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Raffaella Schlegel firma i capi della Ocean Art Collection, un suggestivo incontro tra fotografia e fashion design che seduce lo sguardo.
Dario Aggioli, attore, regista e direttore artistico romano ci parla del suo nuovo spettacolo: Porno Mondo, un'interessante sperimentazione intorno al binomio sesso-nuovi media in equilibrio tra mockumentary, mascherine e social dating, il cui debutto è previsto per marzo 2014.
N: Da cosa nasce Porno Mondo?
D: Lo spettacolo nasce da uno scherzo telefonico che un mio alunno del liceo mi ha fatto. Invece di darmi il numero di sua madre mi ha dato quello a cui rispondeva la segreteria (molto fantasiosa) di una prostituta. Poi la ricerca sul web di questa tizia per capire se era vera o meno. E il mondo che gira intorno al porno è stata una scoperta. I forum che recensiscono le escort su tutto!
N: Lo spettacolo è frutto di una coproduzione tra tre realtà del territorio romano: Teatro Forsennato, Teatro dell’Orologio e Teatro Tor di Nona. Chi c'è dietro queste realtà e perché si è deciso di collaborare ad un progetto di questo genere?
D: Per la verità il Teatro dell'Orologio per ora ci ospita soltanto, ma stiamo valutando di farlo entrare per lanciarlo (loro hanno proposto conferenze stampa in club privé o qualcosa di simile) Il Tor di Nona è il teatro che dirigo e che ci ospiterà per le prove (e perciò una spesa si abbatte così facilmente) mentre Teatro Forsennato è la mia compagnia.
N: Dalla presentazione dello spettacolo sembra che lo spettatore sia chiamato a partecipare ad un insolito gioco/reality ispirato ai più comuni social network per "incontri". C'è una propensione verso il voler far vivere un'esperienza al pubblico?
D: Solitamente nei miei spettacoli il pubblico in minima parte è coinvolto, qui verrà rimorchiato prima senza saperlo attraverso delle applicazioni come Grindr oppure verrà coinvolta gente che non sa nemmeno che esiste lo spettacolo...
N: Attraverso la pratica teatrale e la messinscena probabilmente quello spazio protetto dalla virtualità dell'azione viene meno: da dove nasce l'esigenza quasi scaramantica di rendere pubblico qualcosa che solitamente è assolutamente intimo e personale?
D: L'esigenza nasce dal fatto che intimo e personale ormai non lo è più. Sta mutando. Immaginate solo che per i pochi che hanno i google glass, molti hanno fatto avatar sessuali che su google earth o maps puoi incrociare e sostuire a chi hai di fronte, solo indossando degli occhiali... Oppure immaginate che nei ragazzi sotto i 18 anni, 1 su 4 ha ripreso un atto sessuale (e spesso sono le donne a proporlo).
N: Nella presentazione si parla anche di “Mockumentary”, una sorta di finto documentario, ma la pornografia appartiene già all'ambito della fiction, anche se il tutto è 'realmente giocato dagli attori'. Qualcosa che assomiglia molto al teatro. Qual'è dunque nello spettacolo il confine tra realtà e finzione?
D: Per prima cosa non non parliamo di pornografia (almeno non solo), ma del rapporto tra sesso e nuovi media. Lo facciamo usando il linguaggio del mockumentary, ma ribaltandolo. Nel senso che il mockumentary è un finto documentario che usa quel linguaggio per costruire e raccontare come verità ciò che è finto, mentre noi vogliamo fare un documentario che usi il linguaggio del mockumentary per raccontare quanto c'è di falso in quella verità.
N: Leggendo la sinossi di Porno Mondo mi viene da pensare ad uno studio sociologico. Che ne pensi?
D: Uno studio sociologico? Può darsi... C'è anche quello... E' uno sguardo che non vorremmo, almeno per ora, indirizzare aprioristicamente...
N: Utilizzerete degli elementi particolari durante la messa in scena, come le mascherine per attori e spettatori e i pop-up. Perché questa scelta?
D: I pop-up saranno delle vere e proprie scene, costruite come quelle disturbanti pubblicità. Le mascherine sono un elemento importante nell'estetica del mondo delle cam e funzionale a quel momento. Queste saranno funzionali anche in un momento in cui "qualcuno" vedrà il nostro pubblico e noi per evitare di fare 50/100 liberatorie a replica, le faremo indossare al pubblico presente in sala!
N: Che cos'e per te la pornografia e quali interazioni può avere con l'arte?
D: Non so cosa sia la pornografia o meglio non me lo voglio domandare in questa fase del lavoro. Vorrei approcciarmi al tema come se fossi il Candido di Voltaire (anche se candido non sono). Ma a parte tutto è un termine ottocentesco come origine, anche se in greco vuol dire disegno osceno o qualcosa di simile ed è un termine che è nato proprio per distinguere questi disegni o immagini dall'arte. Perciò interagisce in tutto dato che molte cose possono essere al confine tra una e l'altra.
N: Se dovessimo parlare di "efficacia" e di "confini" (non per forza intesi come limiti) della provocazione praticata nell'oggi, a te cosa verrebbe da dire?
D: Bisogna capire cosa si intende per provocazione: spesso oggi la provocazione, come anche la satira, non è efficace perché è utilizzata per far ridere e non per smuovere. Spesso si fa satira e si provoca il politico per farlo ridere di sé, interrogarlo, ma non farlo incazzare, smuovere qualcosa, fargli ribaltare la sedia, farlo licenziare. L'ormai compianto Salone Margherita, le sue ballerine e i Pippi Franchi, invitavano addirittura i politici a mischiarsi con le loro macchiette. O il Bersani che appare e fa il doppio al Crozza suo sosia/socio. Questa non è satira, non provoca, non è provocazione, perché i confini non sono più presi in considerazione come un luogo da provare a valicare, ma delle linee da rimarcare; l'efficacia non è più un obiettivo, una necessità, ma una opzione alla provocazione.
N: Come vivi il tuo essere un teatrante?
D: Come vivo il mio essere teatrante? Come l'ho iniziato: non sapevo di volerlo fare, non ero intenzionato a farlo, poi ho iniziato per fare altro (il mio primo spettacolo doveva essere la mia tesi in filosofia), poi delle persone mi hanno chiesto di lavorare con me, poi ho continuato, mi sono divertito e continuo a giocare. Lo vivo giocando.
N: Dal libro del significato dei nomi:
Dario. Dal greco Dareios, le parole persiane daraya e vahu significano insieme "che possiede il bene". Dario è pratico, socievole, eloquente e positivo, solo dopo una giovinezza incerta e un po' schiva punta alla meta. Ama la compagnia, la vita comoda e la buona tavola. Non gli piace avere difficoltà sia nella vita che con gli affetti, anzi vuole essere sempre coccolato e protetto dall'amore della sua compagna che la ricerca fedele, serena ed equilibrata. Dario è molto vanitoso, gli piace apparire, per nulla diplomatico ed incapace di curare i propri interessi. Ipocondriaco.
Nomen omen?
D: Totalmente uguale a me, tranne per il vuole essere coccolato. La mia vita è andata oltre al nome, ho passato un momento della mia crescita in totale solitudine e perciò non potevo essere coccolato da nessuno. Perché non avevo nessuno vicino a me, fino ai 18 anni. E per l'ipocondriaco. Non ho paura delle malattie perché non ne ho: ho avuto l'influenza 2 sole volte nella vita (a 8 e 14 anni), ho preso l'ultima volta l'aspirina nel 2005... difficilmente ho la febbre...
https://www.facebook.com/teatro.forsennato
Credits foto by Marco Ventimiglia
08 SETTEMBRE – 02 OTTOBRE 2013
Inaugurazione DOMENICA 8 SETTEMBRE ore 20,00
A cura Dores SacquegnaNerospinto Magazine, sempre attento alla società e al suo rapporto con natura e cultura vi invita a partecipare alla mostra "Regeneration.
Il concept di “REGENERATION, a second skin” (Rigenerazione, una seconda pelle), è l’ecologia culturale, quel filone di ricerca delle scienze etnoantropologiche che investiga le relazioni tra gli aspetti socio-culturali dei gruppi umani e l'ambiente nel quale vivono, in stretto rapporto con altre discipline quali ecologia, geografia umana, biologia, archeologia industriale, etc.
Il termine ecologia culturale fu proposta per la prima volta da Julian Steward nel 1955, nel testo “Theory of Culture Change; The Methodology of Multilinear Evolution”. Nello specifico della mostra vi è lo scambio rigenerativo arte/uomo/natura/ambiente: le opere generate acquistano altra vita con l'immersione nell'organico e nel sociale. Alcuni artisti come Giovanni Lamorgese, pugliese, sono presenti con opere ri-prodotte, con il riuso dei materiali di scarto e oggetti anni’30, avviando una modalità innovativa tra artista e opera, tra spazio e fruitore, favorendo la realizzazione di un'opera partecipata. Il focus principale dell’ecologia culturale è costituito dal processo di adattamento dei gruppi sociali all'ambiente in base alle condizioni (vedi video di Gabriela Francone, “Lo tragico cotidiano) dai vincoli e limiti (Alessandro Passaro “S.T”, Gabriela Morawetz “Almost in the dark”) dalle tecnologie e dalle tecniche produttive, le modificazioni ambientali indotte direttamente o indirettamente (Batuhan Fuat Yuce e Luigi Caiffa). Tale approccio disciplinare è quindi prioritariamente legato alle concezioni materialistiche della cultura, che viene considerata come il sistema di conoscenze che permette all'uomo di relazionarsi in modo attivo con l'ambiente in modo da rendere possibile la riproduzione bio-sociale. Fa da sfondo a questa concezione della cultura una visione del sistema sociale, mitigato però dal fatto che le conoscenze tecnologiche sono considerate altresì influenti sulle soluzioni socio-culturali che verranno prodotte dall'adattamento all'ambiente (con Keisuke Sagiyama & Mitsuru Tamatsuka nel video “Yosakoy”) e ai problemi di identità sociale e trasformismo (con i video di Katja A. Witt, Sofi Basseghi, Sije Kingma e le opere pittoriche di Therese Bichon, Marcor, Christine Sajecki.). Dal punto di vista diacronico vengono svolte invece le analisi dell'evoluzione nel tempo degli equilibri ecologici, supportate dalle ricerche etnoarcheologiche nelle opere fotografiche di Massimo Ruiu con “Derive” e nella pittura di Maurizio Muscettola con “Il testimone scomodo”.
ARTISTI IN MOSTRASOFI BASSEGHI (Australia), THÉRÈSE BICHON (Francia), LUIGI CAIFFA (Lecce), GABRIELA FRANCONE (Argentina), SIJE KINGMA (The Netherlands), GIOVANNI LAMORGESE (Lecce), MARCOR (Francia), GABRIELA MORAWETZ (Francia), MAURIZIO MUSCETTOLA(Lecce), ALESSANDRO PASSARO (Brindisi), MASSIMO RUIU (Bari), KEISUKE SAGIYAMA & MITSURU TAMATSUKA (Giappone), CHRISTINE SAJECKI (Usa), BATUHAN FUAT YUCE (Turchia), KATJA A. WITT(Germania).
Primo Piano LivinGallery
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GIORNI E ORARI
dal lunedì al venerdì dalle ore 11-13/16-19:30
Molto di moda da qualche anno a questa parte il massaggio ayurveda, la filosofia, la dieta, il pensiero indiano in generale.
Sulle spiagge impazza lo "Shirodara" ovvero il massaggio con la goccia di olio caldo colato sulla fronte ma scopriamo un po' di più di questa disciplina.
L'ayurveda è il nome della millenaria medicina indiana nata molti secoli prima di quella occidentale e che pone al centro dell'essere umano l'essere umano stesso.
Non esiste un rimedio uguale per tutti ma a ognuno il suo rimedio in quanto le cause che portano ad un disturbano possono essere di tipo fisico piuttosto che di tipo psichico.
L'ayurveda (dal sancscrito "conoscenza della vita") attraverso i massaggi, lo yoga, i rimedi naturali (cibi, metalli, pietre, etc.) prevede che esista un vero e proprio medico ayurvedico che visiti il paziente attraverso l'ascolto del polso (la palpazione è completamente diversa dalla nostra), l'analisi anche olfattive di feci e urine, il colore dell'iride, la conformazione della pelle etc., ed in base a questi e ad altri fattori stabilisca quali siano i rimedi appropriati per la persna in esame.
Come detto anche lo yoga ed i massaggi entrano a far parte dei rimedi per la guarigione del malato e da quì si deduce che queste discipline curino nel senso stretto della parola.
La differenza con la nostra medicina è che molto spesso in occidente si cerchi di placare il dolore tramite ansiolitici, antidolorifici o nei casi più gravi, con interventi chirurgici.
Ciò che avviene invece in oriente (e così anche la medicina cinese) è innanzitutto il trattamento di benessere continuato con la prevenzione (corretta alimentazione e stile di vita fisico e mentale) e una volta che invece la malattia si è accesa si parla di disintossicazione e di riequilibrio dello stato di salute ottimale della persona.
Se ci si pensa bene questo non è sbagliato.
Quante volte abbiamo preso degli antidolorifici che ci hanno "placato" il dolore (cosa non vera in quanto il dolore non viene percepito ma il problema rimane) ma che si è prontamente ripresentato non appena l'effetto del farmaco si è dissolto?
Alla base della medicina ayurvedica c'è proprio l'eliminazione del male, della causa e non dell'effetto.
Una mente sana, pulita, serena è alla base del benessere anche fisico e da quì ecco che discipline come lo yoga e i massaggi vengono in auto in quanto la mente è rasserenata, rinvigorita e i dolori, non solo fisici, cessano.
Esistono veri e propri trattamenti volti per ogni tipo di problema ma se si deve ricorrere a qualcosa di specifico meglio ricorrere ad un medico ayurvedico in una clinica ayurvedica in India.
Il "Panchakarma " ad esempio è un trattamento ringiovanente e disintossicante che è molto popolare e che prevede un soggiorno di un minimo di 20 giorni dove in questo periodo viene formulata una dieta ad personam, ci si sottopone a massaggi specifici e con oli specifici. Tutto questo è accompagnato da terapie di disintossicazione del corpo come la pulizia delle orecchie, delle narici, degli organi interni tramite purghe, etc.
Lo "Shirodara" fa parte di questi trattamenti. Una goccia di olio caldo fatta cadere di continuo sulla fronte determina un forte stato di rilassamento ed è indicato soprattutto per persone molto stressate.
Solo un medico ayurvedico può però determinare la durata di questo trattamento perchè non per tutti è idoneo un massaggio di questo tipo.
Una vacanza in una clinica ayurvedica non solo sarà una nuova esperienza ma vi farà tornare anche più belli, ringiovaniti ed in pace con voi stessi.
Walter Zanca
Walter
Massaggiatore e reflessologo plantare professionista
Massaggi ayurvedici, rilassanti, linfodrenanti, energizzanti, californiani, hot stone, per donne in gravidanza, di bellezza.
Trattamenti di campane tibetane.
telefono 349.4487760
Decretati i vincitori del Premio Arte Flyenergia 2013 il 6 giugno presso la Galleria Deodato Arte, in via Pisacane 36 a Milano, in una serata speciale a cui hanno partecipato i 15 finalisti del concorso internazionale.
Il tema del Premio era l’ENERGIA, il core business dell’azienda partner dell’iniziativa, Energetic Source Group Flyenergia.
Nella galleria erano presenti le 15 opere arrivate in finale e la Giuria Tecnica, presieduta dal critico-curatore d’arte Gian Ruggero Manzoni e che ha visto fra i giurati Marco Giorgi, Amministratore Delegato di Flyenergia e del Gruppo Energetic Source, l’artista Omar Galliani, ospite d’onore e testimonial del Premio, Luca Renna, critico d’arte e gallerista, Lee du Ploy gallerista di Hong Kong e Paolo Antinucci storico dell’arte.
A fare gli onori di casa, Elisabetta Bertellini organizzatrice dell’iniziativa e Deodato Salafia, titolare della Galleria Deodato Arte.
Tre i premi in palio e dunque tre i vincitori:
Per Robert Doisneau - uno dei più grandi maestri della fotografia europea del Novecento- non sembra affatto un problema trattenersi dallo stare in un tempo magro e sgarbato come quello di una Parigi in fiore nella quale è proprio l’ attimo desiderato e non calcolato a sospendersi in una serie di scatti gonfiati da mani, occhi, corpi, espressioni.
“ In una città in cui tutto è in movimento, non è semplice contrastare l’istinto gregario. Bisogna avere il coraggio di piazzarsi in un punto e di restarci immobili: e non per qualche minuto, ma per un’ora buona, magari anche due. Bisogna trasformarsi in una statua senza piedistallo, ed è buffo, in quei casi, vedere fino a che punto si riesca ad attirare i naufraghi del movimento.
« Avrebbe mica un cavatappi? »
« Parla francese? »
« Ha visto per caso un cagnolino bianco con un guinzaglio rosso? »
Rispondo sempre con cortesia squisita, sebbene mi secchi essere disturbato: per vedere bene ci vuole un minimo di concentrazione.
Vedere, a volte, significa costruirsi, con i mezzi a disposizione, un teatrino e aspettare gli attori.
Aspettare chi?
Non lo so, però aspetto.
Io spero sempre, e quando uno ci crede con forza è difficile che qualcuno non finisca per arrivare.
Dopodiché la messa in scena viene improvvisata all’insegna della fugacità. Per essere leggibile, un’immagine deve assumere la forma di uno di quei segni utilizzati fin dalla notte dei tempi dai preti, e solo da poco dalla segnaletica stradale.
Può darsi che tutto questo vi sembri leggermente oscuro.
Si tratta di una deliberata manovra per dimostrarvi quanto possa essere delicata la pratica della fotografia […]“
E’ “Paris en liberté” la mostra che avrà luogo negli Appartamenti Storici del Palazzo Reale della Reggia di Caserta fino al 23 Settembre nella quale saranno raccolte duecento fotografie originali, rigorosamente in bianco e nero, scattate proprio da Doisneau nella Ville Lumière tra il 1934 e il 1991. Gli scatti di sessant’anni di carriera non seguono un ordine cronologico preciso. Sono accostati per temi, per prospettiva , punti di vista e tutti trattengono consuetudini o dettagli riparati da una bellezza senza fissa dimora . Diceva : “ Desidero un mondo di grazia “ oppure “ La bellezza, per commuovere, dev’essere effimera. […]”
Le strade della capitale francese gli suggeriscono un intruglio di figure e luoghi che egli attraversa con occhi disusati separandosi dagli screzi dell’abitudine e che con geniale misura ha interpretato attraverso uno stile fotografico complice, istruito e confidenziale. La natura artistica dei suoi scatti consiste nell’avvicendarsi di uno scenario quotidiano di cui consegna i tratti più comuni servendosi soprattutto della pazienza e del dinamismo che lo contraddistinguono. La fortuna è il tratto casuale a cui l’artista si consegna per guadagnare consistenza in un’attesa che gestisce con invenzione al fine di rendere partecipe lo spettatore di una Parigi che ha vissuto e che tende ad ingrandire valorizzandone l’umanità osservata attraverso una prospettiva piuttosto pragmatica.
L'ultimo incredibile episodio di The Following ha permesso agli spettatori di fare un ulteriore e prezioso passo in avanti per comprendere la psicologia della setta di Carroll e intuire cosa ci si può aspettare dalle prossime puntate.
I seguaci sono stati presentati fin dal primo episodio come un gruppo unito, compatto e assolutamente motivato dal loro leader e dalla sua mission. Ciascuno di loro agisce, però in maniera libera e autonoma. Ogni follower ha un compito ben preciso e un percorso criminoso per delineato da seguire.
Questo è l'esercito di Joe Carroll. Follower pronti a tutto pur di portare a termine il loro compito e ad agire per lo scopo ultimo della setta.
Essendo la serie costruita in flashback, tutte le volte che appare un nuovo seguace e un nuovo pericoloso protagonista viene mostrato allo spettatore come è avvenuto il suo incontro con il serial killer. Molti di loro sono stati affascinati dal Carroll docente universitario e esperto di Poe e della sua poetica, altri lo hanno incontrato in rete e ne sono divenuti seguaci e discepoli, tanto da volerlo poi incontrare in carcere. Nessuno, però, ha mai incontrato o conosciuto gli altri seguaci o almeno il regista fa credere agli spettatori che ogni discepolo ha la sensazione di avere un rapporto unico e particolare con il proprio leader, pur non ignorando la presenza degli altri membri della setta, ai quali sa di doversi interfacciare nel momento in cui gli verrà ordinato o richiesto da Carroll.
Unica eccezione è Emma, che fin dal primo episodio collabora con l'ex coppia di finti fidanzati gay per il rapimento del figlio del serial killer. La donna, anche se non esplicitamente detto, viene identificata dallo spettatore come il braccio destro di Carroll. È la follower più preziosa e più “esaltata”, pertanto, la più pericolosa.
Emma sembra essere il filo sottile e invisibile che collega tutti i follower, l'unica a ricevere informazioni dagli altri e a condividerle con tutti a sua volta, fino all’ ultimo episodio. Da questo momento in poi nella storia e nell'evoluzione della sceneggiatura cambia tutto. Qualcuno tradisce i due ragazzi che sono con Emma nella casa rifugio del New Jersey. La ragazza dopo una breve telefonata scappa dalla porta di servizio insieme con il figlio di Carroll che tiene in custodia e lascia i suoi coinquilini alla loro sorte. I due vengono feriti da agenti dell'FBI e un attimo dopo salvati da altri finti agenti seguaci di Carroll e membri anche loro del gruppo, per poi essere nuovamente lasciati al loro destino e inseguiti dalle forze dell'ordine. Emma, invece, riesce a mettersi in salvo aiutata da altri follower inviati dal serial killer e smette di rispondere al telefono ai due ragazzi.
Il tutti per uno e uno per tutti che sembrava tenere insieme ogni membro della setta di Carroll è sparito. Considerando che nessun seguace disobbedisce al leader della setta e che nessuno di loro agirebbe mai di propria iniziativa, perché Emma ha abbandonato i suoi complici e amici?
Ci sono follow di serie A e follow di serie B, alcuni membri della setta sono sacrificabili, quali? E soprattutto lo hanno saputo fin dall'inizio o sono anch'essi niente altro che vittime dello stesso Carroll?
Tutte domande senza risposta per ora, ma i prossimi episodi saranno certamente da non perdere.
Vorrei sapere perché gli uffici stampa mi chiedono se ho pubblicato la notizia su un giornale cartaceo? soprattutto per disturbi neurologici.
Quello che accade ancora oggi in larga scala, purtroppo, è porre "rimedio" a patologie quali schizofrenia, ansia, esaurimento, panico, etc. con ansiolitici molto forti.
In questo modo si cerca di rasserenare la mente del sofferente.
Sicuramente, in situazioni di dolore acuto, questo tipo di trattamento può aiutare, ma con il passare del tempo provoca danni irreparabili al cervello, non risolvendo così il problema, anzi aggravandolo.
Dalla metà degli anni 60 fino al 1975 la guerra del Vietnam segnò un triste e vergognoso capitolo della storia umana. Una guerra inutile, cruda e prepotente, che si concluse con un massiccio sterminio di esseri umani su tutti i fronti.
I soldati americani, convinti dai media ad arruolarsi per difendere la propria bandiera, non impiegarono molto tempo a rendersi conto che erano diventati macchine della morte per motivazioni assurde e inesistenti.
Uccidere sempre, anche contro la propria morale, e subire per questo amputazioni, crolli nervosi e violenze lasciò in moltissimi di quei marines danni che ancora oggi sono presenti nelle loro vite.
A quel tempo i reparti neurologici e psichiatrici degli ospedali americani si riempirono a dismisura.
Insonnia, incubi, esaurimento nervoso, ansia, panico, schizofrenia e molto altro si impadronirono delle vite dei militari.
Un team di illuminati medici californiani si rese conto che le cure farmacologiche non potevano e non dovevano essere la soluzione.
Si impegnarono così nella ricerca di rimedi meno dannosi e capirono che alcune tecniche di massaggio portavano beneficio ai malati, soprattutto a livello psicologico.
Da qui l'idea di creare un trattamento vero e proprio, ad hoc, per queste situazioni gravi.
Un massaggio creato a tavolino, studiato nei minimi particolari che potesse far riprendere contatto con il proprio corpo e la propria anima, che rilassasse in maniera profonda e lasciasse una luce di speranza in chi riceveva questo trattamento.
Dalle tecniche di massaggio conosciute all'epoca (ayurvedico, shiatsu, thai, svedese, etc.) vennero utilizzate le manovre ritenute più idonee per poter assemblare un trattamento che portasse il ricevente in uno stato di immenso rilassamento fino a fargli dimenticare i danni subiti, le sue ansie, le paure, ridare fiducia e speranza.
Il massaggio californiano nasce così!
Movimenti molto leggeri lungo tutto il corpo, a fior di pelle, ipnotici, lenti, ripetuti diverse volte creano uno stato di sonno-non sonno tipico degli alti stati di meditazione.
Chi riceve questo tipo di trattamento non resiste al desiderio di lasciarsi andare, abbandonarsi al riposo mentale, al sonno della ragione.
Ciò che rimane, oltre al profondo stato di rilassamento, è una positiva attitudine verso le proprie situazioni di vita ed emozioni. Certo, i problemi ci sono e rimangono, ma è proprio il modo con il quale le difficoltà vengono affrontati che cambia radicalmente.
Una carica di positività, speranza ed energia non solo mentale, ma anche fisica, aiuta la persona a riprendere in mano il controllo della propria esistenza.
Ancora oggi il massaggio californiano è molto ricercato per i benefici che porta e sono sempre di più i medici, gli psichiatri e gli psicologi che lo prescrivono ai propri pazienti.
Creature di Nerospinto che amate il black humor e volete essere scioccate, deliziate e divertite non potete mancare alla visione di Teenage Machine Age alla Galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea dal 7 Marzo al 4 Maggio 2013.
Non ci sono freni. L’immaginazione il subconscio e l’assurdo invadono il reale, criticandolo, prendendolo in giro ed esasperandolo fino al paradosso: la fantasia rivela la vera essenza delle cose.
Tutto ciò si trova negli spazi di Antonio Colombo Arte Contemporanea che ospitano per la seconda voltaRyan Heshka, artista canadese di area pop surrealista. La mostra Teenage Machine Age ci riporta dove l’ultima sua personale (Ours) ci aveva lasciato.
Heshka continua la sua rivisitazione dell’epoca d’oro della Science Fiction immaginando un universo fantastico popolato da pin-up, computer futuristici, automi di latta e mostri umanoidi, attraverso l’esplorazione di scene surreali e di ricordi offuscati, mescolando il tutto con vaghi cenni a temi universali.
L’uso e l’abuso della tecnologia, la folle corsa dell’umanità per sfuggire alla noia, l’intrecciarsi del mondo artificiale creato dall’uomo con l’ambiente naturale, lo spirito commerciale impazzito. Tutti questi temi trovano la loro dimensione in dipinti su tavola dai colori primari accesi e raffinati disegni su carta, di piccole e grandi dimensioni.
Il suo stile risente del linguaggio visivo e naïf dei fumetti, delle copertine di giornali scandalistici, dei volantini pubblicitari, dei B-movie d’antan, delle atmosfere retrò del genere Steampunk, e delle vecchie affissioni…. così che la cultura consumistica del passato finisce per rispecchiare la cultura altrettanto consumistica del giorno d’oggi. L’utilizzo di ritagli di vecchie riviste, di una finitura molto lucida per i lavori su tavola, di carte ingiallite per quelli su carta e l’uso di cornici vintage accentuano il fascino di vissuto di questi lavori.
L’impressione finale è quella di un mondo tecnologicamente avanzato che vive in uno spericolato sogno adolescenziale, patinato da colori rassicuranti e texture seducenti.
Maggiori informazioni sul sito dell’artista http://www.ryanheshka.com/
Inaugurazione giovedì 7 marzo alle ore 18.30
La mostra resterà aperta fino al 4 maggio 2013 da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00 – sabato dalle 15.00 alle 19.00
Ingresso libero
Informazioni al pubblico:
Galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea: 0229060171; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
La Naturopatia in Italia ha iniziato a farsi conoscere da alcuni anni, pochi, a differenza di altri paesi, come Francia, Germania, Svizzera e Inghilterra, in cui al bisognoso di cure vengono presentate varianti e alternative di come si possa intervenire su uno stato di “squilibrio” (ebbene sì, non ho usato volontariamente la parola "malattia”, capirete più avanti il perché).
Circa due anni fa ho intrapreso questo percorso di studi che spesso, quando viene citato, suscita nelle persone curiosità, attrazione e, qualche volta, un bel punto interrogativo sul volto.
La scelta di dedicarmi allo studio di discipline naturopatiche nasce da una sorta di desiderio ad approfondire il percorso di crescita personale, intrapreso consapevolmente quattro anni fa, per individuare un approccio alla Vita che dia strumenti e occasioni per affrontarla in modo sereno, responsabile e consapevole.
Con il termine Naturopatia (termine coniato nel XIX secolo da Benedict Lust), si intende l'insieme delle discipline che si occupano della salute psicofisica e spirituale dell'individuo in relazione all'ambiente in cui vive, tenendo presente tutti i fattori della globalità che intervengono nella vita di ognuno di noi. Suggerire corretti stili di vita, personalizzati, che possano conservare lo stato naturale di benessere è, a mio parere, uno dei punti basilari che un operatore olistico ha da tener presente in ogni situazione.
Ogni volta che intervengo su qualcuno, o semplicemente una persona chiede aiuto, tra le prime domande che mi pongo per collaborare alla risoluzione del problema c'è il perché di tale stato, quali segnali e cosa sta esprimendo il corpo tramite il suo stato di salute.
Il Causalismo è fondamentale per proseguire l'indagine naturopatica, così come lo sono Vitalismo, Naturalismo e Olismo che non sono altro che i principi base di questa disciplina.
Ma cosa sono questi termini così poco usati nella dialettica comune?
Vitalismo:
In noi vive una forza che ha dell'incredibile, un dono che la Vita stessa ci ha fornito, la Vis Medicatrix Naturae, un principio di autoregolazione e autoguarigione che permette al corpo di tendere naturalmente all'omeostasi, ovvero all'equilibrio.
Naturalismo:
Noi, in quanto Esseri, facciamo parte della Natura stessa, seguendo le Leggi della Natura permaniamo in uno stato di armonia con essa, manteniamo equilibrio e stabilità applicando i principi naturali (approccio tipico della medicina tradizionale cinese e indiana).
Olismo:
Da "Olos", Tutto come Intero, Unità, Uno, termine coniato da Jon Smuts nel suo libro "Holism and Evolution". Olismo è principio che indica che tutto è Uno, ci suggerisce che la Natura produce interi dalle totalità più complesse, nuove, e con qualità non prevedibili dalle caratteristiche delle singole parti.
Un esempio semplice ed efficace. L'acqua, H2O, ovvero Due gas, idrogeno e ossigeno originano l'acqua in base a legami, combinazioni. I Legami sono fondamentali in Natura.
Abbiamo un'alleata, che ben pochi conoscono o tengono in considerazione, la Vis Medicatrix Naturae, tendenza all'equilibrio che è naturale in noi, perché Siamo naturalmente sani se applichiamo Leggi di Natura.
E' importante prendere consapevolezza che noi tutti, al di là delle separazioni fisiche che possiamo constatare, abbiamo tutti una stessa origine da una matrice unica, quell'Uno che è tutto come Intero e che è alla base del principio olistico su cui si basa la Naturopatia.
Ogni singola azione che compiamo, pensiero, parola, interviene sulla nostra esistenza e su quella di chi ci circonda.
Trovo tutto ciò estremamente affascinante: c'è un aspetto sacrale della Vita che emerge in ogni singolo istante che viviamo, che ci responsabilizza e fa sì che quanto accade sia ottima occasione per prendere consapevolezza di quanto noi siamo protagonisti e direttamente responsabili delle nostre scelte, decisioni e manifestazioni.
La Naturopatia è il futuro che si intreccia con la tradizione; le scoperte recenti degli ultimi decenni sulla fisica quantistica stanno contribuendo a nuove scoperte, molte delle quali, a dirla tutta, a livello filosofico sono già state segnalate e indicate in testi antichi, da quelli vedici a quelli platonici, da tradizioni come quella tolteca e quella essena. Sorprendente è osservare come la visione scientifica si stia riconciliando con quella filosofica, risanando la profonda frattura avvenuta in epoca moderna con Cartesio e la formulazione della teoria del dualismo rappresentato dalla separazione tra Res Cogitans e Res Extensa.
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