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Dal 12 al 17 marzo, il Teatro Franco Parenti di Milano ospita una commedia in lingua inglese con sovratitoli in italiano dalla forte impronta goldiana ambientata nel 2002, anno in cui nei paesi europei fu adottato l'euro. The Wily Widow parla di quanto gli esseri umani sono molto umani.
La gente continua a morire per mano della setta del killer più persuasivo degli Stati Uniti.
Muore per caso, perché si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato, muore per un disegno preciso come i coniugi fondatori della setta usurpata da Carroll, muore perché tra la redenzione o il carcere sceglie di immolarsi ancora per l’idea del mondo che il proprio mentore gli ha instillato.
Joe invece è vivo e più determinato che mai. In un video inviato ad una emittente nazionale il serial killer più famoso del momento parla addirittura di restaurazione, di una nuova era di paura e sconforto, di morte e uccisioni, di stragi e di vittime da sacrificare perché nessuno deve e può sentirsi al sicuro. Hardy è messo con le spalle al muro. La caccia spietata al suo alter ego negativo lo fa girare in tondo inutilmente, facendolo passare dall’ex professore e guida di Carroll all’università, alla sua adepta con contatti nell’FBI, dagli esecutori dell’ultima strage in libreria alle tracce di lasciate dal killer nei suoi luoghi di passaggio, ma niente. Joe Carroll è imprendibile.
E soprattutto sembra davvero immortale.
Furbo, spietato, manipolatore di menti e di personalità, dissimulatore professionista Joe si infiltra nelle vite degli altri e le fagocita. Entra come un povero rifugiato e derelitto con Emma e Mandy nella setta segreta e nascosta dei coniugi visionari e mistici e finisce con l’uccidere entrambi e prendere il comando dell’intero gruppo che lo investe come nuovo sacerdote e guida spirituale e lo loda come nuovo dio. Sia lode perciò a Joe Carroll che restaurerà il clima di terrore e morte con nuove forze e con nuovi adepti e farà in modo che nessuno si senta più al sicuro.
Intanto, mentre Hardy brancola nel buio e prosegue nella sua caccia infruttuosa gli agenti dell’FBI e i suoi ex collaboratori hanno un asso nella manica che sconvolgerà tanto le azioni future di Ryan che quelle del serial killer.
Claire è viva! L’ex moglie di Joe Carroll ferita a morte sotto gli occhi del suo amante Hardy in realtà è stata salvata in ospedale e posta nel programma di protezione dell’FBI.
Con il suo rientro nella serie si capovolgerà tutto di nuovo e tra i due protagonisti sarà guerra all’ultimo sangue. Le vittime si moltiplicheranno e il duello sarà più feroce che mai.
Nel copione oramai collaudato della serie televisiva più inquietante degli ultimi anni c’è sempre qualcosa che colpisce lo spettatore più di altro. Il cordone ombelicale che unisce da tempo i due protagonisti Ryan e Joe. Sempre più antagonisti e sempre più legati da un filo invisibile che a volte viene tirato da una parte e a volte dall’altra.
La nuova stagione di The following avendo un pubblico affezionato e abituato ai mutamenti di scena e ai salti di trama si può permettere di rendere il rapporto tra i due personaggi principali ancora più intimo e indissolubile, tanto che l’ex agente Hardy non ci crede neppure per un attimo che Carroll può essere morto; perché lui lo “sente”, gli arrivano i moti dell’anima del killer e anche tutti i suoi pensieri. E a lui non resta che continuare a tenere in allerta tutti i sensi e cercare di trovarlo. Nella nuova stagione della serie, tanti e molti sono i nuovi coprotagonisti.
A partire dalla strana famiglia dei gemelli assassini e psicotici e della loro splendida e pericolosissima madre. Poi c’è la nuova pupilla di Hardy. L’adolescente innamorata e adorante del serial killer quanto lo era nella prima stagione la fedelissima Emma. Anche lei uccide la madre naturale per seguire il suo Messia, per farsi guidare da lui e per servirlo in ogni piano e azione da lui comandati. A differenza di Emma, però, la giovane età di Mandy la spinge a vedere in Carroll anche una sorta di padre putativo, un uomo che può diventare la sua nuova famiglia.
Il senso di famiglia e di appartenenza allora diventa una sorta di lit motiv per incentrare tutte le nuove puntate di The Following 2. Madre e figli che si uniscono alla lotta e ai disegni personali di Joe Carroll e che non agiscono più in modo indipendente e isolato ma che si appoggiano, paradossalmente, agli affetti più cari per agire all’unisono e all’unisono distruggere e uccidere.
La piccola Mandy che incontra Emma e che con Carroll pensa che il senso di famiglia e di unità possa venire finalmente realizzato, agendo come agiscono i suoi predecessori, che sono anche mentori ma soprattutto la sua nuova unità familiare. La bella e preparata ex agente dell’FBI che passata nelle file dei seguaci di Joe usa la sua famiglia per carpire informazioni utili alla setta, procurare documenti falsi al killer e muovere i meccanismi di difesa a favore del gruppo utilizzando i suoi due bambini.
In tutto questo, come nelle vite parallele dei personaggi più particolari Ryan Hardy ancora una volta è solo. Lui che non riesce a formarsi una famiglia e che armato delle migliori intenzioni per combattere il male viene sopraffatto e vinto dallo stesso.
Niente familiari o congiunti per l’uomo che sembra destinato a nuocere chiunque lo avvicini o gli voglia bene. L’insondabilità del destino è anche in questo.
Hardy e Carroll. Il primo costretto dalla vita e dagli eventi a lottare e muoversi quasi sempre da solo, l’altro che della vita e del destino se ne infischia da sempre perché ha il potere di accentrare intorno alla sua figura, gente, passioni, ammirazione e assoluta fedeltà
I tempi, però, stanno per cambiare e la più fragile e sfortunata delle vittime di Carroll finirà con il decidere la sorte di entrambi i protagonisti. Bisogna solo aspettare.
Anno nuovo e novità anche per la serie evento dedicata ai serial killer e ai loro seguaci.
La seconda stagione di The Following è tornata sugli schermi questa volta su Fox Crime, ogni martedì alle 21.15…e non è la sola novità che attende gli spettatori.
I creatori, infatti, hanno deciso di rivoluzionare quasi l’intero cast sfidando alleanze e rapporti personali e dimostrando che il pericolo e la suspense si possono sempre creare anche smontando la sceneggiatura e il cast.
Punto fermo e geocentrico della seconda serie resta solo il rapporto tra Hardy e il suo alter ego, il cattivo, affascinante e imprevedibile Carroll. Nell’intenzione dei creatori della serie gli spettatori devono sempre avere presente che alla fine ne resterà uno solo e chi dei due trionferà sull’altro è il senso ultimo dell’intera storia.
Intanto con un colpo di spugna da maestro il regista e gli sceneggiatori hanno fatto morire la dolce Claire e fatto sparire dalla storia il figlioletto di lei e di Carroll che tanta parte invece aveva avuto nella prima serie. Morta e sepolta anche la compagna detective di Ryan e buona parte dei follower protagonisti accanto al killer delle azioni più criminose e cruente della prima stagione.
I nuovi arrivati pertanto sono molti e tutti pronti a diventare presto famosi e indispensabili per i loro ruoli e per l’importanza che avranno nello svolgimento della storia.
Tra questi di grande impatto è il ruolo dei gemelli killer Luke e Mark, interpretati da Sam Underwood e Zach Hamilton, strenui seguaci di Carroll e spietati assassini e terroristi.
La vera novità della seconda stagione, però, sono due donne che con le loro storie e con i loro rapporti intricati accentreranno buona parte della trama di The Following 2.
Lily Gray, interpretata da Connie Nielsen, e Mandy, interpretata da Tiffany Boone. La prima è l'unica superstite al massacro della metropolitana di New York, e forse, con lo sviluppo della storia e dei rapporti interpersonali la nuova compagna dell’agente Hardy, mentre Mandy è la figlia della groupie di Carroll che ovviamente resta affascinata dalla grande personalità del killer e che diventerà parte fondamentale per i suoi piani e progetti criminali futuri.
Ed Emma? La dolce, amorevole e spietata assassina, innamorata fedele di Joe Carroll nella prima serie che fine ha fatto? Se molti degli spettatori pensavano che il professore killer l’avrebbe eliminata per fare spazio ad altri adepti si sono sbagliati. La dolce Emma è sempre l’alleato più prezioso di Carroll, la fedele assassina a cui fare riferimento nelle occasioni più difficili.
La donna che meglio di tutti gli altri sa creare pathos e paura anche in questa seconda serie.
La nuova serie televisiva prequel de Il silenzio degli innocenti che vede Hannibal Lecter ancora noto psicologo e uomo libero ma già cannibale e serial killer ha oltre che una trama particolareggiata e una narrazione minuziosa e lenta anche altre caratteristiche strutturali e di costruzione filmica che accrescono l’originalità e la novità del prodotto.
Tanto per cominciare la riscostruzione ambientale del tempo e degli anni ai quali fa riferimento la serie che lo scenografo Metthew Davies cura fin nei minimi particolari. Le vecchie auto guidate dai protagonisti arrivano direttamete da una concessionaria inglese perché negli Usa molti dei vecchi veicoli vengono quasi sempre demoliti alla ricerca di pezzi di ricambio, per cui, Davies, gallese di origini si è affidato alle risorse del Regno Unito per le auto di scena e per alcuni degli oggetti di arredamento presenti nella casa del protagonista Hannibal. Come le pendole della bibliteca, le sedie dalla spalliera alta e alcuni tappeti acquistati dalle vecchie scenografie dei film in costume prodotti in Inghilterra. Gli elettromodestici invece sono tutti made in Usa. Patria di piccoli gioielli funzionali come il tostapane, lo spremiagrumi e il frullatore con cui Hannibal non manca di preparare “manicaretti” con parti del corpo umano delle sue vittime.
Curatissimi anche gli abiti di scena. Le camicie finto vintage del protagonista, i jeans a vita alta dell’agente dell’FBI, le gonne svasate della bella ricercatrice universitaria e le cravatte demodè e dai disegni improponibili indossate dal coordiantore del Bureau che il costumista Christopher Hargadon sceglie, combina e presenta con cura a ogni episodio della serie.
La cosa più spettacolare rimane comunqne la fotografia che dà a Hannibal il senso più giusto per presentare la storia. La serie infatti nasce nell’intenzione del suo creatore Fuller, come una storia da raccontare senza clamore, lentamente e facendo immedesimare lo spettatore in ogni passaggio, dalla scena più colloquiale a quella più efferata. Per questo la realizzazione filmica aveva bisogno di una fotografia quasi sussurrata, dalle tinte tenue e sfumate che ricreasse una realtà credibile ma quasi immersa nella dimensione onirica. James Hawkinson e Karim Hussein ce l’hanno fatta benissimo.
Forti della loro esperienza in Canada, al Festival di Boston e con le produzione hollywoodiane più prestigiosi i due screenwriter hanno realizzato una delle più sofisticate e precise fotografie filmiche che si siamo mai viste in una serie televisiva.
Per concludere Hannibal ha una colonna sonora che più varia non si potrebbe immaginare.
C’è né davvero per tutti i gusti, dalla musica gotica rintepretata da Delibes e Faurè alle opere più note del repertorio della musica classica, Beethover, Mozart, Vivaldi, fino ai contemporanei come Elina Garanca. Insomma, una serie che nelle intenzioni degli autori non vuole essere un semplice prequel ma un vero viaggio nella costruzione di un prodotto che possa affascinare al di là del personaggio principale e delle sue discutibili scelte di vita.
All’inizio fu Thomas Harris con i suoi romanzi sulla figura del celebre serial killer cannibale a inquietare e affascinare i cultori dei thriller-horror, poi arrivò Jonathan Demme con il suo premiatissimo film e ora, con un processo a ritroso che sembra premiare ogni prequel che si rispetti, arriva la serie televisiva che non ha mancato di suscitare entusiasmi e polemiche negli Usa.
Il prequel è stato ideato e realizzato da Bryan Fuller, un vero esperto nella creazione delle serie televisive e nuovo talento dei network più quotati.
L’autore e regista, con il consenso e l’approvazione dei vertici della Nbc, ha dato vita a un thriller psicologico tanto originale quanto curato, perché pur trattandosi di una storia conosciuta e di un personaggio, quello di Hannibal, ormai famoso in tutto il mondo, la sceneggiatura è originale e accattivante.
I personaggi della serie sono presentati allo spettatore in maniera accennata e ognuno di loro con un percorso proprio e ben delimitato. E così capita che i due protagonisti, Will Graham e lo stesso Hannibal Lecter, a stento si capiscano e possano interagire. Accanto a loro tanti altri personaggi, come il direttore dell’unità di scienze comportamentali Jack Crawford, interpretato da Laurence Fishburne, e l’assistente di psichiatria all’Università.
Tutto, però, parte dal protagonista che ha il dono di riuscire ad entrare nella mente dei criminali quando si trova sulla scena del crimine, percependone le sensazioni e capendo le loro ragioni. Un’empatia che, però, lo sta logorando, al punto da avere dei dubbi sulla propria sanità mentale.
Così entra in scena Lecter e tra i due protagonisti strana amicizia dove il primo cerca nel secondo aiuto per non impazzire, mentre il secondo vede nel primo non solo un’opportunità a livello lavorativo, ma anche la possibilità di sapere le informazioni che ha la polizia che potrebbero portare a lui. I tredici episodi che verranno trasmessi in Italia sulla rete Mediaset e in chiaro non mancheranno di mettere lo spettatore di fronte a una girandola di avvenimenti e di situazioni dove la tensione sarà affidata all’incapacità degli agenti del FBI di capire chi è davvero lo psichiatra abile e serafico che hanno davanti e le scene di assoluta e grandissima crudeltà.
Nel prequel di Hannibal niente è infatti lasciato all’immaginazione. Il sangue scorre e si vede, così come tutte le forme e tutti gli strumenti di tortura usati dal killer e dai suoi emuli sulle inconsapevoli e innocenti vittime.
Due caratteristiche ancora distinguono la serie ideata da Fuller da tante altre in programmazione: l’attenzione ai dettagli con scene abilmente ricostruite nel tempo in cui è ambientata la storia e con una fotografia da veri professionisti, come quella che si vede nei film dei Coen; e la tempistica degli accadimenti, ovvero il tempo filmico.
Non ci sono scene di azione vera e propria, non c’è fretta nelle azioni e nei gesti dei protagonisti o dei personaggi secondari. Fuller dà ai propri spettatori la possibilità di prendersi tutto il tempo necessario per assoporare e gustarsi la storia. È questo il successo della serie di Hannibal, il tempo che si dilata all’infinito e che gira tutto intorno al protagonista Lecter, spietato killer cannibale , il cui segreto è noto al pubblico, e a questi solamente, e non agli altri personaggi.
La tensione e la suspence alla fine non sono solo questo?
Caldo afoso.
Nottate infinite post serate all'aperto con caldazza infernale e zanzare assassine.
Ricerca spasmodica del lato fresco del cuscino che, nonostante ci provi con tutte le sue forze, fresco non lo diventerà mai.
Sviluppo dipendenze.
Sorvolerò sulle dipendenze di natura alimentare/alcolica/emotiva-in-senso-stretto.
Mi soffermerò sulle dipendenze di natura televisiva.
Serie tv, come se piovesse.
Che in realtà non piove.
E quando non riesco a dormire, loro, mi vengono sempre in soccorso.
La mia nuova dipendenza si chiama : Devious Maids.
Figlia della mamma di tutte le serie tv genere drama-comedy Desperate Housewives.
Figlia di sangue. Creata da Marc Cherry. Prodotta da Eva Longoria.
Mica figlia per dire.
Una persona mi suggerisce di vederla.
Ci provo. Orfana di Grey's Anatomy ( sì, lo so, passata l'adolescenza le vicende dei dottori andrebbero abbandonate, ma tant'é) e di tutte le altre serie tv in vacanza, dovrò pur trovare un po' di svago.
Cinque cameriere (o collaboratrici domestiche se vogliamo restare politically correct) latino-americane. Lavorano presso dimore sfavillanti di sfavillanti quanto ambigue famiglie ricchissime della Beverly Hills che conta.
Uscito negli Stati Uniti lo scorso 23 giugno su Lifetime, Devious Maids è ufficialmente la serie tv delle mie notti estive.
Amori possibili e impossibili, sotterfugi (parola da soap opera, perdonatemi), classi sociali a confronto (no, tranquilli, niente politica d'estate) e, a condire il tutto, un omicidio misterioso, ça va sans dire.
Mi sono messa d'impegno per scrivere una recensione costruttiva.
L'ho cancellata, due volte.
Perchè la verità è che non ho nessuna intenzione di scrivere una recensione costruttiva sul perchè Devious Maids vada visto o sul perchè, invece, vada evitato.
Potrei raccontarvi di quanto gli argomenti sopra citati siano triti e ritriti ma lo sguardo con cui vengono mescolati e messi in scena è interessante.
O potrei raccontarvi di quanto poco me ne freghi di come vivono i ricconi senza integrità e le loro relative e sottopagate domestiche ma di quanto guardando quelle case mi chiedo come mai io non mi sia ancora trasferita in California.
Potrei raccontarvi di quanto le protagoniste siano una più bella dell'altra ( cosa che indispettisce alquanto se si pensa alla propria tarchiatissima donna delle pulizie) e di quanto la loro bellezza, in realtà, non impedisca di empatizzare con i loro problemi.
O potrei raccontarvi di quanto diventi sempre più bello Grant Show (ve lo ricordate Jake di Melrose Place? Lui.) che è come il vino, con gli anni migliora, e di quanto odiosa sia sua moglie nella finzione.
La realtà è che delle dipendenze non sai mai veramente dire cosa ti piaccia.
Ti piace e basta.
E ne hai bisogno e basta.
Anche se non è una gran novità.
Anche se vedere gente molto più bella di te è un affronto continuo all'autostima.
Anche se,come Desperate Housewives, nessuno mai.
Anche se forse sarebbe meglio provare seriamente a dormire, per evitare la faccia da panda al mattino.
Anche se.
Dipendenza estiva.
Probabilmente quando il fresco arriverà io sarò già guarita.
E Devious Maids soltanto un lontano ricordo.
Probabilmente.
Per tutti i lettori ferventi sostenitori dell'animazione giapponese il mese di settembre rappresenta una meta davvero ambita.
Dopo il notevole successo ottenuto da Akira, le sale italiane replicano l'esperienza proponendo solo il 4 settembre la maratona Evangelion: una serata durante la quale verranno proiettati in successione i due lungometraggi Evangelion 1.0 - You are (not) alone ed Evangelion 2.0 - You can (not) advance basati sull'omonima serie di successo realizzata dallo Studio Gainax.
La serata si configura come una grande opportunità per tutti i fan della serie di godersi due prodotti di ottima qualità all'interno di una sala cinematografica, ma soprattutto prepara il grande pubblico ad accogliere Evangelion 3.0 - You can (not) Redo, terzo e penultimo capitolo di una storia che da anni tiene con il fiato sospeso migliaia di appassionati, in uscita esclusiva il 25 settembre.
La serie tv Neon Genesis Evangelion rappresenta un vero e proprio caposaldo dell'animazione anni 90: composta da 25 episodi diretti dal regista Hideaki Anno (che gode di una certa autorità in Giappone e dirige anche i lungometraggi), riporta in auge il tema dei robot dalla meccanica altamente sviluppata costruiti dall'uomo per la propria salvezza nella battaglia contro misteriosi esseri denominati "angeli".
Caratteristico della saga, e assolutamente indispensabile per il suo sviluppo, è il risvolto psicologico sempre evidenziato dai conflitti interiori che legano e separano i personaggi e dall'indagine sulle motivazioni che spingono ad agire nemici ed alleati.
La trama è inoltre arricchita da una serie di rimandi simbolici e religiosi che rendono decisamente più enigmatica la comprensione del messaggio che questo anime vuole lanciare.
Coerentemente al suo criptico svolgersi, la trama della serie non vede un finale definitivo in quanto gli ultimi due episodi si compongono di un collage di sequenze tratte dalle puntate precedenti e montate in modo caotico mentre pensieri e ricordi dei personaggi fanno da sfondo sonoro.
Gli albi a fumetti non sono più esaustivi. Il manga, realizzato da Yoshiyuki Sadamoto, è ancora in serializzazione (molto rallentata per diversi motivi) e la storia, con alcune variazioni rispetto alla versione animata, non è ancora giunta al proprio termine: non è quindi possibile trovare risposta a quegli interrogativi lasciati in sospeso dall'anime.
L'occasione ultima per sciogliere la rete di significati intessuta nell'intricata trama della saga è godersi i tre capitoli della tetralogia, in attesa dell'atto conclusivo Evangelion 4.0 - Final di cui, al momento, non si hanno notizie certe.
Per coloro che amano l'animazione giapponese, una chicca davvero da non perdere!
Episodio chiave di The Following dopo la scorsa puntata che si poteva definire di transizione.
I seguaci di Carroll hanno finalmente un ruolo da protagonisti. Lo dice lo stesso guru della setta. Il progetto di Joe è quello di ricreare lo spirito e la filosofia del romanticismo gotico dove l'amore è sofferenza così tanto quanto la vita stessa. Partendo da Poe e dalle opere del maggior rappresentante letterario del genere, il professor Carroll pone i primi germogli della sua setta. Forma accoliti e affascina platee; in seguito passa alle azioni criminose vere e proprie e infine all'idea di una vera e propria setta, con tanto di seguaci disposti a tutto pur di compiacerlo e far parte del suo gruppo.
I follow del serial killer si ampliano e si organizzano in tutto il periodo in cui il loro leader è in carcere e quando Carroll evade e li raggiunge nel loro rifugio collettivo inizia per tutti un nuovo percorso. I seguaci, allora, vengono chiamati a scrivere le pagine ulteriori del libro/percorso cominciato proprio dal loro capo, ognuno a suo modo, ognuno mediante la sua esperienza.
E così che nell'ultimo episodio della serie lo spettatore comprende che i veri follow non sono solo disadattati anonimi o persone escluse dalla società che hanno trovato uno scopo nella setta, né gente così fragile e facilmente influenzabile. Essi sono molto di più. Tutti loro sono già assassini e colpevoli di qualcosa. Sono persone in grado di perpetuare efferati crimini e violenze di ogni tipo. Quello che fa Carroll è solo dargli una struttura nella quale operare, un gruppo al quale appartenere e con il quale collaborare a violenze e omicidi.
Joe Carroll lo dice apertamente a tutti loro. Il libro, di ispirazione gotica e romantica, deve essere scritto da tutti loro e ogni pagina sarà la loro personalissima storia.
Gli amici di Emma sono degli assassini ancora prima di conoscere Carroll, Emma lo diventa in seguito ma solo perché è già pronta a diventarlo, la protagonista dell'ultimo episodio ha già ucciso il suo ex marito e l'amante di quest'ultimo. I follow sono tutti assassini. Violenti e psicopatici proprio come il loro leader. La trama della serie allora muta completamente e presenta allo spettatore non più deboli e influenzabili personaggi di secondo piano ma spietati assassini che cercano Carroll per compere il loro destino fino alla fine. Il loro leader lo sa e fa in modo che la sua vendetta diventi quella dei suoi seguaci. Joe Carroll vuole ritrovare l'ex moglie, l'unica donna che ama ( a suo modo), la madre di suo figlio, che però è sotto stretta protezione e sorveglianza del FBI e soprattutto del suo vero antagonista pubblico e privato: l'agente Ryan. Fallito il piano di cattura del giovane agente Mike, questa volta il serial killer ci riprova con un piano diabolico e spietato. Invia una delle sue seguaci a uccidere tutte le donne che portano il nome e il cognome di sua moglie. Inizia così una carneficina assurda e orribile con la polizia e l'FBI impegnati a correre contro il tempo.
Carroll sembra però fallire ancora per mano di Ryan ma non è così.
Il luogo segreto dove è tenuta la sua ex moglie gli viene rivelato da un suo seguace.
Moriranno altri innocenti? Gli ultimi episodi della prima serie saranno i più difficili da seguire.
Antonia del Sambro
La setta di Carroll è l'incubo del FBI.
Lo confessano apertamente gli stessi investigatori scelti che nonostante tutti gli sforzi mancano il bersaglio ripetutamente. Eppure sembrano andarci sempre così vicini. Come afferma, però, l'ennesimo componente della setta, morto suicida negli uffici del Bureau, sarà difficile per gli agenti trovare Carroll o i suoi complici più stretti e importanti, perché la setta del serial killer è immensa e composta da persone del tutto insospettabili. “Siamo noi a cercare voi e non viceversa”, dice il follow prima di avvelenarsi, e gli investigatori sanno che dice la verità.
Così, mentre l'FBI brancola nel buio, Joe Carroll e i suoi assistenti più importanti ideano e mettono in pratica il rapimento di uno degli investigatori protagonisti della serie. Il braccio destro di Ryan, l'uomo che sa dove si trovano i testimoni messi sotto stretta sorveglianza e protezione. E Carroll vuole proprio lui per poter arrivare a sua moglie. Alla sua ex moglie per la precisione. Da un pazzo omicida e psicopatico però non ci si può aspettare lucidità e raziocinio, pertanto nella mente del serial killer la sua ex moglie è ancora sua proprietà e legata a lui tramite il figlio di sette anni, anche lui ostaggio nella grande villa occupata dai follow.
A farne le spese è l'agente Mike, pestato a sangue e pronto a essere immolato dai seguaci di Carroll perché ostinato a non confessare il rifugio dove è tenuta nascosta dal FBI la moglie del killer.
La morte sembra ormai inevitabile per il giovane agente ma a salvarlo arriva Ryan che ha intuito il luogo dove lo tengono segregato dopo averlo rapito dall'albergo.
Inevitabile sparatoria e inevitabile fuga del nuovo luogotenente di Carroll. Lo sceriffo Roderick, capo della polizia della sperduta città della Virginia dove si nasconde la setta del killer.
L'attuale sceriffo è stato allievo di Carroll all'università e complice nell'uccisione di tre ragazze quattordici anni prima. Il suo mentore e insegnante, però, si assume tutta la responsabilità degli omicidi e così il giovane allievo non solo non va in carcere, ma può far carriera nelle forze dell'ordine e diventare il punto di riferimento più importante per la setta e per lo stesso Carroll.
Nonché suo debitore per sempre.
Ancora, dunque, un insospettabile e ancora un pazzo criminale come il proprio mentore, pronto a uccidere a sangue freddo e a punire come gli è stato insegnato e ordinato.
Joe Carroll, deluso e sconfitto ancora una volta dall'agente Ryan, che sventa il rapimento del suo braccio destro, e frustrato dal non aver raggiunto l'informazione sul rifugio dove è tenuta protetta l'ex moglie, decide di punire uno dei rapitori che avrebbe dovuto uccidere l'agente Mike.
E lo fa con estrema lucidità e piacere e con il benestare e la complicità dello stesso membro della setta, che decide di immolare la propria vita per la causa di Carroll e per dare un significato alla propria esistenza. E' la scena che segna l'apoteosi del pensiero del killer, della sua capacità di monopolizzare la mente e i corpi dei suoi adepti e della sua onnipotenza materiale.
Il male come arte della maieutica. E nessuno ne è al riparo.
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