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Dal 7 giugno Fondazione Cineteca Italiana, presso Cinema Spazio Oberdan, presenta Valentina Cortese. La diva, un omaggio alla protagonista assoluta del mondo del cinema e del teatro internazionali, con un film (Diva! di Francesco Patierno), una rassegna in 10 lungometraggi e una mostra fotografica.

Lungometraggio di grande impatto emotivo, Vergine giurata fa accapponare la pelle agli spettatori moderni e occidentali ma fa conoscere anche l’esistenza e la morte dei sensi e della volontà che ancora vivono tante donne nel mondo e a due passi da casa nostra.

Nelle montagne dell’entroterra albanese vige ancora, infatti, la legge del Kanun, una regola arcaica, miserrima e ingiusta che mortifica le donne nella società e nella famiglia e fa sì che le stesse siano del tutto assoggettate agli uomini, soprattutto ai propri parenti.

Una condizione di degrado psicologico e fisico che porta Hana, la protagonista della pellicola a ribellarsi nella maniera più estrema e radicale che conosca e ad accettare il codice Kanun fino alla fine. La giovane orfana, accolta in casa da un montanaro retrogrado e ignorante e dalla famiglia di quest’ultimo, decide di giurare di rimanere vergine per sempre e non solo, di diventare uomo e conquistarsi così, con la forza, tutti i privilegi e i diritti che una società vecchia e ancestrale riserva solo alle persone di sesso maschile.

La scelta di Hana allora diventa il punto di partenza sociale e psicologico su cui costruire l’intero lungometraggio adattando a essa luoghi e dialoghi, fotografia filmica e paesaggi, suono e colori.

Il risultato è un lavoro cinematografico sconvolgente e crudo che riporta lo spettatore al cinema puro dell’avanguardia italiana.

La femminilità può essere anche maschile, coperta da abiti non muliebri e nascosta da sguardi indiscreti e si può manifestare in gesti e sguardi che portano i protagonisti a vivere e amarsi in mille altri modi non convenzionali.

Senso ed eros non sono raccontati a voce ma solo attraverso movimenti di macchina colti e accennati, sfumati in una regia che decide tutte le scelte narrative e che trasforma il lungometraggio in racconto per immagini.

Perfetta e quasi scontata l’ormai onnipresente Alba Rohrwacher, troppo brava alla fine nei ruoli in cui si parla il meno possibile e troppo a suo agio con i maglioni sformati da persona che vive alla fine del mondo. In ogni caso Vergine giurata è da vedere, non fosse altro per cultura personale.

 Antonia del Sambro

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Al Palazzo Reale di Milano continua la mostra dedicata all’uomo che ha rivoluzionato l’arte contemporanea del ‘900, Piero Manzoni, iniziata il 26 marzo.

 

 

Piero Manzoni è figlio di Egisto dei conti Manzoni, nasce a Soncino ma cresce a Milano, dove termina gli studi. Inizia a dipingere nel 1955 con impronte di oggetti banali  come ad esempio chiodi, forbici o tenaglie ma è nel 1958 che mette a punto le "tavole di accertamento" e gli "Achromes" (in francese: incolore) per le quali viene ritenuto tutt’ora un artista rivoluzionario. Gli “Achromes” sono tele o altre superfici ricoperte di gesso grezzo, caolino, su quadrati di tessuto, feltro, fibra di cotone, peluche o altri materiali. Comincia ad esporre le sue opere alla Galleria Bergamo e tiene inoltre una personale mostra alla Galleria Pater di Milano con Enrico Baj e con l’amico di famiglia nonché personalità di spicco, Lucio Fontana.

Negli anni successive, oltre a continuare la ricerca sugli "Achrome", inizia a creare oggetti concettuali come le "Linee" e progetta di firmare corpi viventi come se fossero opere d'arte, rilasciando "certificati di autenticità", ad esempio firmando la sua scarpa destra e dichiarandola opera d'arte. Produce 45 "corpi d'aria": comuni palloncini riempiti d'aria che poi saranno chiamati "fiato d'artista". Nel 1961 l'autore sigillò le proprie feci in 90 barattoli di latta, identico a quelli per la carne in scatola, ai quali applicò un'etichetta, tradotta in varie lingue, con la scritta «merda d'artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961». Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 1 a 90 insieme alla firma dell'artista.

L'artista mise a questi barattoli il prezzo corrispondente per 30 grammi di oro, alludendo al valore dell'artista che grazie ai meccanismi commerciali della società dei consumi poteva vendere al valore dell'oro una parte di se stesso.

Il controverso artista milanese famoso a livello internazionale per i suoi "Achrome" e "Merda d'artista", viene raccontato in un’esposizione che grazie ad un percorso che documenta con opere primarie tutti gli aspetti della sua attività artistica.

A poco più di cinquant’anni dalla morte improvvisa di Piero Manzoni, la sua opera è riconosciuta sempre più come una delle esperienze fondamentali dell’avanguardia del XX secolo.

 

 

 

Avete fino al 2 giugno per visitare la mostra che rende doverosamente omaggio all’ artista che ha rinnovato profondamente l'idea stessa di arte d'avanguardia, non perdetevela!

 

 

 

 

Biglietti:

 

INTERO: 12,50 euro

 

RIDOTTO: 11,00 euro valido per studenti under 26, under 18 anni, over 60, disabili, militari, forze ordine non in servizio, insegnanti

 

RIDOTTO SKIRA: 11,00 euro valido per possessori tessera Club Skira

E' di questa mattina la notizia della morte di Roberto Antoni in arte Freak Antoni, storico leader e voce degli Skiantos. L'artista bolognese avrebbe compiuto sessant'anni ad aprile, ci lascia prematuramente, consumato dalla malattia che lo ha perseguitato negli ultimi anni. Freak ci lascia il ricordo di una vita di eccessi, droga, provocazione e musica. Gli Skiantos sono stati forse il primo gruppo Punk italiano, per molti demenziali, ma questa definizione non rende onore a un progetto che ha influenzato intere generazioni. Avanguardisti, dallo spirito dada, promotori di una controcultura divertente, che fa riflettere e cantare.

 

"35 anni di grandi insuccessi" così Freak commentava la carriera musicale del gruppo, stanco di combattere contro un paese impreparato a certe rivelazioni (forse non lo sarà mai), ma consapevole che non bisogna pretendere niente da "un paese che ha la forma di una scarpa".

 

Al contrario dei detrattori noi capiamo quanto sia stato importante il ruolo degli Skiantos sulla musica e la società italiana, d'altro canto loro erano quelli che in tempi non sospetti cantavano "brucia le banche, bruciane tante".

 

 

Addio Freak, a noi piace ricordarti con questa canzone:

 

In un luogo, come la Biennale d'Arte di Venezia, dove la ricerca della novità e del contemporaneo è all'ordine del giorno, nel Padiglione Austria, presente sin dalla prima edizione, si torna un po' bambini.

 

Imitation of Life è una video installazione di Mathias Poledna, che ruota attorno a un cartone animato realizzato grazie alla collaborazione di artisti dei dipartimenti d'animazione degli studios di Los Angeles, tra cui la Disney.

 

Evocazione dell'epoca d'oro dell'animazione (gli anni '30 e '40), è stata prodotta una pellicola in formato 35 mm di circa 3 minuti. Reinventando il linguaggio tramite le sue contraddizioni (il metodo di produzione all'avanguardia per l'epoca e la narrazione basata su favole), spicca il contrasto tra la sinteticità delle scene e il grande lavoro che sta dietro alla sua realizzazione. Il vaudeville, i film muti e i musical sono alla base dell'opera: è un indagine della relazione tra arte e intrattenimento.

 

La scena si apre con un uccellino che vola tra i rami di un bosco e scopre un asinello, vestito da marinaio, che dorme e, svegliandosi, comincia a ballare e cantare nella natura. La stessa colonna sonora è stata registrata da un'orchestra completa, secondo lo stile del tempo.

Proseguendo, oltre 40 disegni, serviti alla realizzazione dell'opera, sono esposti sulle pareti. L'installazione ha lo scopo di favorire una lettura incrociata tra avvenimenti dello stesso periodo: la relazione tra arte europea e cultura americana di massa, l'emigrazione verso gli Usa e l'esportazione commerciale di quest'ultimi nel Vecchio Continente, la presentazione dei film d'animazione Disney alla Mostra del Cinema di Venezia, il tardo modernismo dell'architettura del padiglione e un'analisi del periodo 1938-1942, nel quale l'Austria espose nel Padiglione Germania.

 

 

Venezia, Giardini

Padiglione Austria

Fino al 24 novembre.

Dal martedì alla domenica, dalle 10.00 alle 18.00

 

DadaMaino ha superato la "problematica pittorica": altre misure informano la sua opera: i suoi quadri sono bandiere di un nuovo mondo, sono un nuovo significato: non si accontentano di "dire diversamente": dicono nuove cose. (P. Manzoni)

Talvolta la storia mette in secondo piano figure di donne che hanno rivoluzionato linguaggi artistici e movimenti di avanguardia. I loro nomi passano inosservati in mezzo a quelli dei loro colleghi maschi, nonostante siano state parti integranti di movimenti intellettuali complessi ed estremamente influenti.

Chi conosce infatti i giovani seguaci di Lucio Fontana, come Piero Manzoni e Gianni Colombo, non può trascurare la milanese Edoarda Emilia Maino, meglio nota al pubblico come Dadamaino.

Anch’ella frequentatrice del Bar Jamaica, in Brera, dove erano soliti ritrovarsi i giovani artisti meneghini, Dadamaino divenne ben presto parte di quel movimento di avanguardia artistica che scardinò i canoni estetici tradizionali negli anni ’50.

Forme d’arte irriverenti e talvolta incomprensibili solcavano la mente di questa giovane donna alla continua ricerca di un ideale geometrico percettivo che ribaltasse la logica del prodotto in serie per allontanarsi da una società fortemente industrializzata che minimizzava le differenze tra gli individui.

Espose in Inghilterra, Germania, Belgio, Olanda dove riscosse molto più successo che in terra nostrana. Aderì al gruppo Azimuth a capo del quale stava Piero Manzoni e al suo corrispettivo tedesco, Zero.

Il suo interesse si sposta quindi verso un orizzonte europeo, non più solo italiano, dove trova largo appoggio da parte della critica internazionale.

Lavorò al fianco di personalità di spicco come Enzo Mari e Bruno Munari e insieme a loro elaborò l’Alfabeto della mente, un codice composto da sedici segni. Questa sua opera naque dall’esigenza di dar voce a un profondo disagio emotivo, inesprimibile con le tradizionali forme comunicative. In questo modo i quadri si trasformano in segni grafici, simili a lettere, avviando una sperimentazione seguita con estremo rigore e maniacalità, tratti distintivi del suo carattere.

Femminista convinta fu attivista a cavallo tra gli anni ’60 e ’70: lei che conosceva benissimo quanto fosse difficile e arduo per una donna far sentire la propria voce in un coro di tenori.

Milano in questi giorni ricorda la sua grande artista, scomparsa nel 2004 in una mostra alla Galleria Gruppo Credito Valtellinese in Via Magenta 59, dal 10 al 29 giugno.

Per info: 02 48008015

Ingresso Gratuito

 

 

Mercoledì 13 marzo 2013 ore 19.30, inaugurazione del nuovo ristorante TAIYO di Viale Monza 23.

A fare gli onori di casa la famiglia Wu, presente da molti anni sul territorio milanese, vanta una lunga esperienza in ristorazione asiatica e fusion. È nel mix tra modernità e tradizione che si rispecchia la nuova cucina di Taiyo. Una versione contemporanea del classico ristorante giapponese, dove i piatti sono sapientemente combinati in un equilibrio di sapori, dalla cucina giapponese classica a incontri più raffinati come gamberi rossi di Sicilia, tonno impanato al sesamo, ricciola al pistacchio, carpaccio di angus, sweat heart maki, exotic roll, astice roll, ikkameshi, calamaro ripieno, tempura, manzo alla coreana.

I ristoranti Wu Taiyo si distinguono per lo speciale connubio tra cucina orientale di alta qualità e preziose location.

In particolare, nella nuova location di Viale Monza il legame tra tradizione e modernità è rafforzato dal design, magistralmente curato dall’architetto, scenografo e designer Maurizio Lai. Di forte impatto visivo, il sushi Restaurant Taiyo si ispira a un’estetica internazionale e all’avanguardia. Ricco di molteplici elementi scenografici che ne caratterizzano le atmosfere, l’ambiente è formato da una grande sala centrale e due sale secondarie, fortemente impreziosito di allestimenti luminosi e materici. Degno di nota il particolare del soffitto in maglia metallica a disegno geometrico retroilluminato.

Wu Taiyo risulta essere, quindi, non solo un ristorante, ma un percorso itinerante attraverso tutti i sensi.

Il grafema TAIYO significa sole, ma anche Levante e arancio (il caldo leit motiv che decora i ristoranti Wu-Taiyo) ed è sinonimo di felicità e di fantasia. Il Sole, quindi, per la famiglia Wu include una sfera di significati che rappresentano il lato positivo della vita e, ovviamente, l ’amore per il cibo.

Questa la filosofia Wu Taiyo, amore per la cucina, per i clienti (tutto il personale del ristorante giapponese Taiyo parla correttamente italiano, per meglio comprendere le singole esigenze del cliente), amore per l’estetica e per i dettagli, e, soprattutto, amore generato dall’incontro tra cultura orientale e occidentale, specchio della realtà attuale, che Wu Tayio si propone di rappresentare in tutto il suo splendore.

 

Il nuovo ristorante di Viale Monza è un oasi pacifica situata nel centro di Piazzale Loreto, un’occasione per prendersi una pausa dal traffico cittadino e assaporare deliziose creazioni, facilmente raggiungibile con i mezzi.

 

Ad accompagnare la serata l’intervento musicale dei Deejay WestBanhof e Hell’s Shoes.

 

L'evento è realizzato in collaborazione con Uber, sito: www.uber.com

 

Taiyo Sushi Restaurant

Viale Monza 23, Milano

02-26113972 Sito: http://www.wutaiyo.com

 

Instagram

 

 

Direttore Responsabile
INDIRA FASSIONI

Se vuoi scriverle: direttore@nerospinto.it

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