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In esclusiva allo spazio Oberdan della Fondazione Cineteca Italiana dall'11 al 16 novembre verrà proiettato Treno di parole che racconta la figura di Raffaello Baldini, poeta e drammaturgo, seppur poco conosciuto al pubblico viene considerato dai critici uno tra i massimi poeti dell'ultimo Novecento.

“Il corpo umano” è il secondo romanzo di Paolo Giordano che vede la vita a quattro anni di distanza dal suo primo grandissimo successo vincitore del Premio Strega e del Premio Campiello, “La solitudine dei numeri primi”. Mentre il romanzo del 2008 era una storia intima tra un uomo e una donna, il romanzo che ora viene proposto è stato studiato e concepito solo dopo una visita nel 2010 da parte dello stesso Giordano nel distretto del Gulistan, in Afghanistan, alla FOB Ice, e descrive le vite di alcuni soldati e ufficiali inviati in terra nemica per una missione di pace. Il libro è diviso in tre parti e racconta i diversi momenti della vita dei personaggi che decidono di partire per il fronte: prima, durante e dopo la guerra. Dopo la carrellata di presentazioni dei vari protagonisti la scena viene spostata direttamente in territorio bellico, alla FOB, dove vengono vissuti momenti di spensieratezza, di noia, di riflessione. Il libro mantiene un tono pacato, talvolta lento per tutta la durata dei primi due terzi del romanzo, ma aleggia costante la presenza della guerra, rappresentata da esplosioni udite in lontananza, dalla paura di non sopravvivere alle notti di freddo pungente, dalle incursioni di carri armati nella zona circostante l’avamposto. Solo nell’ultimo terzo del libro si assiste ad un’impennata di ritmo coincidente con l’attacco sferrato al Lince, un mezzo pesante che i soldati stanno utilizzando per tornare alla pista di decollo per rientrare in Italia. Nell’apparente calma di una gola desertica dove viene sferrato l’attacco perdono la vita cinque ragazzi e un altro uomo subisce uno shock tale da non riprendere più le sue facoltà mentali. La vita dei protagonisti cambierà per sempre. Al di là delle singole vicende credo che il messaggio profondo che ha voluto trasmettere Giordano con questo libro sia l’idea della guerra vissuta nella nostra generazione. Una guerra lontana, dalle motivazioni poco chiare, una guerra che viene intesa come missione di pace, una contraddizione in termini insomma. Il libro di Giordano, nonostante sia ben scritto, non è riuscito ad appassionarmi, forse perchè non l’ho ritenuto coinvolgente, forse perchè racconta una guerra che non mi appartiene, che tuttavia come definisce lo stesso Giordano è, volenti o nolenti, la guerra del nostro tempo. Anche la struttura del libro rispecchia bene questa idea dell’autore: la FOB inizialmente viene descritta come un parco divertimenti, un luogo ricreativo dove sono stanziati i soldati, dove si mangia, si beve, si fanno feste e si intrattengono relazioni personali più o meno intime. Poi dopo l’agguato, l’arrivo della morte, tutto cambia e il gioco della guerra diventa vero. Chi come me non ha vissuto veramente il conflitto bellico sul territorio crede che la guerra sia fondamentalmente un lavoro, una decisione liberamente presa a fronte di una ricompensa in denaro. E troppo spesso si pensa ad essa senza darle il giusto peso, senza pensare che il nostro corpo umano, vulnerabile e delicato, non possa sopportare certe devastazioni. Nonostante questo libro non sia epico, vale davvero la pena di leggerlo perchè porta a riflettere su un problema del nostro tempo, che talvolta viene trascurato, trasformando i soldati in eroi e parlandone solo quando vengono a mancare.

Quante volte siamo rimasti delusi dalla trasposizione cinematografica di libri che amiamo e che ci hanno fatto sognare! Ebbene, a volte capita invece che l’apprezzamento rimanga e se possibile si rafforzi guardando sul grande schermo proprio la storia del libro che ci ha appassionati.

 

Questo è un periodo fortunato per i bei romanzi che finiscono al cinema e ce lo dimostrano due pellicole fiabesche e incantate quali Come pietra paziente e Bianca come il latte rossa come il sangue. Entrambi i film sono molti belli, ovviamente, ognuno a suo modo e con le caratteristiche di essere tratti da due romanzi essenzialmente molto differenti tra loro e scritti da autori che provengono da mondi ed esperienze diversi.

 

Come pietra paziente è la riduzione cinematografica di Pietra di pazienza, lo straordinario romanzo di Atiq Rahimi, vincitore del premio Gouncourt 2008, che firma anche la regia del film. E forse ne garantisce continuità e valore. La trama racconta la forza, l’incanto e l’esistenza di una donna afgana, una donna come ce ne sono tante nella sua terra, ma che diventa straordinariamente simile e “gemella” di tante altre donne occidentali e che vivono in città moderne e metropolitane.

Ai piedi delle montagne attorno a Kabul la giovane protagonista della pellicola accudisce il marito, eroe di guerra, in coma permanente.

La guerra fratricida intanto imperversa in città e porta soldati e combattenti alle porte. La giovane donna è sola, con un marito disabile in casa, e viene costretta all'amore da un giovane soldato.

Un evento che sarebbe dovuto essere drammatico, ma che contro ogni aspettativa fa sì che la donna si apra e prenda coscienza del suo corpo. Accorgendosi di essere sola e non controllata, libera la sua parola per confidare al marito ricordi e segreti inconfessabili.

A poco a poco in un fiume liberatorio tutti i suoi pensieri diventano voce: incanta, prega, grida e infine ritrova se stessa. Così, suo marito, muto e in coma, diventa suo malgrado, la sua "syngué sabour", la sua pietra paziente, la pietra magica che poniamo davanti a noi stessi per sussurrarle tutti i nostri segreti, le nostre speranze e desideri.

Pellicola straordinaria che consiglio a chi ama ancora la favola al cinema.

Questo è un momento storico particolare però e accanto al mondo meraviglioso ritorna prepotente anche il desiderio di un mondo più rivolto all’umanità, al senso profondo e vero della vita. All’importanza di ritrovare noi stessi.

 

E allora, in pendant e in corrispondenza con il film di Atiq Rahimi ecco arrivare sugli schermi Bianca come il latte rossa come il sangue, pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Alessandro D’Avenia.

Il film che nelle intenzioni del regista Giacomo Campiotti doveva chiaramente rivolgersi a un pubblico di teenager, è riuscito in realtà a conquistare anche il pubblico dei genitori degli stessi, diventando una delle pellicole più viste nella prima metà del mese di aprile. Scena dopo scena la commedia si trasforma in dramma, i temi diventano importanti e universali. L’amore, ma anche la malattia e la morte. Gli amici, ma anche la famiglia e la società. La vita merita di essere vissuta sempre anche quando apparentemente è solo una perdita di tempo.

Film da vedere assolutamente. Possibilmente genitori con figli.

 

 

Scatolabianca è una realtà riconosciuta a livello nazionale, rivolta alle Arti Contemporanee, alla formazione e alla cultura. Opera con frequenza sempre più crescente in tutto il territorio e in importanti capitali europee e internazionali. Ha come protagonisti la critica e curatrice Martina Cavallarin direttrice artistica di scatolabianca, Federico Arcuri Art Director, Roberta Donato PR &comunicazione, l’artista Gianni Moretti Coordinamento progetti.

Via Curiel 8 è un film d’animazione che nasce dalla collaborazione delle autrici e illustratrici Mara Cerri e Magda Guidi: un cortometraggio in animazione della durata di 10 minuti. La storia del film è tratta dal libro illustrato Via Curiel 8 di Mara Cerri, pubblicato nel febbraio 2009 dalla casa editrice romana Orecchio Acerbo e descritto sulle pagine della rivista “Lo Straniero”, diretta dal critico Goffredo Fofi, come “un racconto per immagini armonico e speculare. Di grande economia e di massima tensione simbolica, secondo un’idea di magico oggi sempre più rara, per via della sua delicatezza e profondità e della sua capacità di andare oltre il reale verso un’idealità insolita”.

Il film è una co-produzione franco-italiana ed è stato realizzato secondo la tradizionale tecnica del cinema d’animazione: più di 4000 disegni originali, dipinti a mano nell’arco di due anni dalle due autrici.

Come descritto dal critico cinematografico Federico Rossin, il film è “bello perché fragile, delicato come un sogno, misterioso come una visione, leggero come una folata di vento, malinconico come una carezza ricordata”. “La seconda volta che ho visto il film mi sono fatto prendere dai buchi narrativi, da tutto ciò che non dite, non mostrate, non raccontate. E la testa parte davvero a costruire infinite altre immagini, a cercare ai lati dello schermo quello che non c’è, a immaginarsi cosa è accaduto/potrebbe accadere/non accadrà mai”: così descrive le sue sensazioni Emilio Varrà, presidente dell’Associazione Culturale Hamelin di Bologna.

La mostra rimarrà fino al 5 aprile 

Sono esposti numerosi disegni originali che compongono il corto, selezionati e disposti in sequenze progressive che svelano e raccontano il movimento dei personaggi nelle sbavature e nella stratificazione del colore, alcune pitture in tecnica mista su tavola che ritraggono e rielaborano personaggi e scene del film e a coronamento della mostra viene proiettato in loop il film Via Curiel 8, nella sua versione definitiva.

Mara Cerri nasce a Pesaro nel 1978. Si diploma all’Istituto Statale d’Arte/Scuola del Libro di Urbino, nella sezione Cinema d’animazione, e frequenta successivamente il Biennio di Perfezionamento in Cinema d’animazione. Nel 2003 inizia a lavorare come illustratrice di libri per ragazzi, collaborando con diverse case editrici italiane (Orecchio Acerbo, Fabbri, El, Emme, Carthusia, Fatatrac) e straniere (Grimm Press, Milan). Espone presso le biennali internazionali d’illustrazione di Bologna, Bratislava e Lisbona. Pubblica i suoi disegni su riviste e quotidiani, tra cui Il Manifesto, Internazionale, Carta. Nel 2008 riceve il Premio “Lo Straniero”, assegnato dall’omonima rivista di arte, cultura e società diretta da Goffredo Fofi, con la quale ha un rapporto continuativo. Collabora con l’agenzia americana Riley Illustration, realizzando illustrazioni per riviste e pubblicità.

Sempre nel 2008, inizia a lavorare a Via Curiel 8, la storia per un albo illustrato di cui è autrice unica (illustrazione e testi) e che sarà pubblicato dalla casa editrice Orecchio Acerbo nel febbraio 2009. Nel frattempo, realizza un progetto filmico dallo stesso soggetto, che vince il Premio della Giuria e il Premio Arte France al prestigioso Festival d’Animazione di Annecy (Francia).

Dal settembre 2009 al settembre 2011 collabora alla realizzazione del film con l’autrice di cinema d’animazione Magda Guidi, realizzando più di 4000 disegni dipinti a mano. Nel dicembre 2011, il film Via Curiel 8 vince la sezione Corti Italia del Torino Film Festival. Ha realizzato il video per lo spettacolo di teatro danza “You and me and everywhere”, una collaborazione con la regista performer Mara Cassiani . Lo spettacolo ha visto il suo debutto durante il Festival Santarcangelo dei Teatri 2012, con il sostegno di AMAT e L’Arboreto-Teatro Dimora.

Magda Guidi nasce a Pesaro nel 1979. Si diploma all’Istituto Statale d’Arte/Scuola del Libro di Urbino, nella sezione Cinema d’animazione e frequenta, successivamente, il Biennio di Perfezionamento in Cinema d’animazione. In seguito realizza alcuni cortometraggi animati, selezionati in numerosi festival italiani e internazionali: Sì, però... (2000) 2° premio al Pesaro Film Festival del (sezione “L’attimo fuggente”) e 2° premio a Videocinema di Pordenone del 2001; “Nuova identità” (2003), videoclip per la band italiana Tre allegri ragazzi morti, premio della giuria a Videozoom di Tornaco (NO) 2003; Ecco, è ora (2004), gran premio “Castelli Animati” di Roma 2004.

Nel 2005 disegna una sequenza in animazione per il cortometraggio "Il nano più alto del mondo", diretto da Francesco Amato e prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Nel 2009, insieme ad Andrea Petrucci e Sergio Gutierrez, realizza un film d’animazione di 45 minuti per lo spettacolo teatrale L’ultima volta che vidi mio padre, per la regia di Chiara Guidi (Socìetas Raffaello Sanzio).

Camilla Falcioni nasce a Bournemouth (GB) nel 1976. Si laurea in Conservazione dei Beni Culturali all’Università degli studi di Bologna, sede di Ravenna. Dal 2004 al 2009 coordina l'ufficio di Pesaro di Arthemisia, societa' leader nell'ideazione e produzione di mostre ed eventi culturali.

Dal 2010 è responsabile dell’ufficio stampa e promozione di Fondazione Pescheria-Centro Arti Visive di Pesaro. Si occupa di organizzazione eventi e convegni e collabora con Mara Cerri e Magda Guidi da gennaio 2012.

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Se vuoi scriverle: direttore@nerospinto.it

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