Intervista a Roberto Amoroso
Abbiamo conosciuto l'artista Roberto Amoroso, ecco l'intervista.
Tra i personaggi ritratti figurano Renzo Rosso, Francesco Vezzoli, Lee Wood, Umberto Maria Giardini, Meg. Non come siamo abituati a immaginarli, però: Roberto Amoroso, giovane artista sospeso tra le arti tradizionali e le nuove frontiere del digitale, ha catturato ed elaborato i loro avatar. Questi, insieme agli altri (e altri ancora sono in lavorazione o in previsione), costituiscono il lavoro di Identity Portrait, che presto diventerà un’opera – sito che li raccoglierà tutti.
Napoletano, Roberto Amoroso da qualche anno vive e lavora a Milano ma continua a tessere forti legami con la sua città di origine.
Tracciamo un filo conduttore del tuo lavoro. Quali sono le basi di partenza?
“La mia produzione è composta da opere reali tangibili e opere virtuali presenti solo nel web. Anche I.P. Identity Portrait ha già avuto una fase espositiva (lo scorso anno,nello spazio The Format di Guido Cabib, n.d.r.), dimostrazione che il ritratto da virtuale possa tornare ad essere reale sottoforma di stickers, light box o ancora dipinto: uno dei ritratti sotto forma di dipinto attualmente è entrato a far parte dell’importante collezione privata di Ernesto Esposito”.
Che siano fruibili su supporto digitale e quindi virtuale, o su supporti tangibili, di peculiare resta il fatto che questi ritratti non corrispondano al soggetto, quanto alla sua identità virtuale. Ci spiegheresti questo concetto?
“Da un punto di vista concettuale, il mio lavoro è incentrato sulla relazione tra il mondo reale e mondo virtuale. Utilizzando la strategia dell’ipertesto, che accomuna l’utilizzo delle risorse in rete e oggettiva le associazioni della mente trasformandole in collegamenti reali e concreti, il mio lavoro si focalizza sul sottile confine tra il narcisismo esplicitato dalle persone nelle foto postate nei social network e l’esigenza di essere rappresentate da esse. Le foto postate nei social-network vengono quindi archiviate ed elaborate in metamorfosi con i simboli delle applicazioni di smartphone e dei tablet, esaltando l’aspetto ambiguo e teriomorfo delle figure”.
In che modo?
“Identity portrait nasce dalla necessità di indagare sul concetto di identità nel web. In questo caso volevo che fossero le persone a condurmi in questa ricerca. Mi sono servito quindi di un test creato appositamente per il progetto da Gianfranco Pecchinenda, sociologo esperto in materia di identità nel web. Sotto la sua supervisione, ho composto cinque domande che mi aiutano a sviluppare un profilo ipotetico della figura ritratta. L’altro passaggio è servirmi delle foto che la persona in questione può spedirmi, oppure lasciandomi libero di ricercare nel suo profilo Facebook o Instagram. Se sei tu a scegliere le foto, è chiaro che il risultato finale non sarà filtrato solo da come io ti vedo, ma ci sarà stato in quella precedente scelta un primo filtro: mi hai già mostrato come vuoi/credi che gli altri ti vedano. Che poi è quello che succede con i social network, ogni minuto”.
Dove vanno a finire questi ritratti?
“Anzitutto chiedo alla persona rappresentata di condividere nei suoi social come foto profilo il mio ritratto, che in un secondo momento farà parte di un’opera sito collettiva che racchiuderà tutti i ritratti. C’è anche un aspetto audio: le risposte del test diventano una micro - canzone musicata da mio fratello Dario, sound designer e polistrumentista che in genere si occupa di creare paesaggi sonori alle mie esposizioni”.
Tra i protagonisti dei ritratti, ce n’è stato qualcuno che ti ha dato filo da torcere?
“Trovo più difficile ritrarre persone che mi rispondo in modo estremamente sintetico al test, questo può frenare nei primi tempi della creazione la mia fantasia, anche se poi diventa per me una vera e propria sfida come nel caso di Ernesto Esposito oppure di Renzo Rosso. E’ stato molto bello collaborare con Shara Worden aka My brightest diamond perché tutto è nato da una chiacchierata post concerto quindi da un confronto reale, dato che è una musicista che seguo e stimo moltissimo, ma anche con Lee Wood al punto tale che la collaborazione è sfociata anche in altri progetti per il suo brand”.
Tre nomi “impossibili” , dai miti ai personaggi storici, che ti piacerebbe potessero far parte della tua opera.
“Sarebbe sicuramente molto divertente un confronto con Oscar Wilde, grandissimo provocatore, e anche David Bowie dato che, ahimè, è diventato parte della storia. Nel nostro panorama Lucio Battisti, Pier Paolo Pasolini”.
E chi ancora, invece, ti piacerebbe ritrarre?
“Qui la lista potrebbe essere infinita: Larry Gagosian, David Linch, Michael Stipe, Tom Ford, Brian Eno, St. Vincent, Yoko Ono, Michael Cunningham, Bjork, Franco Battiato, Riccardo Tisci….”
Molti ritratti del progetto I.P. Identity Portrait sono già presenti su Instagram @amorob e Facebook attraverso i profili stessi delle persone ritratte: basta seguire l’hashtag #IPidentityporait su Instagram.
Sono in costruzione sito, blog e una sezione dedicata nella pagina Facebook.