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“Locanda”: che piacevole termine della lingua italiana. Se ne tralascio il vero significato, mutato nei secoli, da albergo di lusso nel 700, al più recente, modesta trattoria con alloggio, e lo abbraccio in modo affettivo mi scalda il cuore. Mi sa di caldo, accogliente, semplice e popolare, famigliare e amichevole. Tra tante, troppe, parole straniere che ormai fanno parte del mondo della ristorazione, “Locanda” mi è particolarmente caro.

Milano d’estate non si ferma e nemmeno l’arte. La Triennale di Milano e il Triennale Design Museum, infatti, resteranno aperti per tutto il mese di agosto, giorno di ferragosto compreso, per dare la possibilità a tutti i cittadini e turisti di visitare un pezzo storico della Milano contemporanea, che regalerà a tutti i suoi visitatori emozioni da non perdere.

Con un unico biglietto, al prezzo di 10 €, sarà possibile visitare tutte le mostre presenti all’interno del museo, dal martedì alla domenica con orario continuato dalle 10:30 alle 22:00. La vera chicca dell’Estate è però il DesignCafè all’Aperto, che tutti i giovedì sera, prolungherà la sua apertura fino alle 23:00.

Le mostre all’attivo saranno praticamente tutte, con la Settima Edizione del Triennale Design Museum, la mostra dedicata alle Icone del Design Italiano, la No Name Design e la Mostra Nazionale Italiana del Design 2014.

Non mancheranno, inoltre, le sezioni dedicate agli amanti dell’architettura e della fotografia, con mostre importanti come quella di  Paulo Mendes da Rocha, Ri-Formare Milano e 2004-2014, Opere e Progetti del Museo di Fotografia Contemporanea e così ancora molte altre sorprese tutte da scoprire.

Ricordiamo, inoltre, che all’interno della Triennale di Milano è presente l’unico padiglione di Expo 2015 all’interno della città: l’Arts and Foods, che racconta il rapporto tra arte e cibo e “documenta gli sviluppi e le soluzioni adottate per relazionarsi al cibo, dagli strumenti di cucina alla tavola imbandita, dalle articolazioni pubbliche di bar e ristoranti ai mutamenti avvenuti in rapporto al viaggio”, accessibile con lo stesso biglietto di EXPO MILANO 2015.

Triennale di Milano Viale Alemagna, 6, 20121 - Milano.

Come raggiungerla: Metrò, linee 1 e 2, fermata Cadorna-Triennale Autobus, linea 61, fermata Triennale BikeMi, stazione 33.

Prezzo Biglietto Unico: 10€

website: http://www.triennale.org/

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Dal 22 gennaio per un mese, alla Triennale di Milano è in programma la mostra "Razione K", un progetto di Giulio Iacchetti con la collaborazione grafica di Massimo Pitis. Nell'anno di EXPO Milano 2015, che avrà come tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita, la Triennale propone una riflessione sull'alimentazione dei militari, portando l’attenzione sulle Razione K, particolari confezioni alimentari inventate dei coniugi Keys (da cui la sigla "kappa"), che durante la Seconda guerra mondiale ha sfamato i soldati in situazioni d’emergenza. Veri e propri oggetti di studio per il mondo del design, questa razioni rispondono a precisi parametri progettuali e funzionali: minimo ingombro, attenzione per i dettagli, per le forme, per i codici colore, ma anche per il rendimento energetico e calorico.

Attraverso una selezione di casi esemplari, la mostra presenta le varie tipologie di queste razioni, diversamente sviluppate da ciascun esercito, e, contemporaneamente, racconta come si sostengono i militari quando sono impegnati sul fronte e in situazioni estreme.

Il curatore della mostra, Giulio Iacchetti, dice, spiegando come sia necessario un ritorno al valore dell’essenzialità come chiave per affrontare situazioni precarie: «Sono tutte contraddistinte da un’estrema essenzialità in termini di dimensioni, che si traduce in un packaging perfettamente idoneo al trasporto nello zaino. Questa piccola mostra vuole consegnare ai futuri visitatori dell’Expo 2015 uno sguardo inedito su questo particolare modo di pensare, e di progettare, il cibo.»

 

dal 22 gennaio al 22 febbraio

Razione K Il pasto del soldato in azione

Orari: Martedi - Domenica 10.30 - 20.30 Giovedi 10.30 - 23.00

Ingresso: Libero

Triennale di Milano Viale Alemagna, 6 20121 - Milano Tel. 02/724341 www.triennale.org

 

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Dopo il successo di Roma la Triennale di Milano, fino al 15 giugno, ospita la mostra “La Rai racconta l'Italia” per celebrare i suoi 60 anni di televisione e i 90 anni di radio.

 

 

Era il 3 gennaio del 1954 quando Fulvia Colombo, prima annunciatrice, comunica l'inizio delle trasmissioni televisive della RAI.

La televisione diventava uno strumento di aggregazione ed unificazione in un paese che usciva distrutto da una lunga guerra e si presentava linguisticamente diviso al suo interno; programmi come “Non è mai troppo tardi” condotto dal maestro Alberto Manzi rappresentarono il primo grande lavoro di alfabetizzazione mentre varietà e quiz come “Un due e tre”, “Il Musichiere”, “Canzonissima” o “Lascia o Raddoppia” alimentarono e successivamente si sedimentarono nell'immaginario italiano attraverso i volti di personaggi indimenticabili come Mike Buongiorno, Mina, Enzo Biagi.

I primi telegiornali, “La domenica sportiva”, gli sceneggiati, la tv per ragazzi, senza dimenticare il Festival di Sanremo, fino ad allora diffuso solo in radio e trasmesso per la prima volta nel 1955, e ancora “Carosello” nato nel 1957, la testimonianza di fatti di cronaca, di cultura, di politica che hanno segnato l'identita del nostro paese, tutto questo ha fatto della Rai un pilastro fondamentale della storia italiana tanto da essere considerata un vero e proprio patrimonio nazionale.

“La Rai racconta l'Italia” è al tempo stesso un viaggio nella storia del servizio pubblico radiotelevisivo italiano e un percorso nel mondo fantastico, sognato, e perchè no, anelato, degli spettatori che attraverso la televisione e la radio hanno condiviso sentimenti e si sono ritrovati a partecipare tutti insieme a quel processo di crescita culturale e sociale che la mostra intende far rivivere al pubblico, coinvolgendolo in maniera attiva e non limitandosi a fornire uno sterile dettato degli eventi e dei personaggi.

I ricordi più significativi, in cui i visitatori saranno immersi, attraversano le nove diverse sezioni che vanno dalla cultura alla politica, dalla scienza allo sport e sono curati da noti personaggi: Andrea Camilleri, Bruno Vespa, Piero Angela e Bruno Pizzul.

Uno studio televisivo degli anni settanta, una sezione dedicata ai costumi di scena, il manoscritto dell’Albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, due sezioni appositamente create per la città di Milano ovvero “La Domenica Sportiva”, trasmissione considerata tra le più longeve ed ancora oggi in onda, e il laboratorio di fonologia musicale di Milano, arricchiscono la mostra insieme a documenti d'archivio, documenti audiovisivi e fotografie d'epoca.

Anche la radio ha il suo spazio con una sezione a lei dedicata in cui le voci dei protagonisti ne narrano la storia e a cui si aggiungono materiali inediti.

Quello della mostra è un cammino che parte dal passato, attraversa il presente e si proietta inevitabilmente nel futuro per rispondere alla necessità di una comunucazione e di una informazione che siano in grado di reagire alle nuove sfide a cui il mondo dei media non può sottrarsi.

Era il 27 agosto del 1924 quando si costiuisce l'Unione Radiofonica Italiana e dopo 90 anni la Rai, Radiotelevisione italiana, è ancora la voce delle storie degli italiani e degli eventi del mondo.

 

 

 

"1924–2014 – La RAI racconta l'Italia"

29 Aprile. 15 Giugno 2014.

Triennale di Milano

 

Martedi - Domenica 10.30 - 20.30

Giovedi 10.30 - 23.00

Ingresso Libero

Mercoledì 26 marzo dalle ore 14.00 si terrà un seminario da non perdere presso la Triennale di Milano: “Inside the white cube”.

Johan & Levi editore in collaborazione con la Triennale di Milano e NABA - Nuova Accademia di Belle Arti presentano questo imperdibile appuntamento dedicato a Brian O’Doherty a cura di Luca Cerizza e Eva Fabbris.

Il titolo prende il nome dai saggi stessi dell'artista e intende ripercorrere e discutere i diversi aspetti della sua variegata produzione attraverso una somma d’interventi da parte di studiosi, critici d’arte e artisti. Le riflessioni affronteranno le innumerevoli attività a cui O’Doherty si dedicava. Un professionista a tutto tondo, soprattutto per quanto riguarda la traduzione e diffusione delle sue posizioni teoriche. Sarà inoltre presentato un affondo storico e critico su esperienze italiane e internazionali che hanno incorporato e ridiscusso le problematiche connesse al “white cube”.

Figura straordinariamente poliedrica, Brian O’Doherty ha lavorato sotto diverse identità spaziando in differenti campi di creatività e comunicazione. La sua carriera di artista, spesso condotta come Patrick Ireland, il più fecondo tra i suoi cinque alter ego, lo ha portato a farsi conoscere ed apprezzare in numerose esposizioni collettive e personali (come nel caso della retrospettiva al PS1 di New York nel 1993). Come critico, saggista e editor ha lavorato per il New York Times e Art in America ed è stato guest-editor della rivista americana Aspen, di cui ha curato il doppio numero 5+6 che presentava contributi di Roland Barthes, Samuel Beckett, John Cage, Sol LeWitt, Susan Sontag e tanti altri. Ha inoltre ricoperto l’importante ruolo istituzionale di direttore del settore delle arti visive del National Endowment for Arts, l’agenzia federale statunitense di finanziamento alle arti, che sotto la sua direzione ha sostenuto l’attività degli spazi espositivi alternativi newyorkesi.

Il seminario comincerà alle ore 14.00 di mercoledì presso il Salone d’Onore della Triennale di Milano. Durante l’incontro interverranno Celine Condorelli (artista e architetto, NABA - Nuova Accademia di Belle Arti Milano), Patricia Falguières (professore associato all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi e curatrice della traduzione francese di Inside the White Cube), David Lamelas (artista), Paola Nicolin (storico dell’arte contemporanea, Università Bocconi, Milano)e Marco Scotini (curatore e Direttore Dipartimento Arti Visive di NABA - Nuova Accademia di Belle Arti Milano).

Saranno presentati inoltre contributi video di Fabio Sargentini e Brian O’Doherty.

Indira Fassioni

INFO:

Triennale di Milano - viale Alemagna 6, Milano

tel. 02.724341

Orari di apertura

Martedì - Domenica 10.30 - 20.30

Giovedì 10.30 - 23.00

Lunedì chiuso.

La biglietteria chiude un’ora prima delle mostre.

 

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Nasce Milano Green Point,  un  luogo di formazione, confronto, approfondimento, crescita e discussione, che raccoglie l’esperienza trentennale del landscape architect Patrizia Pozzi. 150 mq situati nel cuore della vecchia Milano (Porta Venezia), al numero 3 di via Frisi. Al loro interno un luogo di produzione e progettazione del paesaggio, un’officina aperta, un laboratorio di idee, con uno spazio anche per la ristorazione e una libreria internazionale con testi di agronomia, botanica e landscape contemporaneo.

 

Milano Green Point propone corsi, tavole rotonde, incontri, workshop dedicati al rapporto tra natura, architettura, arte, paesaggio, territorio ecc.

Primo appuntamento: workshop "Abitare la Natura: Nuove Visioni" (dal 3 al 7 giugno 2013), rivolto a professionisti provenienti da formazioni diverse (fotografi, esperti di lettere e cinema, pianificatori, agronomi, paesaggisti, architetti) curato da Patrizia Pozzi con The Flat Massimo Carasi. L’iniziativa, legata al Master Paesaggi Straordinari diretto da Elisabetta Bianchessi e Marco Scottini,  rientra all’interno del programma formativo di Naba-Nuova Accademia di Belle Arti di Milano e del Politecnico di Milano.

Obiettivo del workshop è avvicinare e sensibilizzare i progettisti al mondo della Natura e dell’Arte. Il sito scelto per la realizzazione del progetto è l’area davanti alla Triennale di Milano, dove nel 2003 Giuliano Mauri creò la grande volta Zenobia, oggi distrutta. Ai professionisti è stato chiesto di pensare a uno “spazio” partendo dall’osservazione dell'elemento naturale, per poi trasformarlo, attraverso il progetto, in architettura di uno spazio aperto. Un luogo visibile da più punti di vista. Fruibile a diverse velocità. Vivibile come zona sedentaria o di passaggio, che può trasformarsi per effetto degli elementi naturali utilizzati e persista nel tempo, nel rispetto dei ritmi della natura.

Il corso ha previsto la partecipazione di alcuni artisti contemporanei quali Giuliano Mauri, attraverso la testimonianza della nipote Francesca Regorda responsabile dell’Archivio, dello scultore Simon Benetton e di Filippo Armellin, artista emergente e fotografo che espone in questi mesi alcuni suoi lavori alla Galleria The Flat.

 

 

Milano Green Point contatti:

Patrizia Pozzi con  Maddalena Boatto, Sabina Chiodi, Roberta Natali, Tiziana Ronchi

Via Paolo Frisi 3, 20129 –Milano Tel | Fax: 02 7600 3912 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. www.patriziapozzi.it

Blog  http://paesaggi-design.blogautore.repubblica.it

Comunicazione e Ufficio Stampa Alessandra Pozzi  Tel 3385965789. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

Quando si parla di Gae Aulenti è immediato il collegamento con Milano, l’architettura, il design, la razionalità tipica di chi fa del proprio lavoro la propria vita. Ambrosiana di adozione, Gae Aulenti, studia alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, luogo dove entra in contatto con alcune personalità determinanti per la sua carriera, uno su tutti Ernesto Nathan Rogers, anch’egli architetto, che lei stessa definisce il suo mentore, o meglio, suo “padre” accademicamente e professionalmente parlando. La sua ricerca stilistica si spinge oltre il razionalismo tipico del dopoguerra per aspirare al neo liberty: insieme ad altri architetti e designer in quegli anni realizza attraverso un utilizzo figurato delle forme, sia gli allestimenti per la XIII Triennale di Milano del ’64, sia svariati arredamenti durante gli anni Settanta. In un ambiente fortemente maschilista, Gae Aulenti emerge per le sue indiscusse abilità, per la sua innata capacità di giungere a soluzioni funzionali ed esteticamente apprezzabili. É una donna “Severa, e rigorosa, maschile nei tratti, i capelli tagliati come quelli dell’Auriga di Delfi. La “ magicienne des formes”, come la chiamano in Francia, miscelatrice di simmetrie e asimmetrie. La “pendolare del bello”, secondo un’altra etichetta, l’architetto della ragione, è una donna insieme aspra e cordiale, di semplicità francescana se non claustrale. Se le chiedi qual è il suo odore preferito, quello più inebriante, non ha esitazioni: l’odore del cemento. Il suo punto d’arrivo è la semplicità (“uno dei traguardi più difficili”). Dal particolare al generale, dal cucchiaio alla città era il motto del suo maestro Ernesto Nathan Rogers”, come riporta Laura Laurenzi, giornalista negli anni dell’ascesa dell’architetto. Pioniera in Italia e all’estero, collaborò con Renzo Piano ed altre figure di spicco come Joe Colombo, Marco Zanuso, Gaetano Pesce: realizza diversi pezzi di design per studi milanesi ed entra in contatto con Achille Castiglioni e Pierluigi Cerri. Negli anni centrali della sua carriera si delinea la vera personalità di Gae Aulenti, un architetto che non può prescindere dallo studio dell’arte, della letteratura, del teatro (collabora anche con Luca Ronconi), materie della quali “non può non interessarsi”. La sua ricerca si fonda sulla commistione di ragione ed estro, una fusione profonda tra reale e immaginario, osservazione del concreto e viaggio onirico. Gae Aulenti muore a 84 anni, dopo aver ricevuto diversi riconoscimenti a livello italiano ed internazionale. Rimane un simbolo di genialità ed emancipazione, noi di Neropsinto non possiamo che amarla.

Per riassumere il suo pensiero ecco una delle sue citazioni più sentite, il suo modo di vedere la sua professione, grande amore e passione della sua intera esistenza:

«L’architettura nella quale mi piacerebbe riconoscermi deriva da tre capacità fondamentali di ordine estetico e non morale. La prima capacità è quella analitica nel senso che dobbiamo saper riconoscere la continuità delle tracce urbane e geografiche sia concettuali che fisiche, come essenze specifiche dell’architettura […]. La seconda capacità è quella sintetica cioè quella di saper operare le sintesi necessarie a rendere prioritari ed evidenti i principi dell’architettura, in grado di contenere qualsiasi variazione e cercando di allontanare così dal progetto quel tanto di arbitrario che esso naturalmente possiede. La terza capacità è quella profetica, propria degli artisti, dei poeti, degli inventori. Se la tradizione di una cultura non è qualche cosa che si eredita passivamente, ma qualche cosa che si costruisce ogni giorno, questa terza capacità non può che essere una aspirazione. Una aspirazione a creare un effetto di continuità della cultura, a costruire le sue forme e le sue figure, con un contenuto personale e contemporaneo.»

Uovo Performing Arts, il festival più disubbidiente di tutti quelli dedicati alle performing arts, ritorna dal 20 al 24 Marzo alla Triennale di Milano. Giunto ormai alla sua undicesima edizione, anche quest’anno non mancherà di stupire, appassionare, coinvolgere, commuovere il proprio pubblico. Il Palinsesto del Festival, infatti, pregno delle più emozionanti e disparate performance, presenterà, come di consueto, rappresentazioni di artisti acclamati a livello internazionale, confermando la propria vocazione internazionalistica e legata alle forme più inconsuete di questa’arte. Mercoledì 20 Marzo, Jérôme Bel (FR), già apprezzato dal pubblico di Uovo nelle precedenti edizioni, presenterà, in prima Nazionale, Disabled Theater, messa in scena dal tono provocatorio e spiazzante, realizzata accanto agli attori professionisti portatori di disabilità mentali e sindrome di Down del Theater HORA di Zurigo. Sarà proprio la diversa percezione temporale e fisica della realtà degli attori, completamente discordante con quella del pubblico, a creare una rappresentazione straordinaria, capace di mettere in crisi il fruitore, proprio per le suddette differenti percezioni. Uovo 2013, presenta un appuntamento fruibile da uno spettatore alla volta: Strasse, collettivo nomade di artisti con base a Milano, propone il progetto Drive_IN #5, viaggio in macchina per le strade della città di notte. Lavoro di fusione tra la messa in scena teatrale e quella cinematografica, Drive IN trasforma la città in un palcoscenico, portando il telespettatore in un universo cittadino a metà tra la realtà e la percezione extrasensoriale. Giovedì 21 Marzo Alessandro Sciarroni propone “FOLK-S, Will you still love me tomorrow?”, rivisitazione dello “Schuhplatter”, danza di corteggiamento folkloristica bavarese e tirolese. I movimenti dei performer, forniranno uno spettacolo dai tratti festosi, ma parallelamente tristi, ricordanti il martirio. Battiti delle mani e dei piedi vengono sovvertiti, provocando un profondo mutamento della danza folkloristica, fornendo una trasposizione quasi moderna della tradizione alpina. Ancora Giovedì, con N-esimo Progetto Fallimentare della compagnia QuaLiBò, Maristella Tanzi e Carlo Quartararo propongono una rappresentazione autoironica di metateatro della vita di una compagnia teatrale, dei sacrifici necessari per la messa in scena di uno spettacolo, del processo di creazione dello spettacolo stesso. Venerdì 22 Marzo appuntamento con “Dialogo su Forsythe” in cui si affronteranno alcuni dei temi fondanti del lavoro di uno dei più importanti coreografi viventi, William Forsythe, tornato in Italia dopo dieci anni di assenza con la sua Forsythe Company. La compagnia Barokthegreat, basandosi su un’idea di espansione psicofisica e sull’idea di coincidenza tra finzione filmica e realtà, propone “L’attacco del clone”, rappresentazione del tutto inedita di un viaggio alienante basato sul meccanismo di imitazione e clonazione. Con “La Sagra della Primavera, Paura e Delirio a Las Vegas” , Cristina Rizzo dà vita al suo spettacolo basandosi sulle musiche di Stravinskij. Sabato 23 Marzo, basandosi sull’immaginario di Hieronymus Bosch, Giorgia Nardin metterà in scena “All dressed up with nowhere to go”, uno spettacolo imperniato sulla ricerca del rapporto tra bellezza e brutalità, alternando immagini mostruose a rappresentazioni fantastiche di figure tragiche. Ancora Sabato, Cecilia Bengolea (FR/AR), François Chaignaud (FR), Trajal Harrell (US), Marlene Monteiro Freitas (PT), in uno straordinario “Ménage à quatre”, insceneranno (M)IMOSA aka: “Looks or Paris is Burning at The Judson Church”, costruita intorno alla domanda: «Cosa sarebbe successo nel 1963 se qualcuno dalla scena del ballo di Harlem fosse sceso in città per danzare accanto ai primi postmoderni alla Judson Church?». Irriverente spettacolo dedicato al “Voguing” anni ’60, (M)IMOSA inscena una sorta di connubio tra il voguing praticato dalla comunità omo/transessuale afroamericana e la danza postmoderna della Judson Church di New York. Il risultato è una rappresentazione irriverente, spiazzante ma sapientemente riuscita della relazione, secondo molti punti di vista improbabile, tra due modi di esprimere i movimenti corporei agli antipodi l’uno dell’altro. A conclusione del festival, Domenica 24 Marzo, “Love Will Tear Us Apart” performance di Saša Božić e Petra Hrašćanec, darà vita a un’interessante fusione tra la musica New Wave e la danza astratta, invitando lo spettatore ad interrogarsi sul proprio ruolo all’interno dello spettacolo, sul ruolo dello spettacolo stesso come atto artistico e sociale palesando il proprio intento di analisi delle relazioni umane. Con “This is not a Love Story”, infine,  Gunilla Heilborn rivisita l’estetica del Road Movie, inscenando una storia infinita, che si ripete di continuo, tramite i protagonisti, Kowalski e Vera e le loro         interruzioni sarcastiche, le loro allusioni, i loro riferimenti satirici.

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