You spin me round, again and again
La morte di Pete Burns porta via un altro mito della trasgressione degli Eighties, ma non cancella quanto ha significato per una generazione (e quelle future).
E tre. Dopo David Bowie e Prince, la morte di Pete Burns chiude il cerchio. Vero, questo 2016 non è stato parco, riguardo a perdite importanti, personalità che rimpiangeremo, nomi che rimarranno nell’Olimpo di chi, in un modo o nell’altro, hanno fatto la storia.
Ma quella di Burns, se vogliamo, completa una triade di personaggi che in comune avevano più di un dettaglio. Anzitutto, sicuramente l’aver condiviso gioie e dolori del raggiungere il successo nello stesso periodo, quegli anni 80 tanto controversi (o li ami o li odi, o li giudichi geniali o vorresti cancellarli dalla storia, non hanno via di mezzo, gli anni 80) eppure fondamentali in tutto quello che, dopo, è venuto.
E qui arriviamo al punto due, di condivisione: tutti e tre sono stati protagonisti fondamentali di quella che si è affermata come l’epoca della trasgressione. Fuori dalla Stagione dell’Amore di fine anni 60, dopo la contestazione (politica) giovanile, dopo la liberalizzazione del sesso, nel bel mezzo del boom industriale, di liberale c’era ancora ben poco. Di Aids ancora non si parlava (o se ne sarebbe cominciato a parlare, in sordina, poco dopo), in compenso i “diversi”, dai queer al popolo lgbt, a chi semplicemente, senza voler fare filosofia, aveva desiderio di discostarsi dalla massa, erano visti non con buon occhio, anzi, non erano visti affatto. Se non in quell’ambiente piccolo, piccolissimo e riservato a pochi eletti. La cerchia di Warhol e lo studio 54, per capirci, non erano per il popolo.
Figurarsi, nello specifico, in un paese come l’Italia, in un’epoca dove andare via non era facile e il mondo si guardava dallo schermo di una tv. Proprio attraverso la tv, personaggi come Burns (Bowie, Prince), dimostravano alla massa cosa la “trasgressione” fosse. Cioè, liberarsi dagli stereotipi, osare essere quel che si voleva essere, mettere se stessi al centro del mondo.
Di più, un gradino oltre: mandavano avanti l’idea che la trasgressione, di fondo, non esistesse affatto e che ognuno poteva essere “normale” a modo suo.
E se per i ragazzini dell’epoca, schiacciati da una realtà ancora troppo poco affrontata per essere capita, continuava a risultare impossibile sdoganare il proprio ego, sapere che ci fosse qualcuno che osava farlo, qualcuno di cui ammirare il look, studiare (e magari imitarne le movenze), ascoltare i dischi fino a consumarli, forse già poteva bastare.
Personaggi come Burns (Prince, Bowie), hanno dimostrato che puoi vestirti come ti pare, truccarti fino all’eccesso, muoverti come una femmina e sposare una donna, che puoi usare le paillettes e i pantaloni di pelle e diventare il re (il re, non la regina) delle hit con cachet miliardari. Che puoi essere quello che vuoi, senza per forza doverti compartizzare, incanalare, incastrare in un clichet, in una categoria.
Al di là delle hit, pure indimenticabili, credo che il vero valore di Burns (Bowie, Prince), sia stato soprattutto questo.