Antinori nel Chianti Classico: 26 generazioni di tradizione collezionistica
Non c’è dubbio, il vino risulta essere per molti un delizioso piacere per il palato, nella stessa misura in cui l’arte lo è per la vista.
Ma avete mai pensato di associare queste due prelibatezze sensoriali?
Negli ultimi anni, numerose aziende vinicole, italiane e internazionali, hanno deciso di misurarsi con l’arte, privilegiando quella contemporanea. Alcune realtà hanno ideato cross-over innovativi con la natura, mentre altre proseguono una tradizione collezionistica e mecenatistica secolare.
Molte antiche e importanti famiglie, che ancora oggi portano avanti l’attività della viticoltura, sono state in passato anche grandi committenti d’arte.
Questo è il caso della famiglia dei Marchesi Antinori, la quale coniuga l’eccellenza raggiunta in ambito vitivinicolo con 26 generazioni di tradizione collezionistica.
La cantina si trova nell’area del Chianti Classico, tra le province di Firenze e Siena. I Marchesi Antinori sono una delle dieci famiglie più antiche del mondo e nei secoli hanno raccontato la loro storia attraverso l’arte. Lo stemma di famiglia infatti, è stato commissionato agli inizi del ‘500 a Luca della Robbia. Inoltre, circa 500 anni fa, Antonio Antinori partecipò al concilio che dichiarò la denominazione più antica del mondo: quella del Chianti.
Nel 2012 i Marchesi hanno inaugurato una nuova cantina progettata da Marco Casamonti, il quale ha realizzato un sistema ecosostenibile invisibile. L’architetto ha ideato un espediente innovativo: dei blocchi di cemento e acciaio sono stati inseriti all’interno di una collina e rivestiti quindi dalla terra, sulla quale cresce un giovane vigneto. Questo permette di mantenere un grado di umidità pari al 70% nel cuore della struttura. Le pareti interne, concepite da Casamonti, sono tondeggianti e non toccano il pavimento, favorendo così la circolazione dell’aria e dando un senso di rotondità che ricorda i chicchi dell’uva e le stagioni della vita.
La tenuta toscana, non è solo un’opera architettonica di rilievo, ma ospita una parte della collezione d’arte della famiglia ed è perennemente accessibile al pubblico. Antinori mira a coniugare, in un’esperienza sinestetica, degustazioni e visite alla collezione.
Nel 2012 è nato inoltre, insieme alla cantina, l’Antinori Art Project, una spinta innovativa dei marchesi verso il collezionismo d’arte contemporanea. Gli Antinori si propongono come mecenati e commissionano sia ad artisti giovani che affermati, ad esempio Yona Friedman, Rosa Barba e Jean-Baptiste Decavèle, degli interventi site-specific.
Yona Friedman, architetto che ha segnato profondamente l’architettura del XX secolo, ha creato un modello tridimensionale composto da cerchi di ferro sovrapposti che diventano struttura spaziale, sulla quale esporre altri interventi artistici. La struttura si può spostare, rimodulare e rappresenta così un esempio di architettura viva: un’Iconostasi, cioè una struttura visiva mutevole, in interazione con l’ambiente circostante. La stanza in cui si trova dà al visitatore l’idea di circolazione e l’opera funge da prolungamento flessibile dello spazio.
È l’artista Patrik Tuttofuoco a interagire con l’Iconostasi, attraverso dei neon colorati inseriti nei cerchi di Yona donando un tocco di colore e di metropoli alla realtà campestre.
Stefano Arienti ha deciso invece di leggere in modo intimo e poetico la storia dell’arte. Il suo progetto site-specific, concepito per la famiglia Antinori, vede una rilettura contemporanea dell’altorilievo Resurrezione di Cristo di Giovanni della Robbia, in un cross-over che testimonia il legame della famiglia con la città di Firenze.
Tomás Saraceno invece si è impegnato in un progetto artistico che può definirsi ecologico. Con le sue Biosfere crea dei piccoli mondi ideali che ci portano ad immaginare una realtà in cui l’umanità e il paesaggio sono in costante ascolto e dialogo. Le forme sferiche di questa installazione portano all’interno della cantina la natura e la sostenibilità, in quanto nelle bolle vengono coltivate delle piante. Esprimono inoltre il concetto di leggerezza, bloccata da fili neri che arrestano un’ascesa nonché discesa verticale, immergendo il visitatore in un’atmosfera estatica e sognante.
Sono pertanto i grandi imprenditori di aziende vinicole i nuovi mecenati contemporanei. Collezionisti di classe, seguono con veemenza artisti giovani e apprezzano con accurata raffinatezza quelli già affermati. Le opere d’arte li emozionano nel profondo e collezionare diventa un valore aggiunto, un atto di valorizzazione del territorio oltre che della propria azienda.
Collezionare arte contemporanea, far lavorare artisti nelle proprie cantine, significa, saper coniugare natura con artificio artistico; significa amare la cultura, l’armonia, l’equilibrio e la bellezza.
Perché chi ama la raffinatezza e i piaceri della vita, ama il vino così come l’arte.
Marta Cossettini