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A oltre due anni dall'ultimo disco di Mario Venuti, esce Caduto dalle stelle, il singolo che anticipa l'uscita del nuovo album di inediti del cantautore siciliano.

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Esce oggi il singolo “Amami amami”, primo assaggio dell’album “Le migliori” che riunisce Adriano Celentano e Mina.

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Da oggi, martedì 18 ottobre, è disponibile online in nuovo video del singolo di GiorgiaOro Nero”.

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Dal 19 settembre è online il videoclip ufficiale di “Bruciare per te” il nuovo singolo di Elisa.

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Sembrava impossibile, ma i Litfiba sono tornati con il nuovo singolo, in pieno stile rock ‘n’ roll.

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Con l'arrivo dell'estate, ormai nel suo luminoso apice, ritornano i Mau Mau che lanciano un nuovo singolo: Miramare, dove il mare è il ponte tra storie ed esperienze di vite diverse.

La camicia bianca rimane un classico intramontabile, un capo che non passa mai di moda e che la stilista lituana Indra Kaffemanaite, art director del Balossa White Shirt, rivisita continuamente in chiave moderna, versatile ed elegante.

Balossa White Shirt, nato due stagioni fa ed oggi in forte crescita, mira a reinventare un capo così classico, dandogli una nuova espressione di contemporaneità e di tendenza. La camicia bianca è sicuramente sinonimo di semplicità, comodità, originalità ed eleganza e Indra Kaffemanaite, vuole permettere a questo capo di vestire una donna che vive la moda in modo innovativo.

Indra Kaffemanaite ha ideato una collezione Primavera/Estate 2016 in cui reinterpreta i canoni tradizionali con tecniche e costruzioni all’avanguardia, che danno vita a ventisei camicie, adatte a donne che amano osare e spiccare.

Lo stile di Balossa è caratterizzato da giochi di volumi, dettagli audaci, linee grafiche, tagli a sbieco, asimmetrie, drappeggi e ruches. In questa collezione il colletto e le maniche non saranno mai dove vi aspettate di trovarli, in linea con la filosofia di Balossa: “Niente regole e abitudine.”

La designer Indra Kaffemanaite confeziona abiti da quando aveva solo vent’anni, prima ancora del suo trasferimento in Italia, avvenuto nel 2005, che le ha permesso di studiare presso l’istituto per modellisti di Carlo Secoli a Milano e di lavorare per i più grandi nomi della moda come Iceberg, Maurizio Pecoraro, Giambattista Valli e molti altri.

Quest’anno, presenta una collezione dove la manica diventa cintura, la camicia diventa un abito o una canotta, o addirittura una tuta, espressione della libertà di giocare con pregiati e freschi cotoni italiani in un perfetto stile italo-giapponese.

Oltre al bianco, la collezione di Balossa presenta riflessi sui toni dell’azzurro e del rosa, così ogni camicia diventa un must da indossare in diverse occasioni, sopra a jeans, gonne, pantaloni morbidi, shorts o addirittura come se fossero degli abiti.

La camicia bianca non smette mai di stupirmi. E' l'indumento più pratico, facile, sexy e rilassato che ci sia, al quale voglio dare una nuova vita e un'espressione contemporanea,” afferma Kaffamanaite, che in questa collezione è riuscita appieno nel suo intento.

Per la sua creatività e per il grande spirito innovativo, Balossa ha vinto il premio Inside White nell’edizione di Settembre 2015, che gli è stato assegnato da Izumi Ogino, designer della Maison Anteprima, conquistato dai tagli e volumi in perfetto stile italo-giapponese.

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Info: Indra Kaffemanaite per Balossa White Shirts www.balossashirt.com

Al Palazzo Reale di Milano continua la mostra dedicata all’uomo che ha rivoluzionato l’arte contemporanea del ‘900, Piero Manzoni, iniziata il 26 marzo.

 

 

Piero Manzoni è figlio di Egisto dei conti Manzoni, nasce a Soncino ma cresce a Milano, dove termina gli studi. Inizia a dipingere nel 1955 con impronte di oggetti banali  come ad esempio chiodi, forbici o tenaglie ma è nel 1958 che mette a punto le "tavole di accertamento" e gli "Achromes" (in francese: incolore) per le quali viene ritenuto tutt’ora un artista rivoluzionario. Gli “Achromes” sono tele o altre superfici ricoperte di gesso grezzo, caolino, su quadrati di tessuto, feltro, fibra di cotone, peluche o altri materiali. Comincia ad esporre le sue opere alla Galleria Bergamo e tiene inoltre una personale mostra alla Galleria Pater di Milano con Enrico Baj e con l’amico di famiglia nonché personalità di spicco, Lucio Fontana.

Negli anni successive, oltre a continuare la ricerca sugli "Achrome", inizia a creare oggetti concettuali come le "Linee" e progetta di firmare corpi viventi come se fossero opere d'arte, rilasciando "certificati di autenticità", ad esempio firmando la sua scarpa destra e dichiarandola opera d'arte. Produce 45 "corpi d'aria": comuni palloncini riempiti d'aria che poi saranno chiamati "fiato d'artista". Nel 1961 l'autore sigillò le proprie feci in 90 barattoli di latta, identico a quelli per la carne in scatola, ai quali applicò un'etichetta, tradotta in varie lingue, con la scritta «merda d'artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961». Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 1 a 90 insieme alla firma dell'artista.

L'artista mise a questi barattoli il prezzo corrispondente per 30 grammi di oro, alludendo al valore dell'artista che grazie ai meccanismi commerciali della società dei consumi poteva vendere al valore dell'oro una parte di se stesso.

Il controverso artista milanese famoso a livello internazionale per i suoi "Achrome" e "Merda d'artista", viene raccontato in un’esposizione che grazie ad un percorso che documenta con opere primarie tutti gli aspetti della sua attività artistica.

A poco più di cinquant’anni dalla morte improvvisa di Piero Manzoni, la sua opera è riconosciuta sempre più come una delle esperienze fondamentali dell’avanguardia del XX secolo.

 

 

 

Avete fino al 2 giugno per visitare la mostra che rende doverosamente omaggio all’ artista che ha rinnovato profondamente l'idea stessa di arte d'avanguardia, non perdetevela!

 

 

 

 

Biglietti:

 

INTERO: 12,50 euro

 

RIDOTTO: 11,00 euro valido per studenti under 26, under 18 anni, over 60, disabili, militari, forze ordine non in servizio, insegnanti

 

RIDOTTO SKIRA: 11,00 euro valido per possessori tessera Club Skira

LO STRUMENTO UMANO la prima personale di Alessandro Sironi, a cura di Vera Agosti presso il Centro Emmaus Cultura Insieme di Milano.

 

Lo Strumento Umano, raccoglie una collezione di grafiche in bianco e nero definita dallo stesso artista  “… non più la scissione uomo e dio, artista e opera, ma l’unione dei due concetti.” Figure  astratte, pure, essenziali, definite da poche linee nere e decise ispirate alla tecnica dei cartoon. Tema delle sue opere: la musica come rappresentazione visiva e performativa, ma anche come esperienza personale di crescita. Strumenti musicali antropomorfizzati, riassumono l’essenza del divino capace di esplorare il mondo interiore dell’individuo umano.

La sera dell’inaugurazione è prevista lunedì 28 gennaio dalle ore 18.30, ad accompagnare la presentazione di Vera Agosti è previsto l’intervento dello psicoterapeuta Mauro Scardovelli, a fare da sottofondo musicale un breve concerto al pianoforte dell’artista Alessandro Sironi, disponibile ad eseguire a richiesta dei presenti un loro “ritratto sonoro”.

 

Cenni biografici:

 

Alessandro Sironi

Nato a Milano nel 1976, studia al Conservatorio di Parigi, alla scuola civica di jazz di Milano e si diploma in pianoforte al Conservatorio di Brescia. Vive in Francia dal 1997 al 2002. Viaggia per tournées concertistiche in Europa. Nel 2006 fonda l’Officina sonora, un’orchestra di venti elementi con la quale lavora per il cinema  e il teatro. Nello stesso anno porta in scena la sua prima opera musicale: Esercizi di Stile. Pubblica diversi libri e una raccolta di poesie: Confessions d’undiable. Si occupa di musicoterapia e collabora con Mauro Scardovelli.

 

Mauro Scardovelli.

Nato a Genova nel 1948, è violoncellista, musicoterapeuta, psicologo e psicoterapeuta. Dal 1990 è trainer di Pnl ed esperto di ipnosi ericksoniana. Numerosi gli articoli e i volumi pubblicati nel campo della formazione e della terapia. E’ il fondatore di Aleph, un’associazione di pnl umanistica integrata.

 

 

STRUMENTO UMANO di Alessandro Sironi

A cura di Vera Agosti

Inaugurazione: lunedì 28 gennaio ore 18.30

Dal 28 gennaio al 6 febbraio 2013

Spazio Emmaus Cultura Insieme

Galleria dell'Unione 1, Milano (zona Missori)

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Dalla decostruzione degli abiti alla decostruzione del brand.

Martin Margiela, designer belga, simbolo della moda concettuale senza tempo e di uno stile pulito, esce dalle vetrine esclusive delle aristocratiche maisons per portare le sue iconiche creazioni destrutturate sugli stand del più grande magazzino low cost, offrendosi così, per la prima volta, ad un bacino di consumatori ampio e popolare.

Dopo altri casi di indiscutibile successo, anche la Maison Margiela si attesta tra i migliori esempi di “mass-tige”, termine che sottende l’unione di una logica distributiva mass market al concetto di “prestige”. Ed è subito delirio di pubblico e incremento di notorietà.

Tra i primi esempi di questo trend crescente ci fu Karl Lagerfeld, che qualche anno fa presentò la prima capsule collection in partnership con H&M.

Donne che fino a quel momento ignoravano l’esistenza dello stilista di Chanel, sentirono il bisogno di avere un suo capo nel guardaroba, a costo di montare una tenda la sera prima del lancio davanti ad uno store H&M, così da avere la certezza di potersi accaparrare un “pezzetto” di quel sogno che lo stilista aveva prima realizzato solo per un’élite di dame facoltose.

Karl Lagerfeld intuì, pioneristicamente e non senza critiche da parte di chi poi lo avrebbe emulato, come la moda, in un’epoca permeata da accelerate trasformazioni sociali, di crescenti orientamenti etici dei consumatori e di continue oscillazioni economiche, fosse costretta ad abbandonare le proprie stanze dorate nelle vie noiose e solitarie dello shopping, per calarsi tra i comuni mortali nei quartieri più popolari e in fermento.

Questa scelta non fu dettata da un nuovo impulso magnanimo di cui la moda, per sua definizione, ne è esente. Fu, al contrario, una strategia vincente legata alla florida sopravvivenza di un brand.

La cultura popolare e giovanile infatti, insieme alle suggestioni degli stilemi passati, da sempre rappresentano le fonti di ispirazione sull’impulso creativo di un designer.

Si rende così necessario restituire alle stesse fonti creative il risultato del proprio lavoro.

Per incrementare la notorietà, per elevare gli utili su altri canali di distribuzione, per dialogare con i corpi e il mondo da cui traggono ispirazione. Il pop è l’imprescindibile linfa vitale che alimenta il successo di una griffe, indipendentemente dal suo posizionamento su fasce di prezzo elitarie.

Non sorprende, infatti, come la ricerca degli stilisti che precede la gestazione di una collezione avvenga sempre più tra le bancarelle dei mercatini in giro per il mondo.

Il concetto di esclusività si toglie, dunque, la corona e si cala nel pop-olare. Non vige più il dogma secondo cui “esclusivo” sia per pochi perché costoso, si fa sempre più spazio la tendenza per la quale l’esclusività sia frutto di una scelta estetica personale e originale, espressione di un messaggio di chi indossa. Un paradosso necessario: i grandi imperatori della moda trovano la salvezza del proprio regno solo se sono in grado di conquistare – anche – una larga adesione popolare.

Questa strategia non sembra nuova e fa pensare ad una regina che dal palazzo lancia croissant per avere salva la testa; seguendo il parallelismo, la storia ci ricorda che tale gesto non è automaticamente salvifico. Ma per fortuna loro, in questo caso non ci sono le teste degli stilisti a correre il rischio di sanguinare, ma le griffes e i gruppi finanziari proprietari che ne stanno a capo e non comprendono il fenomeno; e dall’altra parte ci siamo noi, un popolo non affamato di pane ma con il mesto desiderio di poter vestire nel modo che meglio ci rappresenta. Operazione in ogni caso possibile, senza scomodare nessuno dai palazzi dorati.

Ed ecco quindi, subito dopo una discutibile collezione di accessori di Anna Dello Russo, il nuovo regnante democratico che si aggira tra i sobborghi della città in cerca di consensi e riconoscibilità:

Martin Margiela, un genio indiscusso che resta fedele al proprio dogma. Per H&M ritroviamo una collezione iconica e d’avanguardia che rappresenta appieno il suo stile: decostruzione delle forme classiche degli abiti per una nuova concezione dei volumi e delle linee; cura apparentemente sartoriale nei dettagli e nell’esposizione dell’anima dei capi: le fodere emergono e si fanno visibili, mostrando la struttura, le maniche si staccano, si allungano, si rimontano in modo originale. Questo modus operandi riprende una pratica non nuova nella moda. Già nei fenomeni punk e street si tagliavano tshirt e si strappavano jeans con l’idea di infondere un nuovo impatto a capi già confezionati, per dargli un nuovo volto più attuale e per trasformarli in un veicolo del messaggio generazionale.

L’unico elemento che manca, è la qualità dei tessuti: il mass market impone dei limiti e la realtà emerge al tatto.

Il risultato è quello atteso: una grande opera di stile, frutto di una personalità geniale a poco prezzo. Da guardare, apprezzare e indossare con cautela.

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