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In Crociera sui Navigli è la stagione 2016 della navigazione in Darsena che continua fino a settembre con il suo ciclo di eventi.
Ammirare una mostra di luce mentre si gustano specialità altoatesine? E' quel che succede al Rifugio Delicatessen nell’anno di Expo 2015, dove la tradizione culinaria sposa la cultura dell’illuminazione nel luogo dedicato al pranzo. Nella cornice degli eventi Expo in Città, dal 29 settembre al 3 novembre, Rifugio Delicatessen in collaborazione con Ghilli Antichità, apre il suo spazio conviviale alla mostra Lumièra, progetto inedito sul tema della Luce nel “luogo del pranzo”. L'inaugurazione si terrà martedì 29 settembre dalle ore 18.00.
Il percorso espositivo parte dal concetto di mensa medioevale morigerata e spartana e prosegue con l’evoluzione del luogo del pranzo, come luogo canonico nel quale acquisisce sempre più importanza la spettacolarità scenografica e il valore del servizio. In questo contesto l’illuminazione ha un ruolo determinante. Lampadari, applique e lampade divengono simbolo di bellezza, eleganza e classe per esprimere la ricchezza, lo sfarzo e il potere del padrone di casa.La luce diventa così protagonista e passa dai primitivi lampadari in legno e metallo a quelli a più livelli in ferro e ottone, o altri materiali come l’argento, il legno dorato e il bronzo; nel XVIII secolo si fanno più lussuosi con il cristallo di rocca apprezzato per la sua bellezza, trasparenza e lucidità; in alternativa viene ideato il cristallo di piombo (con una grossa diffusione nei secoli XVIII e XIX). Infine il lampadario moderno si distingue per il suo stile essenziale e minimalista.
Partner esclusivo dell’iniziativa è la distilleria Roner che presenta il nuovo Gin Z44 con una serie di cocktail e con un gustoso risotto a basso grado alcolico che sarà possibile degustare presso il Rifugio Delicatessen per tutta la durata della mostra.
Il rifugio Delicatessen propone a Milano le prelibate ricette della tradizione altoatesina. L’amore per l’accoglienza e l’uso del legno antico creano un ambiente armonico e confortevole per un momento di gioia e tranquillità nel trantran della vita quotidiana. www.rifugiodelicatessen.com
Ghilli antichità opera nel settore dell'antiquariato da due generazioni occupandosi prevalentemente di illuminazione. Nel negozio milanese in via Ampere 55, inaugurato nel 1990, le luci sono protagoniste e vengono affiancate da una selezione di dipinti antichi, mobili e oggetti d'epoca accuratamente ricercati in dimore private. www.ghilli.itInformazioni:
Rifugio Delicatessen - Via Lomazzo 67, Milano dal 29 settembre al 3 novembre 2015 tutti i giorni dalle ore 12:00 alle 23:00 www.lumiera-mostra.com Inaugurazione: martedì 29 settembre dalle h 18:00 Una selezione di lumiere d’epoca sarà inoltre visionabile presso Ghilli Antichità (dal lunedì al sabato orari 9:00 -12:30/15:00-19:00 - Via Ampère 55, Milano)
Indira Fassioni
[gallery ids="46883,46884,46885,46887"]Il pensiero comune ci induce ad associare la cerimonia giapponese del tè ad una pratica antica, di valenza prettamente estetica; un rito composto ed elegante che ha fatto il suo tempo e piacevole da osservare.
In realtà, nella terra del Sol Levante, la condivisione di una profumata tazza di tè è un'usanza ancora fortemente radicata e assume precisi connotati simbolici e filosofici, soprattutto se inserita nel più complesso contesto cerimoniale.
Il tè fu importato in Giappone dalla Cina dai monaci intorno al VI Sec., insieme al buddismo, e il suo impiego accompagnava le meditazioni, infondendo vigore. Nei riti in onore di Buddha, l'assunzione di tè era intesa come “illuminazione”, il risveglio al quale i buddisti aspirano.
Un mercante, Sen no Rikyu, decise di codificare il rito zen in una cerimonia ben definita, per rendere possibile alla gente comune uno spazio di condivisione, fondato sulla preparazione e il consumo della bevanda, volto alla ricerca di un senso di pace.
Il rituale si basa su pochi semplici dettami: può svolgersi alla presenza di un numero massimo di cinque individui (amici, familiari o ospiti di prestigio), i presenti devono predisporre il proprio animo alla condivisione e al raggiungimento di un senso di pace, oggetti e individui devono disporsi in modo da creare un ambiente armonico.
La cerimonia del tè si svolge nella cosiddetta stanza del tè (cha shitsu), un angolo dedicato all’interno di un’abitazione o, nel caso delle antiche dimore tradizionali, parte di una costruzione apposita, la casa del tè (sukiya).
La stanza si caratterizza per la sobrietà e l’essenzialità: la quasi totale assenza di mobili ed i materiali umili (paglia e legno) richiamano un senso di purezza e soprattutto la dimensione del vuoto, cui la meditazione zen aspira, lasciando spazio al pensiero, alla contemplazione che allontanano ansie e i richiami alla materialità della vita quotidiana.
Prima di entrare nella casa del tè, gli invitati devono attraversare il roji (il giardino del tè), per predisporsi ad un contatto più diretto con la natura e fare in modo che, all'ingresso, l’animo si sia già placato.
Al centro della stanza è posto il braciere sul quale scaldare l’acqua: intorno ad esso si dispongono ordinatamente coloro che intervengono alla cerimonia. Durante l'assunzione e la preparazione della bevanda, i presenti assumono la tipica seduta giapponese perché, nel predisporsi ad accogliere la serenità, non deve mancare il rispetto per le persone presenti e per la loro meditazione.
Sen no Rikyu decretò, infatti, che colui che partecipa alla cerimonia deve entrare in possesso di 4 virtù: armonia, rispetto, purezza e serenità.
In ottemperanza alla prima virtù, all'interno della stanza sono volutamente convogliati i 5 elementi base della concezione dell'universo: il legno (degli utensili e della stanza); il fuoco (del braciere); la terra (le tazze in ceramica), il metallo (il bollitore); l'acqua.
La cerimonia del tè può avere una durata variabile: dai pochi istanti di un incontro fugace, può prolungarsi sino a 4 ore e sebbene si componga di fasi definite, essa di delinea come un lento flusso in cui attese, conversazioni e degustazioni si alternano piacevolmente.
I 3 momenti principali che la compongono sono: il kaiseki, intervallo durante il quale gli invitati consumano un pasto leggero in attesa che l'ospite predisponga la stanza del tè; il goza iri (fase del tè denso), in cui viene servito il koicha (tè grossolano); l'usucha, in cui viene servito un tè più fine. Come già detto, gli invitati possono usufruire del tempo che ritengono necessario per rinfrancarsi.
Durante la cerimonia, ognuno dei 5 sensi assume una valenza primaria e viene coinvolto da differenti sensazioni:
il gusto: in base al tipo di tè servito, cambia il modo di berlo e assaporarlo. Gli stimoli che pervengono sono differenti, così come le sensazioni suscitate: il koicha viene servito in una sola tazza, che viene offerta prima all’ospite di maggior rilievo il quale ne beve un sorso, si sofferma ad assaporare il tè, quindi la porge alla persona accanto che farà lo stesso. Il senso di condivisione è molto forte. L’usucha viene invece servito in tazze singole, sorseggiato brevemente per 2/3 volte, quindi si procede con un più ampio sorso per abbeverarsi e abbandonarsi alla quiete.
l'olfatto: prima di bere sia il koicha che l'usucha, i presenti ne aspirano il profumo (più intenso nel primo, dolce nel secondo), pregustandone il sapore: l'aroma che li pervade preserva lo stato di pace. Prima di lasciare la stanza, se gradiscono, gli invitati possono odorare un'ultima volta le tazze per portare con sé il ricordo delle sensazioni provate.
la vista: continuamente stimolata, assume un ruolo importante per favorire la costruzione di un'armonia interiore. Sin dal roji, gli invitati si rapportano con un ambiente che richiama una natura semplice ed incontaminata. Giunti all'interno della stanza del tè, l'aspetto essenziale, unito ai sobri ed incantevoli decori, come gli ideogrammi alle pareti e l'ikebana (composizione floreale simbolica), accolgono uno sguardo alla ricerca di quella bellezza che si vuole vedere riflessa nel proprio animo.
Lo stesso colore del tè è determinante: solo quando il verde della bevanda avrà il tono della "giada liquida", questo sarà pronto per essere servito e ammirato.
l'udito: la scansione del tempo durante la cerimonia è dettata dal suono del gong, le cui vibrazioni risuonano sin nel profondo dei presenti.
Una volta all'interno della cha shitsu, le conversazioni vengono abbandonate sino al momento in cui il tè sarà servito, il silenzio avvolge la sala e l'assenza di suono si tramuta in un condiviso stato di serenità e meditazione.
il tatto: l’ingresso nella sala del tè avviene carponi: questo implica un contatto ed una prima conoscenza dell’ambiente e dei materiali, con i quali entrare maggiormente in sintonia; inoltre, sfiorare con le labbra la medesima tazza porta ad avvertire una maggiore empatia con le persone nella stanza. Per concludere, il metodo corretto di sostenere la tazza e portarla alla bocca implica che entrambe le mani vi aderiscano completamente, in modo che il calore irradiato venga completamente assorbito dalla persona.
Ciò che ad un osservatore distaccato appare come un coreografico susseguirsi di gesti e posture, in verità è un metodico percorso per predisporsi al meglio ad un momento più solenne e profondo, uno stato di armonia in cui l'individuo è coinvolto nella sua interezza e nel suo relazionarsi con l'ambiente.
Porgere una tazza di tè è molto più che un gesto di cortesia: è un invito a condividere un luogo, un tempo, un sentire interiore.
“Oggi chiacchiero con” è una chiacchiera, uno scambio di pensieri sullo Yoga che periodicamente farà parte dei miei articoli per farvi conoscere meglio gli insegnanti e gli insegnamenti che Milano offre. Con queste interviste vi svelerò i punti di vista dei maestri sullo yoga e le loro scuole che abitano il tessuto cittadino.
YogaDOTyoga, una firma Nerospinto, entra al centro Parsifal.
Sono nella sede di Milano di Parsifal in Viale Gorizia 6, Milano (P.ta Genova).
La scuola Parsifal, che prende il nome dal cavaliere della tradizione della Tavola Rotonda che incarna, più di ogni altro, il percorso, il viaggio di un uomo alla ricerca di se stesso.
Parsifal è un luogo in cui ritrovare le discipline dell’Antica Tradizione tra cui lo Yoga.
E’ un luogo antropologico, per scomodare l’antropologo Augé, in cui ritrovo elementi connotativi materiali ed immaterali (o spirituali). Dall’interior ai colori, dagli odori all’atmosfera tutta la “scatola” è stata pensata per far sentire i suoi allievi a proprio agio in una calda e piacevole spazialità dimenticando l’ambiente cittadino rumoroso e caotico.
Ma oggi conosciamo meglio Manuela Leoni, una delle maestre di Yoga Integrale del Centro Parsifal di Milano.
BIOGRAFIA
Manuela parte dagli studi scientifici prima di approdare allo yoga.
Maturità scientifica per poi proseguire gli studi all'Università di Medicina e Chirurgia di Parma, con specializzazione in Ostetricia. Tuttavia l'ospedale le stava troppo stretto: sentiva che non era la sua strada.
Dopo essersi concessa un paio di anni per viaggiare (Sud America, Nord Europa, Italia, ecc.), nel 1989 incontra finalmente la disciplina Yoga, capendo che quello sarebbe stato il suo punto di partenza. Inizia qui il suo percorso, come allieva di Yoga, meditazione e Tai-Chi.
A distanza di poco tempo incontra il suo maestro, Walter Ferrero, con il quale intraprende un vero percorso interiore basato sullo studio e la pratica dello Yoga Integrale.
Nel 1993 riceve dal Maestro l’abilitazione all’insegnamento e per anni si dedica, attraverso percorsi collettivi e individuali, a curare workshop e lezioni in diverse associazioni e centri benessere nel nord Italia divulgando la cultura dello Yoga e l’arte della consapevolezza di sé secondo l’insegnamento della sua guida. Nel contempo mette a punto un metodo per l’istruzione dello Yoga in gravidanza, basato sui principi dello yoga antico.
Nel 1993 entra a far parte dell’Istituto per l’Evoluzione Armonica dell’ Uomo (diventata nel 2012 HORUS, Accademia per lo sviluppo del potenziale umano) fondata dal suo Maestro W. Ferrero e Andrea Di Terlizzi. Dal quel momento inizia il suo apprendistato come Istruttore di Yoga Integrale e un intenso studio sia pratico che teorico delle discipline insegnate all’Accademia, scuola di formazione umana e interiore: una vera e propria università per la ricerca di sé.
Nel 1997 Il Maestro Walter Ferrero fonda Parsifal a Milano e nel 2002 le conferisce la nomina di Istruttore Parsifal per le discipline Hatha Yoga, Pranayama, Meditazione.
Inizia l’avventura Parsifal insieme ai suoi colleghi ed esperti in discipline orientali insegnate nei Centri Parsifal di Milano, Verona, Crema, con i quali collabora e gestisce eventi, corsi speciali, conferenze, happening, formazione secondo il metodo Parsifal.
La formazione di Manuela è in continua evoluzione, come lei tende a sottolineare: “ nello Yoga non esiste una preparazione semplicemente accademica poiché lo Yoga è un lavoro interiore, una via: non ci sarà mai una conclusione; certo gli studi possono terminare ma il lavoro che facciamo a livello interiore va avanti fino all'Illuminazione!” (ndr. che non ho ancora raggiunto, aggiunge scherzando).
V: Qual è la tua visione personale dello Yoga? Cos’è per Manuela lo Yoga?
M: Per me lo Yoga è innanzitutto piacere: da subito per me è stata una grande esperienza di piacere sensoriale, mentale ed emotivo, e così è importante che lo sia per tutti, per affrontare meglio le tensioni che viviamo. Dalla capacità di abbandonare le proprie tensioni nasce la possibilità di sperimentare la grande potenza contenuta in questa scienza. E' uno strumento per entrare in contatto con se stessi realizzando la nostra vera natura come esseri umani e realizzare il vero significato della vita, delle cose, delle relazioni. Quindi uno strumento per vivere con consapevolezza.
V: Perché una persona è “spinta” a far Yoga? Quali sono secondo te i motivi per cui i tuoi allievi solitamente si avvicinano a questa disciplina?
M: Le motivazioni sono molte: forse la motivazione principale è la ricerca di equilibrio, di un benessere maggiore e di contatto con se stessi. Poi ci può essere anche la curiosità: lo Yoga in questi anni va molto di moda quindi vi è anche un fattore di immagine. Le persone sperimentano un grande vuoto in quest'epoca e lo Yoga dona un senso di pienezza: riconcilia con te stesso. Altri invece, ricercano una via di conoscenza di sé oppure un contatto con altre persone per comunicare, esprimersi. Tutti cercano sicuramente uno stato di piacere, a più livelli.
V: Tu insegni anche Yoga in gravidanza. Quali sono i benefici della pratica durante la gravidanza?
M: Sono molteplici. A parte i benefici fisiologici, che sono tanti, innanzitutto è un beneficio a livello psicologico. Lo Yoga permette una condizione di armonia psicofisica, ti aiuta a sentirti e a conoscerti: durante la gravidanza, nella quale la maggior parte delle volte la donna non sa ciò che sta vivendo, una disciplina come questa la tranquillizza, l'aiuta a conoscersi, a capire cosa sta accadendo mantenendola in uno stato di benessere. Benessere che si riflette sul decorso della gravidanza che varia man mano che essa procede. Anche la pratica dello Yoga si adatta alle varie fasi della gravidanza di volta in volta insegnando tecniche fisiche, psicologiche e respiratorie adatte all'esigenze della donna e delle difficoltà che incontra. I primi mesi fa fatica ad adattarsi al nuovo stato: ha paura. Quindi lo Yoga, strumento di armonizzazione, può aiutarla a sciogliere queste tensioni. Man mano che avanza la gravidanza si affrontano le difficoltà che possono insorgere nella donna che non conosce il suo corpo e non può contare su una condizione di equilibrio emotivo (stress da lavoro, ignoranza culturale sul parto e gravidanza in genere, rapporti affettivi complicati, etc). Tutte queste pressioni si riflettono sul suo stato psicofisico. Lo yoga viene in aiuto alle donne rafforzandole: rafforza il carattere e la sfera emotiva aiutandole a divenire più sicure di sé stesse.
V: Quindi secondo te le donne riescono a godersi di più la gravidanza praticando lo Yoga, assaporando di più la gioia di diventare madri?
M: Si, se si fidano e si lasciano andare. Se si riesce ad entrare in un rapporto empatico con l'allieva incinta lei può godere molto, può abbandonarsi e sperimentare una gravidanza e un parto molto piacevoli.
V: Yoga al caldo. Hai condotto una splendida sadhana ricca di tradizioni e di gesti che si perdono nel tempo qualche settimana fa al Parsifal. Vuoi spiegare cos’è lo Yoga al Caldo e quali sono i suoi punti forti?
M: Lo Yoga al caldo appartiene alla tradizione dello Yoga Antico.
E' nato dall'unione di più tradizioni che si intersecano tra di loro e di diverse scuole di matrice yogica che in passato si incontravano e si confrontavano tra di loro (es. tradizione brahmanica tantrica, ecc). I maestri con gli allievi praticavano insieme in luoghi naturali (grotte) sfruttando il calore del fuoco acceso. Il calore esaltava quelle che sono le potenzialità dello yoga e quindi aiuta l'adepto a penetrare nella tecnica rendendola più efficace.
Lo yoga al caldo è una rilettura moderna di questa tradizione adattata a quelle che sono le esigenze dell'uomo occidentale del ventesimo secolo.
Un suo punto forte è sicuramente il calore: è il fattore che determina la qualità e l’intensità di ciò che si sperimenta. E' importante che una persona entri e viva pienamente questa condizione, abbandonandosi con fiducia..
Un altro punto è l'abbandono al piacere: non è facile toccare il piacere in quanto non siamo stati educati a viverlo. Abbiamo un sacco di barriere che ci impediscono di cercare liberamente il piacere, molti preconcetti per l'educazione che abbiamo ricevuto. Non siamo come gli Orientali che sono più liberi e sensibili all'ascolto per loro tradizione. Quindi il piacere è importante poiché nel momento in cui ci si abbandona ad esso ci si può liberare da molti pesi. La pratica è improntata su questo: creare delle condizioni per cui diventi facile abbandonare le tensioni e cogliere uno stato di piacere vivendolo sulla pelle. Da lì può nascere una condizione di maggior apertura alla vita, alla conoscenza e all'espressione di sé.
V: Qual è il “segno” che fa capire quando si è pronti a trasmettere agli allievi questa disciplina?
M: Questo te lo dice il tuo maestro. Il segno l'ha riconosciuto lui in me. Mai avrei pensato di insegnare! (ndr. mi dice ridendo).
V: Cosa trasmetti ai tuoi allievi nelle tue lezioni? Qual è la cosa che a tuo avviso è più importante insegnare?
M: La capacità di ascoltarsi partendo da un atteggiamento di semplicità. Prima di tutto una persona dev'essere in grado di fermarsi dentro, di ascoltarsi e riconoscere una dimensione oltre i suoi pensieri e vivere il piacere di essere, di esistere.
V: Cosa secondo te è più frainteso in generale della pratica dello Yoga nel mondo Occidentale?
M: E' fraintesa la profondità di questa scienza che è vissuta in modo superficiale come fosse una ginnastica. Non c'è rispetto per questa scienza...ma non voglio colpevolizzare nessuno di questo: è successo da quando l'Oriente è arrivato in Occidente negli ultimi 30 anni in un certo modo. Si è colto dello yoga l'aspetto più esterno. Sono nati diversi movimenti culturali che potevano essere utili. Però sono stati manipolati per divenire un fattore consumistico o di massa. Ormai il Buddha, per usare un esempio, o comunque la posizione classica di meditazione la trovi ovunque...addirittura nelle chiavette per l'home banking!!!
Questo ti fa capire che lo Yoga è un marketing: certamente c'è una grande richiesta e quindi è nato il mercato della consapevolezza.. Questa è un'epoca nella quale si sta cercando qualcosa di più, dei valori più profondi e quindi l'offerta è variegata e numerosa. Le scuole e i maestri ormai sono super organizzate e, alle volte, vi sono fini puramente materialistici.
V: Cosa consigli alle persone che dicono “vorrei ma non me la sento di far Yoga perché non ho una buona preparazione fisica, non sono molto flessibile, non mi piego abbastanza, sono troppo vecchio, ecc.”?
M: Che possono fare yoga senza problemi. Lo yoga non è una ginnastica. E' una disciplina che lavora sul corpo e la mente armonizzando tutto l'essere umano. Offre strumenti in più per star bene, non mi spaventerei di fronte a un problema fisico. Certo, se una persona ha grossi problemi fisici oggettivi ovviamente non farà determinate Asana.
Ho lavorato con una persona che aveva una artrite reumatoide insorta all'età di due anni. Lavoravo con lei che aveva 40 anni eppure era una persona che faceva meditazione e yoga. Non le facevo fare la posizione sulla testa ma per lei quello che riusciva a fare era yoga: e da quella pratica ricavava dei grandissimi benefici. Se tu accetti la tua condizione e abbandoni il giudizio nei tuoi confronti ottieni buonissimi risultati.
V: Anche perché forse la gente ha una visione occidentale della disciplina.. Se esternamente non riesce a raggiungere una determinata posizione anche internamente pensa di non raggiungere un certo stato...quindi secondo te anche un po' questo blocca la gente a venire a fare Yoga?
M: Questo perché non c'è abbastanza conoscenza della disciplina. C'è una visione legata al fitness, all’attività corporea come ginnastica,ma è comprensibile: lo yoga esula dalle altre attività. Si, adesso ci sono tanti sistemi di abilitazione che si basano sullo yoga, ma non è la stessa cosa comunque.
V: Può lo Yoga cambiare la vita delle persone? E in che modo ha cambiato la tua vita?
M: Si, può cambiare la vita delle persone. A me l'ha cambiata tanto. Ho cambiato personalità addirittura. Prima della pratica dello yoga ero una persona molto introversa, timida, chiusa e insicura, avevo difficoltà a parlare e non ero aperta alla vita e alle relazioni con gli altri... Attraverso questa pratica mi sono resa conto che ero totalmente cambiata partendo dalle cose più ovvie: avevo molta gioia e vivevo la vita con una carica e apertura diverse...mi ha cambiato la visione del mondo e della vita.
BOTTA E RISPOSTA: UNA DOMANDA – UNA PAROLA COME RISPOSTA
1-L’Asana che preferisci di più – BHUJANGASANA, il Cobra
2-Lo stile di yoga che senti più tuo - YOGA INTEGRALE
3-Un libro utile (in generale) - SIDDHARTA
4-Un viaggio utile – IL GIRO DEL MONDO
5-Una citazione o una tua frase utile - “NON C'è NIENTE DI COSTANTE TRANNE IL CAMBIAMENTO”, BUDDHA
6-Un consiglio per chi pratica Yoga – ESSERE COSTANTI
7-La cosa da evitare per chi pratica Yoga – IL GIUDIZIO
8-Cosa ti rende felice quando insegni – IL VOLTO DEGLI ALLIEVI QUANDO SORRIDONO DOPO LA LEZIONE E MI SI AVVICINANO PER PARLARMI DELLA LORO PRATICA
9-Colore preferito – PERVINCA, COLORE INDIANO
10-Una bevanda che consigli a tutti – TEA AYURVEDICO INDIANO “TULSI”
Il Centro Parsifal lo trovate a Milano in Viale Gorizia, 6.
web: http://www.parsifal-yoga.it – per info e scoprire le altre sedi in Italia.
L'Accademia Horus, sulla quale abbiamo speso due parole per quanto riguarda la formazione di Manuela Leoni, la trovate al sito: http://www.accademiahorus.it/
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