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Dal 20 gennaio al 2 giugno 2020 alla villa Reale di Monza, il Giappone si mostra con il meglio di due grandi collezioni private: un viaggio attraverso la cultura e l’arte di un paese lontano e affascinante.
Il percorso espositivo de "Il Giappone. Terra di geisha e samurai" prevede una precisa selezione di opere databili tra il XIV e il XX secolo provenienti dalla raccolta di Valter Guarnieri, collezionista trevigiano con una grande passione per l’Asia orientale e alcuni kimono della raccolta di Lydia Manavello, collezionista trevigiana esperta di tessuti asiatici.
Il percorso si sviluppa per temi, con un approfondimento particolare per i costumi e le attività tradizionali del popolo giapponese. Geisha e samurai, come da titolo della mostra, rappresentano la parte centrale dell’esposizione. I due sono i protagonisti principali del Giappone tradizionale; geisha, le bellissime donne che popolano il paese (volto ovale cosparso di cipria bianca, abiti elegantissimi e modi cadenzati), e i samurai, gli audaci guerrieri.
L’arte e la cultura nipponica si affiancano nella sezione dedicata alla quotidianità del popolo; in mostra attività di intrattenimento come il teatro Kabuki, l'utilizzo del kimono e la predilezione degli artisti giapponesi per la micro-scultura. Un ottimo esempio di quest’ultima è rappresentato dal nucleo di accessori legati al consumo del fumo di tabacco.
Lungo il percorso affascinano i kimono disseminati tra le sale, tutti appartenenti alla Collezione Manavello, alcuni esposti in un unico salone per accentuarne la loro spettacolarità.
Una sezione viene dedicata al rapporto tra i giapponesi e la natura, come simbolo di divinità, qui indagato attraverso una serie di dipinti su rotolo verticale, parte dei quali realizzati tra Otto e Novecento. Una delle forme d’arte inedite per il Giappone di quei tempi è la fotografia d’autore: gli stranieri in visita molto spesso acquistavano fotografie come ricordo di quel paese misterioso e bellissimo e nella mostra è presente un nucleo acquistato da un anonimo che annotò ai margini le descrizioni dei luoghi e delle attività raffigurate nei suoi scatti.
Alla scrittura è invece dedicata l’ultima sala, una delle forme d’arte più complesse ed affascinanti del Giappone.
GIAPPONE. Terra di geisha e samurai
Villa Reale. Monza
Dal 30 gennaio al 2 giugno 2020
Mostra a cura di Francesco Morena
Alessandra Gandolfi
La nostra salute, oltre a dipendere dalle nostre abitudini e dai nostri comportamenti, dipende anche dall'ambiente in cui viviamo.
Come già accennato settimane fa, microcosmo e macrocosmo funzionano con le stesse regole: una cellula, per essere sana, necessita di un ambiente sano attorno a sé da cui può ricavare nutrimento, ossigeno e altri benefici utili al suo mantenimento e sviluppo.
Organi, tessuti, così come l'uomo stesso, in ambienti sani, permangono in stato di ottima salute.
L'ambiente in cui la cellula si trova a trarre tutti gli elementi utili al suo benessere viene denominato "matrice", che altro non è che l'unità funzionale del tessuto interstiziale, luogo di mantenimento, scambio e mezzo attraverso cui il corpo stesso si ripulisce, trasportando le scorie e tossine verso gli organi emuntori.
Secondo un esperimento condotto in un laboratorio circa un secolo fa, una cellula, posta in un determinato ambiente ricco sempre soggetto all'inserimento di nutrienti utili al mantenimento, non muore.
La stessa cellula presa in analisi, morì solo a causa della dimenticanza del ricercatore di sostituire la matrice colma di scarti con quella nuova che ha permesso all'organismo di mantenersi in vita per così tanto tempo.
Pischinger, professore di Istologia ed Embriologia all'Università di Vienna definisce negli anni Settanta la matrice come "prima unità vivente", esposta ad ammalarsi prima della cellula stessa.
Secondo il dott. Hartmut Heine, è fondamentale mantenere sana la matrice perché influisce sull'espressività genetica della cellula stessa: un ambiente sano, dunque, favorisce il mantenimento di un'ottima salute, seppur nel nostro codice genetico possa esserci una tendenza o una maggiore esposizione alla manifestazione di alcune patologie.
Sempre da Vienna, Ludwig von Bertalanffy propone la teoria di sistemi aperti che dichiara che molteplici componenti in mutua relazione fra loro, le forze presenti fra esse sono interconnesse da continui scambi energetici.
Attraverso tali scambi, il sistema tende a raggiungere come scopo finale quello di mantenere l'omeostasi, ovvero l'equilibrio.
Le patologie e i disturbi funzionali che si manifestano, secondo von Bertalanffy, come "risultato di scambi informatici fra cellule e quindi fra organi" attraverso la matrice interstiziale, sistema utile al passaggio di informazioni esteso in tutto l'organismo.
Tali ricerche rimandano a qualcosa già trattato nelle settimane precedenti, ad esempio alle teorie della fisica quantistica applicate alla Naturopatia, o al concetto di Unità che si manifesta anche in tale argomento.
La matrice extracellulare e il "terreno" omeopatico sono simili, termine con cui in omeopatia si intende secondo Tetau "l'insieme delle sue caratteristiche fisiologiche, metaboliche, psicologiche" del paziente in parte influenzato dall'ereditarietà genetica, in parte dall'ambiente e lo stile di vita del paziente stesso. Non c'è separazione, e una disfunzione in una parte del corpo può essere originata dallo squilibrio profondo di tessuto, organo e quant'altro non apparente collegato alla manifestazione sintomatica.
A livello macro, se riflettiamo, è lo stesso concetto per cui una piantagione presente in un ambiente inquinato genera prodotti per nulla sani, poveri di nutrimento e rischiosi per la salute di chi ne usufruisce.
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