'anno la Galleria Sozzani ospita le foto premiate al World Press Photo 2015. La selezione preparata per Amsterdam, inizia il suo viaggio proprio a Milano dal 2 al 31 maggio 2015 per poi spostarsi a Roma, Lucca, Bari e oltre 100 città sparse in tutto il mondo.
L'1 maggio è prevista l'inaugurazione dalle 15.00 alle 20.00, mentre il 14 maggio alle 18.30 è in programma un incontro con Mads Nissen, vincitore della 58^ edizione del concorso. Il fotografo del quotidiano svedese Politiken è stato premiato per lo scatto che raffigura Jon e Alex, una coppia gay in un momento intimo proprio a San Pietroburgo. L'immagine, pronta a diventare una icona, vuole essere una denuncia contro le condizioni di vita per la comunità LGBT, diventate ormai insostenibili in Russia.
I vincitori delle 8 categorie sono stati selezionati tra 5.692 fotografi e i loro quasi 100.000 scatti! Gli ambiti premiati sono spot news, notizie generali, storie d'attualità, vita quotidiana, ritratti, natura, sport e lavori a lungo termine. La premiazione si è svolta nella capitale dei Paesi Bassi il 24 e 25 aprile, e tutte le fotografie vincitrici (oltre 40), le potete trovare qui ma il nostro invito è quello di approfittare di questa occasione ed emozionarvi dal vivo alla Galleria Sozzani.
INFO e CONTATTI World Press Photo 2015 Dal 1 maggio al 2 giugno 2015 tutti i giorni dalle ore 10.30 alle 19.30; mercoledì e giovedì, dalle ore 10.30 alle 21.00
Galleria Carla Sozzani Corso Como 10 – Milano Tel. 02.653531 – Fax 02.29004080
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L'ultimo spettacolo di Anton Cechov, "il giardino dei ciliegi ", è un classico sul cambiamento ambientato ai giorni nostri, tempi in cui abituarsi a modificare le proprie abitudini non è affatto facile.
E' inevitabile soffrire per le metamorfosi, in quanto se pur inconsciamente ci si presenterà un nuovo mondo e universo a cui doversi riadattare.
Una vera e propria crisi valoriale, proprio come in Russia all'inizio del 1900. La famiglia protagonista infatti rispecchia la decadenza di una classe sociale e l'affermarsi di un'altra, quindi un vero e peoprio cambiamento della società.
Tema principale è il non detto: oggi si tende infatti a trasfigurare la realtà, tanto da poter dire che stiamo bene, anche se così non è.
Dal 23 ottobre al 2 novembre, lo spettacolo andrà in scena al Teatro Filodrammatici di Milano.
La stagione più fredda è ormai arrivata e vogliamo deliziare voi lettori raccontandovi l'inverno di Palazzo Reale, che si tinge di colore e di forme maghifiche, dando spazio alla fantasia e all'astrazione con la grande monografica dedicata al celebre Vassily Kandinsky. In esposizione dal 17 dicembre al 27 aprile oltre ottanta opere dell'artista russo, provenienti dal parigino Centre Pompidou. Il percorso espositivo approfondisce la carriera di Kandinsky e il contesto socioculturale in cui l'autore moscovita sviluppò la sua inconfondibile poetica.
Si tratta di un'importante retrospettiva, nella quale non solo si celebra il pittore e teorico dell’arte russa del secolo scorso, ma che si presta a fare luce sulla singolarità e particolarità delle sue opere, alla ricerca di una chiave di lettura, che ne sveli la complessità emotiva ed il livello concettuale. L'esposizione si snoda dai primi lavori giovanili fino alla semplificazione formale degli anni maturi, dal periodo del Bauhaus di Weimar alle realizzazioni degli anni Trenta. Partendo dall'arte figurativa il pittore giunge solo in un secondo tempo ai lavori astratti, ma che comunque hanno una logica sottesa ed una propria armonia, sono infatti studiati nei minimi particolari ed intesi come strumenti di sommovimento dell'anima e delle emozioni dello spettatore.
Considerato il fondatore della pittura astratta, Kandinsky rappresenta un momento fondamentale dell’evoluzione pittorica del Novecento: nel 1912 insieme a Franz Marc, Paul Klee ed altri, fonda il gruppo Il cavaliere azzurro, che voleva realizzare lo scopo di promuovere l’arte moderna inserendola in un rapporto basato sulla musica, in cui le associazioni spirituali e simboliche del colore dovevano riuscire ad arrivare, come una musica, all’anima dell’osservatore.
Nei capolavori esposti una sinfonia di punti, linee, superfici e colori, in cui ogni elemento ha, secondo Kandinsky, una precisa funzione comunicativa e simbolico-musicale, tanto che molte delle sue realizzazioni prendono nomi da espressioni musicali: le Impressioni, dove resta un’impressione del mondo esteriore, le Improvvisazioni, che sono le opere che nascono spontaneamente e inconsciamente dall’intimo dell’artista e le Composizioni, costruzioni coscienti ed analitiche dello studio artistico.
Bollate come arte degenerata da Adolf Hitler nel 1937, le opere di Kandinsky non mancano ancora oggi di trasmettere una sensazione di equilibrio dell’anima, di pace interiore che viene riflessa in composizioni e colori accuratamente studiati, in cui ogni tonalità ed ogni forma corrispondono a suoni precisi e ai diversi timbri degli strumenti musicali. L’arte di Kandinsky, così apparentemente semplice e leggera, è in realtà un intricatissimo gioco di partiture, suonate da un’orchestra invisibile che accompagna l’osservatore, facendolo letteralmente scivolare fra un’opera e l’altra, come al ritmo di una musica segreta, come nello spazio di un sogno.
VASSILY KANDINSKY. La collezione del Centre Pompidou:
Dal 17 dicembre 2013 al 27 aprile 2014 Palazzo Reale, Milano
Orari: Lunedì 14:30 – 19:30
Martedì, mercoledì, venerdì, domenica 9:30 – 19:30
Giovedì, sabato 9:30 – 22:30 Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura.
Biglietti:
Intero: €11,00 Ridotto: €9,50
Audioguida inclusa nel biglietto
Per prenotazioni e informazioni:
www.kandinskymilano.it #kandinskymilano
Capodanno non è solo festa, sballo, trenini e brindisi. La serata più magica dell’anno può infatti divenire ancora più speciale grazie alle atmosfere incantate del grande balletto.
Il Teatro Carcano regala ai suoi spettatori un appuntamento con le fiabesche atmosfere del Lago dei Cigni, l’opera più celebre nella storia della danza.
Si tratta della prima composizione del Maestro Ciaikovskij per il Balletto dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo, la cui realizzazione coreografica è successiva sia a “La Bella Addormentata” (1890) che allo Schiaccianoci (1892), che compongono il trittico per eccellenza dell’arte sulle punte.
I cultori della tradizione saranno accontentati: la compagnia di ballo è infatti quella delle grandi occasioni, il Balletto di Mosca “Le Classique”.
La compagnia si esibirà in una versione del Lago dei Cigni fedele all’originale, con quaranta ballerini in scena che rievocheranno l’immortale storia d’amore tra Odette e il Principe Siegfried, sullo sfondo delle magiche scenografie che rimandano ad un mondo fatto di sogni,
Non perdete l’occasione di regalare e regalarvi una serata incantata, fatta di musica, danza, splendidi costumi e una stori d’amore che ha saputo sfidare le leggi del tempo e che, unita alla musica immortale del maestro Ciaikovskij, è in grado di trasportarci in un’altra dimensione.
Il Lago dei Cigni
Teatro Carcano
Corso di Porta Romana 63, Milano
Tel. 02. 55181377
Per maggiori informazioni:
Biglietti su www.ticketone.it e sul sito del teatro
Natale è tradizione, luci scintillanti e atmosfera da favola. Quale migliore occasione per rivivere la magia che solo un balletto può regalarci?
Il Teatro Carcano regala ai suoi spettatori un appuntamento con le fiabesche atmosfere dello Schiaccianoci, il classico di Natale per eccellenza, protagonista di film e cartoni animati, che non smette di affascinare grandi e piccini.
I cultori della tradizione saranno accontentati: la compagnia di ballo è infatti quella delle grandi occasioni, il Balletto di Mosca “Le Classique”.
La musica è quella immortale del Maestro Ciaikovskij, mentre il cast, di prim’ordine, è costituito da Nadejda Ivanova e Ekaterina Shalyapina nel ruolo di Clara, Alexandr Tarasov in quello del Principe, Andrey Shalin in quello del misterioso Drosselmayered infine Dmitri Smirnov in quello del Re dei Topi.
Non perdete l’occasione di regalare e regalarvi una serata incantata, fatta di saloni illuminati a festa, splendidi costumi, alberi di Natale scintillanti e una stori d’amore che ha saputo sfidare le leggi del tempo e che, unita alla musica immortale del maestro Ciaikovskij, è in grado di trasportarci in un’altra dimensione.
Lo Schiaccianoci
Teatro Carcano
Corso di Porta Romana 63, Milano
Tel. 02. 55181377
Per maggiori informazioni:
Biglietti su www.ticketone.it e sul sito del teatro
Cosa siamo se non il frutto della nostra educazione? Siamo quello che ci hanno insegnato, ma anche quello che abbiamo scelto di essere. E' l'educazione siberiana: dura, spietata, romantica e implacabile. Ti segna la pelle, come i tatuaggi che alcuni dei protagonisti portano e che sottolineano un'altra chiave di lettura del film: la trasmissione del sapere e l'ostinazione dei protagonisti nel dare un senso alla vita, codificarla attraverso segni e usanze.
Il rischio di banalizzare l'omonimo romanzo di Nicolai Lilin, libro potente e epico, ricco di spunti narrativi, era dietro l'angolo. Ma Salvatores ha schivato il pericolo lavorando (bene) sulla sceneggiatura, scegliendo di aggiungere una dimensione più ampia, che abbraccia 10 anni e aggiunge un finale inedito.
La Russia, lo sfondo (freddo) del film, a cavallo tra la fine dell'epopea sovietica e l'inizio del nuovo corso democratico, una linea immaginaria che segna implacabilmente anche i rapporti umani. Un film in costume che documenta con dovizia un mondo che non c'è più. Ma la centralità del cinema di Salvatores, come sempre, è la narrazione dei rapporti umani, l'amicizia, la lealtà, l'amore e come questi si evolvono e involvono.
Questo filtrato dagli "siberiani", discendenti degli Urca deportati da Stalin, stirpe criminale in decadenza, che cerca con i denti di resistere alla meschinità della corruzione e dalla modernità alle porte, che solletica nell'uomo moderno il sogno della ricchezza facile. E poi l'odio nei confronti del potere e dei suoi strumenti istituzionali: l'esercito, la polizia, i banchieri e anche i criminali corrotti, quelli che trafficano droga. I siberiani contro tutti.
Di fatto Educazione Siberiana è il film più ambizioso e coraggioso del regista milanese. Salvatores osa e riesce a trasmettere quel baratro (la modernità incipiente) nel quale il fiero popolo siberiano è destinato a cadere: sequenze epiche (il fiume in piena), scene di combattimento corpo a corpo e incisi cinematografici destinati a rimanere impressi nella memoria dello spettatore (la scena della giostra su tutte, con sottofondo Absolute Beginners di Bowie, scelta a sostegno narrativo della condizione dei ragazzi, adolescenti che si affacciano nel mondo).
Ma il centro del film rimane l'epoca dell'educazione e il protagonista di questa storia, il nonno Kuzja (il superbo John Malkovich), il maestro d'armi, il vecchio carismatico che trasmette valori e ideali al giovane Kolima. L'educazione di cui parlavamo all'inizio, insegnamenti che si possono fare propri o che possiamo buttare al vento, come semi che non germoglieranno mai più.
Le Immagini di solito hanno un impatto maggiore rispetto alle parole scritte, la loro capacità di emozionare l’osservatore è sicuramente superiore a quella del linguaggio. Se poi metti una fotocamera nelle mani giuste la differenza che si ottiene nello scatto finale diventa sostanziale. E quelle di Stanley Greene lo sono.
Nato a New York nel 1949 da adolescente è stato un membro attivista delle Pantere Nere contro la guerra del Vietnam e fondatore di SF Camerawork, uno spazio espositivo per la foto d’avanguardia. Greene ha studiato presso la Scuola di arti visive di New York e in seguito ha cominciato la sua carriera fotografica nel campo della moda e nella cronaca visiva legata al contesto musicale punk rock. Ma é stato l’incontro con W. Eugene Smith, famoso fotoreporter americano della Seconda Guerra Mondiale, che lo segna profondamente facendogli prendere la decisione di impiegare tutte le sue energie nel fotogiornalismo. Inizia cosí a lavorare per il New York Newsday. Nel 1986 si trasferisce a Parigi trovandosi in Europa in tempo per fotografare la caduta del muro di Berlino, scatti che lo hanno reso un professionista unico nel suo genere. Nel corso degli ultimi due decenni ha infatti realizzato alcune delle immagini piú toccanti scattate in zone critiche come Croazia, Ruanda, e la costa del Golfo del post uragano Katrina. Stabilitosi in Cecenia per più di un decennio documenta la lotta cecena per l'indipendenza dalla Russia, convinto che il fotografo non debba accorrere sul posto solo in caso di necessità per poi lasciarlo quando una nuova storia da documentare lo porta altrove.
Le sue fotografie sono in grado di rappresentare l’umanità soprattuto attraverso momenti tragici, lasciando lo spettatore in bilico tra la sicurezza della vita occidentale e gli orrori delle guerre straniere. Storie di tossicodipendenti provenienti da Kabul, uomini che fuggono dalle esplosioni delle bombe a Kirkuk, in Iraq, una bandiera americana sporca che ricopre un altare di una chiesa di New Orleans ancora in rovina due anni dopo l'uragano Katrina . ‘’La mia è una fotografia tradizionale in un ambiente non tradizionale. Oggi essere un fotoreporter significa essere totalmente determinato e impegnato nell’umanità. E’ letteralmente necessario essere coinvolti nel fotogiornalismo ; essere un fotoreporter significa essere un testimone, un informatore, un giornalista e non il protagonista della storia.’’ Questa è l'evoluzione attuale della fotografia giornalistica secondo Greene, che sottolinea come le foto debbano dare importanza alle relazioni fra uomini, sono un mezzo per documentare la storia umana promuovendo il cambiamento, documentando le atrocità della guerra ma allo stesso tempo celebrando la vita. Uomo di grande fervore ideologico che rifiuta di compromettere i suoi valori, capace di operare con professionalità, distacco e sensibilità di cittadino coinvolto. E’ infatti inevitabile, se si vuole comunicare senza filtri la realtà di certi contesti, sviluppare un certo livello di empatia, facendosi coinvolgere dalle problematiche e dal quotidiano degli individui rappresentati. Greene è inoltre consapevole che gli aspetti tecnici del processo fotografico non sono gli obiettivi primari di un vero fotoreporter, il 75 % è affidato alla casualità e solo il restante 25 alla bravura, questa é la magia della fotografia secondo Greene.
Vincitore di cinque World Press Studio, il prestigioso W. Eugene Smith Grant per la fotografia umanistica e innumerevoli altri premi internazionali tra cui il recentissimo grant dell'Aftermath Project 2013 per il suo progetto sulla Cecenia.
Stanley Greene è l’autore degli scatti presentati al Linke Lab di via Avancini 8 che ospiterà la mostra Western Front, una raccolta di 10 immagini tratte dall'omonimo libro realizzato da Greene e Van der Heijden dopo il famoso libro cult Black Passport di cui Nerospinto ripropone l’impressionante trailer.
LINKE LAB via Avancini 8
dal 5 al 10 febbraio
dalle 10.00 alle 19.00
(free entry)
Per informazioni:
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Alessandra Sporta Caputi
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