La leggenda della pianista nel campo di concentramento
Alice Herz-Sommer si è spenta a Londra all’età di 110 anni.
Un traguardo di vita di tutto rispetto considerando che Alice era la più anziana sopravvissuta dell’Olocausto nazista e che la morte l’aveva vista da vicino più e più volte.
Alice, nella sua Praga dei primi del Novecento, aveva imparato a suonare il piano, un po’ perché le signorine di buona famiglia dell’epoca lo facevano quasi tutte e un po’ perché a lei suonare piaceva davvero tanto.
La musica, anzi, era la sua più vera e autentica passione.
Alice conosceva alla perfezione il repertorio classico ma si dilettava a suonare anche brani di compositori contemporanei e lo faceva sempre con il sorriso sulle labbra e con a gioia nel cuore.
Quando conobbe Alfred fu amore a prima vista e con la dolcezza e la grazia che contraddistinguevano da sempre Alice, i due si sposarono e misero al mondo Stephen.
Amore e musica, quindi, per una famiglia che viveva la normalità del suo tempo pur in mezzo alla straordinarietà degli eventi e della storia.
Nel 1938, le leggi razziali fecero sì che molte famiglie ebree emigrassero in cerca di pace e salvezza in altre parti del mondo e lasciassero quella vecchia Europa che sembrava preda della follia più assurda e inspiegabile.
Molti dei famigliari di Alice, prima che arrivasse il peggio, decisero di emigrare nell’allora Palestina, altri fuggirono in America ma Alice preferì restare a Praga per accudire la madre che era molto ammalata.
Per lei, sua madre, il marito e suo figlio Stephen fu il disastro più assoluto.
Alfred venne imprigionato per primo e condotto prima ad Auschwitz e poi nel campo di concentramento di Dachau dove morì senza poter rivedere o riabbracciare sua moglie e suo figlio.
Alice e il piccolo Stephen furono portati nel campo di Teresin, restando in Cecoslovacchia ma tagliati fuori dal resto del mondo. Schiavizzati, umiliati, affamati e distrutti nel corpo e nell’animo dai nazisti e dal regime autoritario.
Con Alice e suo figlio a Teresin c’erano quasi centocinquantamila ebrei, quasi quarantamila di questi morirono.
Alice e Stephen riuscirano a sopravvivere fino all’arrivo dei liberatori e allo smantellamento del campo di concentramento. Come? Alice spiega e racconta che è stato merito della musica, delle note che le permettevano di evadere con la mente e con lo spirito e che permutavano questa stessa illusoria evasione anche a suo figlio a i tanti prigionieri che dividevano con lei gli spazi di morte e distruzione del campo di Teresin e la sua stessa infelice sorte.
Prima che la più anziana sopravvissuta all’Olocausto ci lasciasse per sempre, però, è stato girato un documentario The Lady in number 6 candidato come miglior corto alla serata deli Oscar del prossimo mese di marzo. Un omaggio a una dolce e fortissima donna.
Un documento da tramandare alle future generazioni per raccontate la forza della vita anche tra la più atroce follia e l’oppressione della morte. Addio Alice. E grazie per la tua musica.