
The Last Movie Stars: in arrivo la vera storia del matrimonio più leggendario di Hollywood
The Last Movie Stars smonta la favola dell’unione tra Paul Newman e Joanne Woodward ma non la distrugge, anzi, ne fa un ritratto talmente autentico che ce la fa amare ancora di più. La docuserie prodotta da Martin Scorsese e realizzata da Ethan Hawke, approda su Sky dal 6 dicembre. Riassunta in sei puntate, The Last Movie Stars, prova a raccontarne la storia struggente, piena di contraddizioni, a volte folle e, finalmente, così umana.
Ethan Hawke (protagonista egli stesso di una storia d’amore iconica come quella con Uma Thurman) ha realizzato il documentario utilizzando le trascrizioni di una serie di interviste fatte negli anni ‘80 ad amici e conoscenti della coppia. Era tempo di pandemia, e tutto è stato fatto tramite video call, montato mescolando spezzoni dell’epoca, fuorionda, collegamenti incerti alla ricerca del WIFI, audio recuperati da vecchi nastri. Ciò che ne esce è un continuo saltare di qua e di là nella storia del cinema americano, tra vicende intime e grandi eventi, rivelazioni, risate e segreti finalmente svelati.
Vedremo George Clooney e Laura Linney, collegati su Zoom, interpretare le voci di Paul Newman e Joanne Woodward. E poi le testimonianze di Scorsese, le parole di Gore Vidal (amico intimo di Newman). Scopriremo che la coppia più solida di Hollywood nacque da un tradimento, perché Paul quando conobbe e si innamorò della giovanissima Joanne era già sposato e padre di tre figli piccoli.
La loro storia clandestina durò cinque anni, e la prima moglie, anche lei attrice, dovette vedere l’amante del marito vincere un Oscar mentre era a casa con tre pargoli. Paul però non ne parlò quasi mai, se non per dire di sentirsi “colpevole come il demonio”.
Le testimonianze sono state raccolte da Stewart Stern, amico scrittore di Newman, con l’intenzione di farne un’autobiografia, ma quest’ultimo decise ad un certo punto di distruggere tutto. Rimasero solo le trascrizioni, miracolosamente salvate da una delle figlie, che ha deciso di renderle pubbliche e che ha proposto a Ethan Hawke, suo ex compagno di scuola, di utilizzarle per un documentario, una serie di sei episodi dove cinema e vita reale si mescolano e sovrappongono. Un inestimabile insieme di testimonianze che sono appena state pubblicate anche in Italia da Garzanti con il titolo “Paul Newman. La vita straordinaria di un uomo
comune.” Quando Paul e Joanne si conobbero era lei la vera stella del cinema, e fu lei a vincere per prima un Oscar nel ‘57 per la sua interpretazione in “La donna dei tre volti”. Paul Newman lottava ancora per capire se stesso, era un attore secondario, per nulla convinto di poter riuscire a sfondare davvero nel cinema. Lo vediamo giovanissimo presenziare all’Actor’s Studio di New York, accanto ad attori emblematici come Marlon Brando e James Dean, con la loro fama di “belli e dannati”, intensi e bohemienne. Fu l’incontro con Joanne Woodward a liberare tutto il suo potenziale sensuale, a rivelare quel suo carisma magnetico, come se l’attrazione erotica
che li travolse fosse stata la scintilla che gli permise di sentirsi finalmente sicuro, libero di sperimentare e di giocare con il suo talento di attore.
“Tutte le mie fantasie, il prodotto di tanti anni di rifiuto, si sono realizzate con Joanne. All'improvviso, un enorme porta si spalancò davanti a me. Joanne mi ha fatto sentire attraente” così racconta Newman. “Ci siamo riconosciuti e abbiamo lasciato spazio affinché i nostri aspetti più lascivi avessero il tempo di svilupparsi senza interruzioni o distrazioni; eravamo molto bravi a farlo, lasciando una scia di lussuria ovunque andassimo: hotel, motel, parchi pubblici, bagni, piscine, spiagge, sedili posteriori e auto a noleggio.”
La sua carriera esplose con l’interpretazione in “Lo spaccone” e di “Hud il selvaggio” due film straordinari che hanno fatto la storia. Paul Newman diventò l’attore di fama mondiale che con la sua naturalezza discreta sapeva interpretare tutto con una facilità e una leggerezza che passeranno alla storia, recitando ruoli indimenticabili e guidato dalla regia di autentiche leggende cinematografiche come Elia Kazan, Martin Ritt o George Roy Hill. Mentre lui diventava una stella però, la traiettoria di Joanne subiva un arresto. Fu lei stessa a dichiarare in un’intervista degli anni ‘70 che nonostante amasse con tutta se stessa i suoi sei figli (tre suoi e tre nati dalla precedente relazione di Paul) si pentiva di non essersi dedicata solo alla carriera. Perché Joanne Woodward era un’attrice con un talento straordinario, innato, era nata per recitare e lo faceva splendidamente. Ma fu lei a sacrificare la sua vita artistica, a rinunciare al protagonismo, accettando persino ruoli secondari e televisivi pur di non sparire del tutto.
La loro relazione durò cinquant’anni. E in tutte le interviste, in tutti i fotogrammi e gli scatti rubati della loro vita privata è impossibile non notare quanto i due si amassero profondamente, nonostante fossero così diversi. Lui amante dei rally, con una forte propensione all’alcolismo, attraversato da continue tempeste emotive, il senso di colpa verso la prima moglie, il rapporto impossibile con il primo figlio Scott, che morirà di overdose a 28 anni, le battaglie politiche. Lei così stupendamente centrata, profonda, con i suoi lavori maglia che si portava perfino nelle interviste in TV, così curiosa e sperimentatrice, mai quieta, innamorata del suo lavoro e madre accogliente, la spalla e l’ossatura di tutto, della famiglia e della sua relazione.
“Nella nostra coppia siamo in tre: il mio ego, l’ego di Paul, e la nostra coppia”. Lei sapeva che per attraversare gli ostacoli, i tradimenti, gli abbandoni, le crisi, era in quel centro che doveva cercare, mettendo da parte se stessa. E lui la ricambiava con un amore incommensurabile, che trasudava da ogni movimento del suo corpo, da ogni gesto, quando stavano insieme.
Agli inizi del Duemila a Joanne Woodward viene diagnosticato l’Alzheimer. Paul si ammala poco dopo di cancro e muore nel 2008. Prima di morire però, fa in tempo a lasciare un regalo nella calza di Natale della moglie, un gesto perché lei avesse il suo ultimo dono prima di morire. Oggi Joanne ha 93 anni, ha pochi sprazzi di lucidità, “è se stessa ma anche non lo è" dice il nipote (che sì, assomiglia davvero al nonno), ma i due attori rimangono due anime che non si sono mai lasciate.
Più di tutto però quello che emerge dalla loro storia è un insegnamento: dare valore allo sforzo, alla fatica di ottenere e mantenere ciò che si è raggiunto. Luck is an Art, la fortuna è un’arte, è la frase scritta su un grande quadro nella casa della coppia, ed è ciò che entrambi hanno perseguito fino alla fine. Il senso di tutto, per Paul Newman e Joanne Woodward, era essere consapevoli in ogni momento che un matrimonio felice, la carriera, il successo, tutto ciò che conquistiamo nasce da una svolta fortunata che va sapientemente mantenuta attraverso l’amore e lo sforzo. Se Gore Vidal li aveva definiti “l’ultima vera coppia di star del cinema”, trent’anni fa, non aveva sbagliato poi di molto.
Recensione a cura di Caterina Nicolis
