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L’effetto delle droghe sulla creatività
Il consumo di sostanze stupefacenti influisce sull’inventiva e sulla produzione di un’artista?
Sono molti gli artisti che amavano abusare di alcol e droghe per stimolare il loro ingegno, ma anche per il gusto verso la vita sregolata. Quanto queste sostanze hanno influito sulla loro produzione artistica e sullo sviluppo dell’inventiva e della creatività?
Moltissimi geni della storia hanno ricorso a droghe di vario genere per stimolare l’inventiva: chi per liberare il proprio genio creativo dalle inibizioni e raggiungere visionarie fantasie artistiche, chi per “le dérangement de tous le sens” o per il semplice gusto per la vita sregolata e bohémien, altri ancora per attutire dolori e sofferenze e fuggire dalla realtà.
Si tratta di un uso ed abuso soprattutto letterario: Shakespeare fumava marijuana prima di cominciare a scrivere, Edgar Allan Poe si ispirò alle allucinazioni e agli incubi che lo perseguitavano nei suoi deliri alcolici per scrivere molti dei suoi racconti dell’orrore. Robert Louis Stevenson, grazie all’effetto di cocaina e morfina riuscì a scrivere Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde in soli sei giorni. Stephen King bevve così tante birre e assunse svariate droghe per scrivere Cujo, da affermare di non ricordare quasi nulla della stesura del romanzo.
Il binomio tra arte e stupefacenti riguarda soprattutto l’uso dell’oppio, sostanza molto diffusa in Francia alla fine del 1800, un potente sedativo che veniva lavorato e prodotto in diverse soluzioni, sempre più forti e pericolose, tra cui il Laudano, una tintura a cui veniva aggiunto alcol etilico, o altri composti contenenti un mix di oppio, codeina e morfina.
L’oppio era disponibile in moltissime Fumerie di Montmartre, ma veniva anche distribuito in bordelli e case private, veri e propri covi per il consumo di stupefacenti.
Le Bateau-Lavoir, fabbricato in legno nel quartiere Montmartre che Picasso aveva affittato come studio, era un punto di ritrovo per artisti, poeti e letterati, la notte il momento preferito e l’oppio il mezzo ricreativo. Per Pablo e la sua cerchia fumare oppio era diventato una sorta di rito, i cui effetti sono ben visibili nelle loro creazioni. Nelle opere del Periodo Rosa (1904-1909), in cui è documentato un uso assiduo della droga da parte dell’artista, i volti sognanti e come in trance dei saltimbanchi e attori da circo richiamano le allucinazioni visionarie e il senso di “oblio” indotti dall’oppio. Effetto di sospensione temporale che l’artista inserisce nei suoi dipinti dell’epoca e che forse fu d’ispirazione per i suoi lavoro cubisti, e del tentativo di rappresentare la dimensione del tempo nell’arte.
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Le immagini portate alla mente dai narcotici erano terreno d’ispirazione anche per i pittori surrealisti e strumento proficuo per l’automatismo, l’espressione artistica libera dal pensiero cosciente. Ne faceva uso assiduo André Masson, per alimentare i suoi esperimenti sui disegni automatici.
Anche l’assenzio era una droga molto amata: sempre in Francia era un’abitudine consumarlo durante l’orario dell’aperitivo, la cosiddetta “ora verde” di Parigi; ma c’era anche chi lo potava sempre con sé: Toulouse Lautrec girava con un bastone da passeggio concavo in grado di contenere mezzo litro di assenzio. Alternativa economica e facilmente reperibile, di cui venivano diffuse diverse varianti di bassa qualità, l’assenzio aiutava a socializzare e a liberare le inibizioni, e spesso anche l’istinto creativo.
Ne I Paradisi Artificiali, Beaudelarire decanta il potere del vino, unico tra le sostanze provate a stimolare la mente umana senza atrofizzarla, mentre condanna l’hashish come distruttrice, inutile e dannosa. Se inizialmente afferma che le droghe siano un mezzo per “soddisfare il gusto dell’infinito” dell’uomo, dall’altra le stigmatizza: l’artista, che risponde ai principi superiori dell’arte, deve rifiutare l’uso di droghe per stimolare la sua inventiva, che resterà altrimenti atrofizzata e non più in grado di creare senza il loro ausilio. E se invece che potenziare l’ingegno creativo di un artista, il consumo di droghe l’avesse limitato?
È impossibile definire in che misura l’uso di narcotici influisse sulla creatività degli artisti. L’effetto degli stupefacenti è comunque riconducibile alle esperienze individuali e sarebbe azzardato affermare che certi grandi capolavori siano frutto di un abuso o di una dipendenza da sostanze. Piuttosto esse potrebbero aver dato una spinta a qualcosa che era già insito nella mente dell’artista, e forse hanno contribuito a creare opere di maggiore successo. Anche se ciò, in realtà, è tutto da dimostrare.
“Quando sei felice bevi per festeggiare. Quando sei triste bevi per dimenticare, quando non hai nulla per essere triste o essere felice, bevi per fare accadere qualcosa”
(Charles Bukowski)
Daniela Ficetola
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