
“Tu eri lì”: lo straniante esordio discografico del cantautore di Vigevano Sambiglion
Chi citerebbe l’omicidio Scazzi (delitto di Avetrana) ed Ivan il Terribile in una canzone d’amore? Chi accosterebbe, in un brano, il boss di Cosa nostra Totò Riina e il Mastro Misciu verghiano di “Rosso Malpelo”? Queste scelte (apparentemente) stranianti sono l’emblema di un esordio discografico, quello del cantautore di Vigevano, Ruben Caparrotta (in arte Sambiglion) - già finalista, nel 2018, di “Emergenza - il Festival per le band emergenti” - decisamente fuori dagli schemi.
“Tu eri lì”, recentemente uscito con la coraggiosa ‘La Stanza Nascosta Records’ (una giovane etichetta indipendente ma già molto attiva su tutto il territorio nazionale), è un album ricco di sottotesti, che si pone al crocevia tra storia e spiritualità, citazionismo e folgorazione inedita, nutrendosi di felici intuizioni e allegorie. Tanti i riferimenti in musica del cantautore: da Ivan Graziani a Fanigliulo, da Rino Gaetano (cui Sambiglion si avvicina anche per la ruvidezza timbrica) a Fabrizio De André, con il quale l’artista sembra condividere la poetica degli ultimi. Si avvertono, qua e là, anche richiami alla tradizione degli chansonniers francesi.
Affascinante è l’inserimento di ritmiche di origine popolare all’interno di un tessuto sonoro di matrice pop-rock, mentre gli arrangiamenti delle canzoni, intenzionalmente minimali, sono strettamente funzionali alla narrazione. Anche questo procedere per sottrazione si carica, nel contesto storico attuale, di una valenza metaforica: quasi un invito ad un cambiamento della nostra concezione di ciò che è prioritario, al recupero dell’essenzialità. «Le mie canzoni» - ha spiegato Sambiglion - «raccontano quasi sempre delle storie che, lette su un’ottava più alta, hanno anche un altro significato. Ognuno può interpretare come meglio sente. Racconto di prostitute (“Tu eri lì”), di minatori (“Mastro Misciu”), di banche (“L’Etrusco”), di donne... ma dietro, quasi sempre, ci sono risvolti e riflessioni più profonde».
Proprio questa polisemia sembra essere il punto di forza di un lavoro fruibile a diversi livelli: immediatamente godibile per chi voglia fermarsi ad un primo, disimpegnato, ascolto; fortemente politico nel rifiuto, di matrice deandreiana, del potere (anche i testi di Sambiglion sembrano gridare, a tratti, con Faber, un disperato «non ci sono poteri buoni») e, infine, denso di consonanze, citazioni, allusioni metaforiche per chi abbia la voglia e la spericolatezza di entrare dentro quelli che sono anche autentici testi cifrati dagli echi esoterici.
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Maria Lucia Tangorra
Pugliese di nascita e milanese di adozione, pensa che in particolare di teatro e cinema non si possa fare a meno. Giornalista pubblicista, laureata in Lettere moderne percorso 'Letteratura e arti' in Cattolica, scrive in particolare modo di Settima Arte e di quella più antica - quella teatrale - ma negli anni ha ampliato occupandosi anche di tv, mostre, libri ed eventi. Vive nella città meneghina, ma effettua trasferte ad hoc anche per seguire festival di settore.
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