Il thriller noir tutto italiano di Marco Risi
Il regista romano, figlio d’arte e autore di ottime pellicole come Fortapasc, Vado a vivere da solo, Un ragazzo e una ragazza per questa estate ci regala Cha cha cha un thriller di genere con sfumature noir e sensuali e prova, a suo modo, a risollevare le sorti del cinema italiano ormai in coma profondo.
Come succede spesso agli italiani, però, la bellezza e la grandezza della pellicola si basa sulla trama e sulle riprese e meno sulla scelta del cast e sull’interpretazione singola degli attori.
Il fatto è che gli italiani restano bravissimi a raccontare storie, è la nostra cultura.
Marco Risi, figlio del grandissimo Dino non solo non riesce a sottrarsi a questa deriva culturale ma ne è in qualche modo destinato avendo respirato pane e cinema d’autore fin dalla nascita.
In ogni caso di un film come Cha cha cha ne sentivamo il bisogno perché pellicole del genere in Italia non se ne fanno quasi più e perché la regia di questo lavoro rimanda a prove d’arte di altri tempi e di altre stagioni cinematografiche con l’eroe dal cuore buono, la pupa bionda e i cattivi.
La storia si apre con l’investigatore privato Corso, un uomo tormentato e tenebroso, bello e di poche parole che viene ingaggiato dall’amante sensuale e bellissima per seguire gli spostamenti del suo giovane figlio. Un rampollo della Roma bene che va in giro di notte con la sua mini car da adolescente ricco e si gode la movida della vita romana. Una sera il sedicenne, uscendo di fretta da una festa in maschera, viene investito da un suv nero che sembra aspettare proprio lui.
Corso lo soccorre immediatamente ma per il ragazzo non c’è più alcuna speranza.
Quasi contemporaneamente la polizia scopre il di un uomo abbandonato su un terreno alle porte di Fiumicino. Due morti apparentemente distinte e distanti tra loro e pure incredibilmente collegate. Il bello investigatore allora cercherà di scoprire il mistero e il filo che unisce la morte del suo protetto con quella dello sconosciuto in un'indagine scomoda che toccherà le sfere del malaffare e della corruzione in una Roma testimone muta della sua stessa decadenza.
Bellissime le location e le ambientazioni di tutto il film che richiamano i capolavori francesi e americani degli anni ’40 del Novecento, superba la fotografia e le scene girate in interno.
La delusione arriva dagli attori. Amendola che dovrebbe essere collaudato nel ruolo del poliziotto capitolino è ormai la parodia di se stesso, Herzigova è bella, bionda, pupa ma niente di più e il vero flop è Luca Argentero che regala agli spettatori e alla pellicola una interpretazione del tutto irreale.
Il ruolo non gli si cuce addosso in nessuna scena e nonostante la sua esperienza nella recitazione il suo personaggio rimane non credibile e del tutto apatico. Chi guarda il film non riesce a tifare per il protagonista che manca di passione e di intensità per tutta la durata della trama, rimanendo opaco, improbabile e inverosimile. Un vero peccato. Perché il film in sé rimane di tutto rispetto.
In ogni caso, questo è quello che passa il convento in Italia per questa estate. Meglio che niente.