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ll 14 e 15 Novembre, due date evento a Milano per lo spettacolo “Sylphidarium” di Francesca Pennini in collaborazione tra la Triennale Teatro dell’Arte e il Teatro Franco Parenti.
Cosa siamo se non il frutto della nostra educazione? Siamo quello che ci hanno insegnato, ma anche quello che abbiamo scelto di essere. E' l'educazione siberiana: dura, spietata, romantica e implacabile. Ti segna la pelle, come i tatuaggi che alcuni dei protagonisti portano e che sottolineano un'altra chiave di lettura del film: la trasmissione del sapere e l'ostinazione dei protagonisti nel dare un senso alla vita, codificarla attraverso segni e usanze.
Il rischio di banalizzare l'omonimo romanzo di Nicolai Lilin, libro potente e epico, ricco di spunti narrativi, era dietro l'angolo. Ma Salvatores ha schivato il pericolo lavorando (bene) sulla sceneggiatura, scegliendo di aggiungere una dimensione più ampia, che abbraccia 10 anni e aggiunge un finale inedito.
La Russia, lo sfondo (freddo) del film, a cavallo tra la fine dell'epopea sovietica e l'inizio del nuovo corso democratico, una linea immaginaria che segna implacabilmente anche i rapporti umani. Un film in costume che documenta con dovizia un mondo che non c'è più. Ma la centralità del cinema di Salvatores, come sempre, è la narrazione dei rapporti umani, l'amicizia, la lealtà, l'amore e come questi si evolvono e involvono.
Questo filtrato dagli "siberiani", discendenti degli Urca deportati da Stalin, stirpe criminale in decadenza, che cerca con i denti di resistere alla meschinità della corruzione e dalla modernità alle porte, che solletica nell'uomo moderno il sogno della ricchezza facile. E poi l'odio nei confronti del potere e dei suoi strumenti istituzionali: l'esercito, la polizia, i banchieri e anche i criminali corrotti, quelli che trafficano droga. I siberiani contro tutti.
Di fatto Educazione Siberiana è il film più ambizioso e coraggioso del regista milanese. Salvatores osa e riesce a trasmettere quel baratro (la modernità incipiente) nel quale il fiero popolo siberiano è destinato a cadere: sequenze epiche (il fiume in piena), scene di combattimento corpo a corpo e incisi cinematografici destinati a rimanere impressi nella memoria dello spettatore (la scena della giostra su tutte, con sottofondo Absolute Beginners di Bowie, scelta a sostegno narrativo della condizione dei ragazzi, adolescenti che si affacciano nel mondo).
Ma il centro del film rimane l'epoca dell'educazione e il protagonista di questa storia, il nonno Kuzja (il superbo John Malkovich), il maestro d'armi, il vecchio carismatico che trasmette valori e ideali al giovane Kolima. L'educazione di cui parlavamo all'inizio, insegnamenti che si possono fare propri o che possiamo buttare al vento, come semi che non germoglieranno mai più.
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