
L'intervista a Nicola Bartolini Carrassi
A dieci anni decise di lavorare nell’allora Fininvest della generazione Bim Bum Bam. Scrisse così la sua prima lettera ad Alessandra Valeri Manera e a Silvio Berlusconi, rispettivamente capostruttura fascia ragazzi e fondatore di Fininvest. Seguirono anni di lettere, di curriculum, di videocassette con incisi i lavori prima in ambito provinciale, poi regionale e nazionale.
Festeggiati 30 anni di carriera, dopo un periodo sabbatico, dedicato alla pratica buddista, parla colui che ha cresciuto attraverso il teleschermo tre generazioni di bambini, selezionando i cartoni animati in onda sulle reti Mediaset: lui è Nicola Bartolini Carrassi. Classe 1971, ha iniziato giovanissimo nel ruolo di conduttore a Telepiù, doppiatore, manager, giornalista, per poi diventare consulente, autore e produttore cinematografico, televisivo e musicale, non solo di prodotti per bambini e teenagers, in 32 Paesi del mondo. Da sottolineare l’esperienza americana che, con il nome di Ryan Carrassi, lo ha portato a firmare la sceneggiatura di soap opera come Sunset Beach, Passionse Days of our lives.
Da giovane promessa della tv, si è ritirato presto nel dietro le quinte. Perché non ha cavalcato l’onda mediatica?
«Ho esordito nello spettacolo a 14 anni, alternando l’attività artistica alla scuola. Poi ho affiancato alla conduzione e all’attività di doppiatore quella di giornalista per la carta stampata, e quelle di adattatore, traduttore e direttore dei dialoghi per il doppiaggio; sono successivamente arrivate le opportunità manageriali, tra tv e cinema, e quella di autore di libri, di sceneggiatore per la tv e il cinema, in Italia ma soprattutto all’estero. Sono sempre stato sulla linea di confine, davanti e dietro ai riflettori. Anche perché non sono mai stato bravo a fare una sola cosa in un solo ambito. É come se dagli esordi avessi ‘guardato’ all’America, dove la versatilità e l’eccellenza in più campi sono lo standard».
Suo il merito di aver contribuito all’arrivo in Italia prodotti come Pukka, Hello Kitty, Pokémon, Power Rangers. Restando al settore per bambini, fenomeni di questo genere ne nasceranno più?
«No. I produttori inseguono la volitiva moda alla quale ci ha consegnato la tecnologia e l’avvento di internet. Fenomeni effimeri, da sfruttare in un breve lasso di tempo».
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Dopo un periodo di grande successi professionali, festeggia 30 anni di carriera e decide di ritirarsi parzialmente. Perché?
«Ho avuto molto dalla vita, e sono riuscito a trasformare tutti i miei desideri e sogni, anche di bambino e adolescente, in progetti di vita. Ho fatto ciò che ho voluto, quando ho voluto. Ho messo la carriera davanti a tutto. A 45 anni ho deciso che avevo contribuito abbondantemente al mio ego: era arrivato il momento di dedicarmi agli affetti, alla qualità della vita mia e del prossimo, alle piccole cose della vita. Continuo a impegnarmi in numerosi campi, ma non ho più intenzione di sacrificare tutto all’affermazione personale».
In America è uno stimato sceneggiatore di soap opera e tv movie; in Giappone, dopo oltre vent’anni nel business, è considerato con grande rispetto e la sua opinione è richiesta per tutte le operazioni che riguardano l’Europa. Si è conquistato la fiducia di grandi nomi di Hollywood, sia tra gli artisti, sia tra le case di produzione, che la coinvolgono come esperto di marketing strategico. Come influirà il suo nuovo corso di vita su queste attività e rapporti?
«Sono onorato della stima guadagnata in Giappone. Nel paese del Sol Levante, più invecchi e più hai esperienza, più sei rispettato, al contrario di quanto avviene in Occidente. Allo stesso tempo continuerò a prendermi cura del rapporto umano e professionale, raro e prezioso, costruito con artisti e maestranze di Hollywood. Non ho intenzione di sparire, ma di avere esperienze più intense, certo, meno frequenti, ma ancora più soddisfacenti per tutti».
Un messaggio a tutti quegli imprenditori, tra i 40 e i 50 anni, che vorrebbero andarsene dall’Italia. Lei, anche nel peggiore momento di crisi, è rimasto pur avendo avuto proposte in altre nazioni.
«Direi di sciogliere ogni indugio, di prendersi per mano e non porsi alcun limite. In primis territoriale. Mai come in questo momento è necessario essere uniti #weareone non è solo un hashtag, ma una filosofia di lavoro sostenibile. Quando lo capiremo anche in Italia, sarà una grande conquista. Qui io ho i miei affetti più cari, ai quali ho deciso di dedicare le mie migliori energie. Sarei ipocrita a dire che resto per motivi lavorativi. Escludendo il mio esordio e gli anni ’90, ho assistito alla decimazione di Aziende dove sono cresciuto, ho visto licenziare in tronco e lasciare a spasso i migliori manager che hanno fatto grande intrattenimento e cultura nel nostro paese. Sono qui fisicamente, ma il mio lavoro è all’estero. Non solo in Europa, negli States e in Giappone. HTG World Alliance, l’alleanza tra aziende che ho fondato tre anni or sono, è presente in 29 paesi nel mondo. Esattamente come il Ryancreation Creative Cove, che riunisce creativi da tutto il mondo. Perciò unitevi, intrecciate conoscenze e know how».
Stefano Bini
