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“Chiara Lubich - L’amore vince tutto” è il tv movie di Giacomo Campiotti ispirato alla fondatrice del Movimento dei Focolari nell’anno del Centenario della nascita (Trento 22 gennaio 1920 - Rocca di Papa, 14 marzo 2008). A interpretarla una credibile, intensa e solare Cristiana Capotondi. Approfondiamo il progetto riportando le dichiarazioni dei protagonisti e degli ideatori.

*Attenzione, questo articolo non contiene canzoni con ukulele e diapason*

 

Il cantautorato italiano sembra esser tornato di moda, tra gruppetti indie-rock e sottogeneri strani. La tendenza negli ultimi anni è essere più lamentosi possibili e scrivere testi che letti con calma non significano niente.

 

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Ma è un poco come parlare delle nuove parole che ogni anno l'accademia della crusca aggiunge al vocabolario, nessuno vorrebbe mai leggere sado-monetarismo, eppure è lo specchio del nostro tempo e dal punto di vista filologico ha una sua valenza molto importante. Ed è un piacere del tutto scientifico ascoltare i gruppi della nuova primavera del cantautorato italiano, non saranno De Andrè, ma ce la mettono tutta e soprattutto si distaccano nettamente da artisti commerciali come... Povia? va ancora quel fesso di Povia? Forse adesso è più ascoltato Mengoni....

Per nostra fortuna, tra il delirio di gruppi più o meno famosi, ogni tanto esce qualcosa di valido. I ragazzi che vi presento oggi sono una di queste eccezioni: Il Fieno.

 

La prima volta li sentii in acustica in un piccolo locale di Milano, niente di troppo entusiasmante, tra distrazioni alcoliche e impegni istituzionali la musica era un piacevole sottofondo e niente più. La vera svolta è stato ascoltare il loro EP (Il Fieno - EP - 2012) a casa, con calma.

Il sound è pulito e ritmato, un misto tra rock, power pop e new wave, perfettamente in sintonia con i testi cinici, appartenenti a un immaginario malinconico. Storie di vita e non vita, nascoste ai più da testi a volte criptici, ma con flash che rivelano una ponderata consapevolezza dei temi trattati. Facilissimo rimanere intrappolati nelle melodie, finendo a fischiettarle senza pensarci sotto la doccia o in macchina.

Il loro primo lavoro è andato bene, ha riscosso un grande successo di pubblico e critica, pubblicato su XL di Repubblica, promosso da Mtv new generation e Rolling Stone, ma si sa

. Gabriele Bosetti (voce), Edoardo Frasso (chitarra), Alessandro V. (basso, Momo Riva (batteria), iniziano a lavorare intensamente e il risultato è I Bambini Crescono - EP, uscito qualche mese fa. Una sorta di concept album che ruota intorno all'adolescenza e tutti i drammi che comporta, ma da una prospettiva diversa dal solito. Se prima eravamo abituati ad ascoltare le lagne di  giovani musicisti senza peli sul petto, con questo disco passiamo a un punto di vista più maturo, che guarda indietro con malinconia e ironia, forse con invidia di quei piccoli drammi che nulla hanno a che fare con quelli dei "grandi", ma con la consapevolezza che tornare indietro non si può.

 

Come il precedente mantiene uno stile abbastanza classico, melodico, ma sempre con quella marcia in più nettamente rock. L'ascolto è abbastanza facile, piacevole, da viaggio in macchina o in treno con le cuffie, ma consiglio caldamente di far attenzione alle parole che forse si perdono nel ritmo, per non perdersi perle come:

 

"Bella come la rivoluzione in cui non credi più"

 

"la mia generazione è all'avanguardia e posta l'occupazione su youtube"

 

L'EP ci regala anche la collaborazione con Luca Urbani ne "Amos (togli il male come l'Oki)" e soprattutto la bellissima cover della canzone di Enzo Jannacci "Vincenzina e la fabrica".

 

Se siete così tirchi da non voler comprare il disco, allora non ve lo meritate!

Non poteva esistere stagione migliore della primavera, dei primi giorni di sole di un aprile tanto atteso e ancora un po’ indeciso sul da farsi, per cogliere a pieno tutti i colori di “Colonna sonora di un film che non c’è”, ultimo lavoro di Mafè Almeida, in uscita sui canali

iTunes dalla fine di questo mese.

 

Nato in Mozambico da madre capoverdiana e padre pugliese, Mafè cresce e coltiva la sua passione artistica tra la soleggiata Bari e la stimolante Milano, le due città in cui si concentra maggiormente la sua poliedrica carriera artistica, che affonda le radici in diversi campi d’espressione; pianista e tastierista di diversi gruppi del panorama barese, Mafè si avvicina al mondo del canto grazie al gospel, partecipando al Wanted Chorus e a all’opera musicale di Riccardo Cocciante e Luc Plamondon, “Notre Dame de Paris”, nel ruolo di Clopin.

 

Si cimenta inoltre nell’attività di autore, collaborando con gli Zero Assoluto alla stesura del testo di “Volano i Pensieri”, nota canzone della band capitolina. Il tentativo di inquadrare un album, e tanto più un artista, in un solo genere musicale, è quasi sempre riduttivo; preferibile è tentare di cogliere i chiaroscuri tratteggiati al suo interno.

 

“Colonna sonora di un film che non c’è” è un EP di sei tracce, dal groove funk coinvolgente e dalle atmosfere variopinte: dalla freschezza spensierata della pop music, alle sfumature di malinconica speranza della musica black, dal soul all’RnB. Mafè Almeida ama vedere nella sua produzione artistica qualcosa del power pop, principalmente per il messaggio e le energie positive che ne sente fuoriuscire e che si propone di trasmette all’ascoltatore. Abbiamo parlato con Mafè per farci raccontare della sua esperienza, la sua visione della vita e i suoi progetti per il futuro.

 

Nel corso della tua carriera hai sperimentato molto; sei stato parte di un gruppo, corista gospel, hai recitato in un musical ed ora sei cantautore. Senti in qualche modo queste come tappe di un percorso che ti avrebbe portato dove sei oggi, o le consideri in maniera separata?

Parlare di carriera credo sia prematuro. Amo definirlo un percorso e credo che ogni sua parte  abbia in qualche modo influenzato quello che è il mio stile di vita. Ogni esperienza non la vivo come un oggetto separato ma come un elemento con una propria individualità che però vive e ha senso se collegato ad un altro frammento.  Sono un po' fatalista e credo nell'idea che nulla sia mai per caso. Lo raccontano gli incontri che ho avuto nella mia vita e quello che sono ora. In fondo siamo sempre le persone che incontriamo e di conseguenza anche le azioni che compiamo.

 

Oltre alle tue mani di compositore e autore, quali altre hanno collaborato alla realizzazione di “Colonna sonora di un film che non c’è”?

Il disco è stato prodotto da Daniele Valentini con l'etichetta indipendente "Treehouse Lab" di Lodi, mixato negli studi FM di Monza da Raffaele Stefani e masterizzato da Giovanni Versari. Per l’incisione e per i live sono stato aiutato dal gruppo "The White Muffins" , composto da Antonio Galli al basso, Andrea Rossini alle chitarre, Danilo Martello alle tastiere e Marco Carnesella alla batteria.

Per quando riguarda il budget, una parte è stata ricavata raccogliendo delle donazioni con il primo sito in Italia di crowdfunding, musicraiser.com.

 

Nel titolo dell’EP si possono leggere sentimenti molto diversi, non fosse altro per quel “che non c’è”, che se da un lato rimanda ai colori della nostalgia, dall’altro può essere interpretato come un invito a divenire noi stessi, il nostro film. Tu cosa ci vedi in quelle parole?

Il nome nasce dall'idea che la vita sia composta da piccole tracce che nel loro insieme creano una colonna sonora. Queste  accompagnano i gesti quotidiani della nostra vita, che non è altro che un film in divenire. Per questo motivo va intesa come un film che non c'è, ma che più che altro, "esisterà".

 

Dunque, deviando sui massimi sistemi, credi in qualche cosa di prestabilito e non scritto, o se più per l’idea dell’homo faber, fautore del suo destino?

Come raccontavo prima sono estremamente convinto che le cose non accadano mai per caso. La vita ci lancia continuamente segnali che ci portano verso un determinato cammino. La questione credo vada interpretata con una chiave di lettura ambivalente. Ognuno di noi è artefice del proprio destino nella misura in cui sia in grado di saper interpretare certi messaggi. Del resto poi ci pensa la vita stessa a risponderti se una scelta può essere determinante o meno ed è solo questione di tempo. Forse è una forma positiva di interpretazione della vita. Come se fossimo destinati a più destini uno dei quali si dimostrerà la verità assoluta per noi. E alla fine in un gioco di incastri saremo sia artefici che navi trascinate dalla corrente. Convinto però che prima o poi ad un porto si approderà.

E per quanto riguarda i testi invece? Qual è il fil rouge che li conduce, e dove vorresti che conducessero l’ascoltatore?

I testi si ispirano fortemente a momenti di vita vissuta. Molto spesso sono spunti di riflessione. Quasi un senso di rivalsa per una condotta di vita più aperta al rispetto verso di sé e quindi verso gli altri. Credo che solo amando se stessi si riesca ad amare ed apprezzare tutto quello che ci circonda. Credo ci sia bisogno di fede, nella vita e nei propri sogni, fede verso le persone. Per questo meglio un abbraccio che una stretta di mano. Dici questo perché credi che l’importanza di un abbraccio, agli altri e a se stessi, si sia persa oggi come oggi?

La gente si imbarazza se ti vede come un libro aperto. Certe volte rimane stupita dal grado di civiltà e di apertura mentale di una persona. Anche nel condividere argomenti difficili come il dolore . Difficile dire se non si è più abituati a gesti come un abbraccio. Di sicuro credo bisognerebbe stupirsi di altro e non di questo. Lasciamo sempre meno spazio a quelle piccole cose che fanno l'assoluto per noi. E tendenzialmente arriviamo a pensare di poter bastare a noi stessi, convinti come siamo di poter farcela da soli. Non sono della teoria che bisognerebbe spendere ogni gesto gentile e in modo inappropriato ma che quando si sente il bisogno, di non aver paura di condividerlo. Alla luce di tutto questo, ma soprattutto ascoltando i tuoi testi, la musica sembra essere per te quasi un mezzo per un fine. Credi che trasmettere agli altri un messaggio, sia pure in forma di emozione, sia il compito principale di un musicista, o leggi  l’arte più come un percorso individuale di chi la produce?

Il percorso individuale di un musicista è inscindibile dalle emozioni di chi le interpreta. Se da una parte scrivere può aiutare ad esorcizzare i propri fantasmi, quasi come vomitando la propria esistenza, d'altro canto quello che si scrive può essere fonte di ispirazione per chiunque senta vicino una parola piuttosto che una linea musicale. Il resto è solo un atto di crescita personale che sposta determinati parametri di valutazione. La scrittura può evolversi ed essere modellata nel tempo e influenzata da circostanze e situazioni personali. Chi ascolta può semplicemente accompagnare e apprezzare questa crescita oppure rimanerne indifferente. Questo però non sposta l'ago della bilancia. Del perfetto equilibrio tra i due ruoli che io reputo complementari. L'amore è così. Nel tempo due persone sono accanto e si accompagnano mutando nella forma. Accade di non volersi più accanto ma quello che si è seminato è ben visibile. Resta sempre in profondità.

 

Cosa ti ha spinto finora ad amare cosi tanto la musica, l’amore e l’amore per la vita? E cosa vedi ora nel tuo futuro?

Amo scrivere e amo cantare e nel mio futuro vedo la possibilità di creare un altro album e avere sempre più seguito.

Ho perso mia madre a settembre ed è stata lei ad intuire che potessi amare la musica. Mi ha portato a studiare pianoforte e poi a credere nei miei sogni. Io e i miei fratelli siamo la sua più grande testimonianza e ci teniamo a preservare e condividere la sua memoria e la sua eredità intellettuale. Lei amava la vita e ognuno di noi nel proprio piccolo cerca di farlo. Io spero di farlo attraverso la musica.

 

 

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