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Al Teatro Sala Fontana è la volta de “ I promessi sposi”||||

Dal 6 al 25 giugno, presso il Teatro Sala Fontana di Milano, il regista e attore pugliese Michele Sinisi porterà in scena il celebre romanzo dell’Ottocento I promessi sposi di Alessandro Manzoni, considerato il più celebre e il più letto tra quelli che sono stati scritti in lingua italiana.

UGO, NESSUNO E CENTOMILA è la cine-rassegna, organizzata da Fondazione Cineteca Italiana, dedicata a Ugo Tognazzi, che si terrà dall’8 al 31 dicembre 2015 al MIC – Museo Interattivo del Cinema.

Così come rimanda il titolo dell’evento, Tognazzi era sia attore di cinema, personaggio televisivo a fianco di Raimondo Vianello, ma anche grande attore teatrale che, nel corso della sua carriera, ha interpretato “centomila” ruoli differenti, rappresentando tutte le sfumature che sono intercorse nel passaggio dal Neorealismo cinematografico alla Commedia all’italiana. Ugo fu abile interprete, in chiave comica,  di vizi e virtù della società a lui contemporanea; il suo volto, dai lineamenti contadineschi e contemporaneamente borghesi, rispecchiava perfettamente quell’intera generazione di uomini, tipicamente delle province settentrionali, “fatti da sé”, i “self-made men” del boom economico.

La rassegna si aprirà martedì (8/12) alle ore 15.00 con “Il fischio al naso” (1967), sceneggiatura importante sia per la sua carriera, che con questo film si apre anche alla regia, sia per il peso del contenuto, tratto dal celebre racconto “Sette piani” di Dino Buzzati: l’inquietudine del malato terminale viene rivisitata in chiave comica, con un risultato allo stesso tempo riflessivo ed esilarante.

La programmazione risulta ricca di capolavori di importanti registi del panorama italiano del tempo, che portano la firma interpretativa dell’attore, tra i quali: “Il vizietto” (1978), commedia scritta e originariamente interpretata da Jean Poiret, “La grande abbuffata” (1973), con l’altrettanto celebre Marcello Mastroianni, la commedia nazional-popolare di Monicelli, “Romanzo popolare” (1974), e l’intramontabile secondo atto di “Amici miei” (1982), manifesto di un’intera generazione. Un continuo salto avanti e indietro nel tempo per rivivere le grandi interpretazioni del comico, tra le quali, secondo la critica, la migliore si può trovare in “La tragedia di un uomo ridicolo” (1981) di Bernardo Bertolucci, che gli valse la Palma d’oro per la miglior interpretazione al Festival di Cannes.

Un uomo dal rapporto con il pubblico senza mezzi termini, non rimaneva indifferente, poteva solo essere amato o odiato, ma senza dubbio, anche tra chi non lo apprezzava, Ugo Tognazzi ha lasciato un segno indelebile, quello di un comico, interprete della sua epoca, che con ironia rifletteva, senza troppi mezzi termini, sulla complessità della vita stessa.

 

UGO, NESSUNO E CENTOMILA Dall’8 al 31 dicembre 2015 MIC – Museo Interattivo del Cinema

 

INFO: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. www.cinetecamilano.it Telefono 02 87242114

Biglietto d’ingresso intero: € 5,50 Biglietto ridotto: € 4,00 Biglietto d’ingresso adulto + bambino: € 6,00

Martedì 8 dicembre h 15.00 Il fischio al naso (Ugo Tognazzi, Italia, 1967, 113’ con Ugo Tognazzi e Tina Louise) h 17.00 Venga a prendere il caffè da noi  (Alberto Lattuada, Italia, 1970, 113’ con Ugo Tognazzi e Milena Vukotic)

Mercoledì 9 dicembre h 15.00 Il vizietto (Edouard Molinaro, Fr./Ita., 1978, 103’ con Ugo Tognazzi e Michel Serrault) h 17.00 La stanza del vescovo (Dino Risi, Italia, 1977, 110’ con Ugo Tognazzi e Ornella Muti)

Venerdì 11 dicembre h 15.00 La donna scimmia (Marco Ferreri, Ita./Fr., 1964, b/n, 90’ con Ugo Tognazzi e Annie Girardot) h 17.00 Il federale (Luciano Salce, Italia, 1961, b/n, 100’ con Ugo Tognazzi, Gianni Agus) h 19.00 Una storia moderna-L’ape regina (Marco Ferreri, Ita./Fr., 1963, b/n, 91’ con Ugo Tognazzi e Marina Vlady)

Sabato 12 dicembre h 16.00 Io la conoscevo bene (Antonio Pietrangeli, Ita./Fr./RFT, 1965, b/n, 109’ con Ugo Tognazzi e Stefania Sandrelli) h 18.00 La tragedia di un uomo ridicolo (Bernardo Bertolucci, Italia, 1981, 110’ con Ugo Tognazzi e Anouk Aimée)

Domenica 13 dicembre h 17.00 Nell’anno del signore (Luigi Magni, Italia, 1969, 117’ con Ugo Tognazzi e Nino Manfredi) h 19.15 L’udienza (Marco Ferreri, Italia, 1971, 112’ con Ugo Tognazzi e Claudia Cardinale)

Martedì 15 dicembre h 15.00 Marcia Nuziale (Marco Ferreri, Italia, 1966, b/n, 80’ con Ugo Tognazzi e Gaia Germani) h 17.00 La grande abbuffata (Marco Ferreri, Ita./Fr., 1973, 123’ con Ugo Tognazzi e Marcello Mastroianni)

Mercoledì 16 dicembre h 17.00 Romanzo popolare (Mario Monicelli, Italia, 1974, 102’ con Ugo Tognazzi, Ornella Muti, Michele Placido)

Giovedì 17 dicembre h 15.00 Il maestro e Margherita (Aleksandar Petrović , Italia/Jug., 1972, 100’ con Ugo Tognazzi, Mismy Farmer) h 17.00 La vita agra (Carlo Lizzani, Ita./Fr., 1963, b/n, 100’ con Ugo Tognazzi e Giovanna Ralli)

Venerdì 18 dicembre h 15.00 Una storia moderna-L’ape regina (Marco Ferreri, Ita./Fr., 1963, b/n, 91’ con Ugo Tognazzi e Marina Vlady) h 17.00 La donna scimmia (Marco Ferreri, Ita./Fr., 1964, b/n, 90’ con Ugo Tognazzi e Annie Girardot) h 19.00 La stanza del vescovo (Dino Risi, Italia, 1977, 110’ con Ugo Tognazzi e Ornella Muti)

Sabato 19 dicembre h 18.00 Amici miei atto II (Mario Monicelli, Italia, 1982, 129’ con Ugo Tognazzi e Gastone Moschin)

Domenica 20 dicembre h 19.00 La grande abbuffata (Marco Ferreri, Ita./Fr., 1973, 123’ con Ugo Tognazzi e Marcello Mastroianni)

Martedì 29 dicembre h 17.00 Il federale (Luciano Salce, Italia, 1961, b/n, 100’ con Ugo Tognazzi, Gianni Agus)

Mercoledì 30 dicembre h 17.00 L’udienza (Marco Ferreri, Italia, 1971, 112’ con Ugo Tognazzi e Claudia Cardinale)

Giovedì 31 dicembre h 17.00 Il fischio al naso (Ugo Tognazzi, Italia, 1967, 113’ con Ugo Tognazzi e Tina Louise)

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Mercoledì 23 settembre, all’Anteo spazio Cinema, il regista Augusto Acevedo presenterà in anteprima il suo film “Un Mondo Fragile”, vincitore della Camera d’Or alla Semaine de la Critique al 68esimo Festival di Cannes.

La pellicola racconta le vicende di Alfonso, un vecchio contadino. L’uomo, dopo diciassette anni, torna dalla sua famiglia per accudire il figlio Gerardo, gravemente malato. Al suo ritorno ritrova la donna che era un tempo sua sposa, la giovane nuora e il nipote che non ha mai conosciuto. Il paesaggio che lo aspetta sembra uno scenario apocalittico: vaste piantagioni di canna da zucchero circondano la casa e un’incessante pioggia di cenere, provocata dai continui incendi per lo sfruttamento delle piantagioni, si abbatte su di loro. L’unica speranza è andare via, ma il forte attaccamento a quella terra rende tutto più difficile. Dopo aver abbandonato la sua famiglia per tanti anni, Alfonso ora cercherà di salvarla.

ANTEO SPAZIOCINEMA Via Milazzo 9, 20121 Milano Info e biglietteria: www.spaziocinema.info Tel. 02 43912769

BIGLIETTI Intero 8,00 € Ridotto 6,00 € Amici del cinema 4,50 €

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Dal 10 gennaio all’1 febbraio 2015 presso Spazio Oberdan, Fondazione Cineteca Italiana verranno proiettati tutti i film di Xavier Dolan.

L'evento XAVIER DOLAN – 4 ANTEPRIME, è una rassegna dedicata al giovanissimo e talentuoso regista, che a soli 25 anni ha già diretto ben cinque lungometraggi. I suoi film sono stati tutti presentati a festival prestigiosi come quelli di Cannes e di Venezia. Xavier Dolan è anche sceneggiatore, attore, montatore e costumista. La carriera del giovane canadese è, infatti, incredibile considerando la giovane età: il suo cinema utilizza una narrazione molto personale e complessa, un misto di interiorità pulsante e inquietudine emotiva. In tutti i suoi film traspare una fragilità di fondo, una sorta di infinita ricerca di se stesso che si manifesta spesso con oscillanti reazioni dei suoi personaggi, a volte dolcissimi, a volte irascibili e aggressivi.

"Mommy" è l'ultimo lavoro di Dolan e l'unico suo lungometraggio finora distribuito in Italia; per questo la Cineteca Italiana propone questa rassegna a lui dedicata, in cui si potranno vedere anche gli altri quattro film del regista canadese, tutti in versione originale sottotitolati in italiano: J’ai tué ma mère, Les Amours imaginaires, Laurence Anyways, Tom à la farme.

Programma:

  • Domenica 11 gennaio h 15 / Sabato 17 gennaio h 21.15 / Venerdì 23 gennaio h 21 / Giovedì 29 gennaio h 17

             Les Amours imaginaires - Anteprima

  • Sabato 10 gennaio h 17 / Giovedì 15 gennaio h 19 / Domenica 18 gennaio h 21.15 / Sabato 31 gennaio h 21.15

            J’ai tué ma mère - Anteprima

  • Sabato 10 gennaio h 20.45 / Martedì 20 gennaio h 16.30 / Sabato 24 gennaio h 21 / Sabato 31 gennaio h 16

            Laurence Anyways - Anteprima

  • Lunedì 26 gennaio h 16.30 / Venedì 30 gennaio h 21 / Domenica 1 febbraio h 14.30

            Mommy

  • Domenica 11 gennaio h 19 / Martedì 13 gennaio h 19 / Sabato 17 gennaio h 15 / Domenica 25 gennaio h 19 / Domenica 1 febbraio h 21.15

            Tom à la farme - Anteprima

INFO:

T 02.87242114 / Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. / www.cinetecamilano.it

MODALITÀ D’INGRESSO:

Biglietto d’ingresso: intero € 7,00

Biglietto d’ingresso ridotto per possessori di Cinetessera o studenti universitari: € 5,50

Proiezione pomeridiana feriale:  intero € 5,50, ridotto € 3,50.

Cinetessera annuale: € 6,00, valida anche per le proiezioni al MIC – Museo Interattivo del Cinema - e all’ Area Metropolis 2.0 – Paderno Dugnano.

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Finalmente Behind The Candelabra arriva in Italia giovedi 5 dicembre, accompagnato dalla traduzione (per chi scrive, abbastanza inutile), "dietro i candelabri".

L'atteso film per la tv diretto da Steven Soderbergh, in concorso al Festival di Cannes, è incentrato sulla vita, fatta di luci e ombre, del divo Wladziu Valentino Liberace, attore, cantante, pianista e show man statunitense.

La pellicola vede come protagonisti due grandi nomi del cinema mondiale: Micheal Douglas nei panni di Liberace e Matt Damon in quelli del suo giovanissimo amante Scott Thornson. A loro si aggiunge il redivivo Rob Lowe, nei panni di un eccentrico chirurgo plastico.

I trailer circolanti da mesi sul web mostrano un Micheal Douglas in stato di grazia, a suo agio nei panni scintillanti e per niente modesti del divo Liberace, un uomo partito da zero e divenuto il beniamino di un'intera nazione. American dream docet.

Ma, come si sa, non è tutto oro quello che luccica e ciò è ancora più vero per Liberace, adone accusato dal suo amante di sfruttamento e plagio e uomo dedito ai piaceri del bel vivere e del denaro.

Un artista che amava cantare in pelliccia, con anelli vistosi e accompagnato da un regale candelabro appoggiato sul suo pianoforte (da qui il titolo).

Fu l'AIDS, nel 1987, a strappare Liberace da questa terra e a consegnarlo al Mito, un posto dove i divi restano vivi nella memoria collettiva cosi come li si ama ricordare, giovani (e meno giovani), ricchi, famosi e invincibili.

 

BEHIND THE CANDELABRA

Trailer Italiano

 

Nerospinto vi invita ad una riflessione sul passato e presente, dandovi appuntamento allo spazio Oberdan, che ripropone un grande classico del cinema italiano in copia restaurata: "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" di Elio Petri.

Il film Vincitore del Premio Speciale della giuria al 23. Festival di Cannes (1970), del premio Oscar 1971 per il miglior film straniero e del David di Donatello 1970 per il miglior attore protagonista a Gian Maria Volonté, qui in una delle sue più intense interpretazioni, è un esempio eclatante del cinema civile degli anni fra i Sessanta e i Settanta di cui il suo autore, Elio Petri, è stato uno dei massimi esponenti.

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto ha assunto una dimensione sempre più profetica scorrendo le cronache politico-giudiziarie dei decenni successivi.

La sceneggiatura, scritta da Petri con Ugo Pirro, mette in scena un uomo tanto apparentemente potente quanto intimamente fragile. Nato con all'origine l'idea dostoevskiana dell'assassino che sfida la giustizia, il film venne accusato da alcuni gruppi extraparlamentari di essere addirittura a favore della polizia avendo avuto troppo successo. Se lo si ripensa oggi, dopo il G8 di Genova e le riflessioni che in materia anche il cinema ci ha offerto, ci si accorge di come i temi trattati siano ancora di estrema attualità.

"Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" di Elio Petri

fino al 29 giugno

sala Alda Merini - Spazio Oberdan - Provincia di Milano

via Vittorio Veneto 2 Milano

http://oberdan.cinetecamilano.it/film/indagine-su-un-cittadino-al-di-sopra-di-ogni-sospetto-copia-restaurata/

Valeria Golino sbarca al Festival del Cinema di Cannes e lo fa per la prima volta da regista con un lungometraggio, Miele, che affronta uno temi più difficili e personali dell’umanità: la dolce morte, l’eutanasia, il passaggio assistito.

I termini e le definizioni si sprecano, ma l’argomento rimane scottante, ostico e universale.

La sceneggiatura scritta dalla stessa Golino, con altre due donne di livello intellettuale indiscusso quali Marciano e Santella, non è originale ma si basa sul romanzo di Mauro Covacich, A nome tuo.

 

Valeria, attrice matura, affermata e impegnata ha deciso di passare dall’altra parte della macchina da presa e ha scelto di farlo senza sotterfugi o plagerie.

Non strizza l’occhio allo spettatore e non vuole mentirgli. Ha qualcosa di importante da raccontare e desidera farlo prendendo di petto il tema della libera scelta, della volontà di vivere o morire, al di là di ogni ragionevole critica o convinzione etica e religiosa.

 

Miele è il lungometraggio di una neo regista che ha saputo anche scegliere il cast giusto e immedesimarsi in ogni sequenza filmica, costruendo e ricostruendo perché quando si è dall’altra parte della macchina da presa non si può lasciare nulla al caso e il lavoro raddoppia all’infinito.

La cronaca degli ultimi anni non ha affatto aiutato la Golino in questo senso perché ha sempre presentato casi “estremi” di eutanasia o desiderio di porre fine a indicibili sofferenze fisiche e psicologiche.

E così se gli spettatori di Miele si aspettavano di vedere la pratica della dolce morte messa in atto su malati terminali, persone attaccate a un respiratore o in coma da decenni restano oltremodo sorpresi da una trama che nulla a che vedere con gli articoli giornalistici di tanta stampa e televisione.

Con un finale che la neo regista decide di modificare e sconvolgere rispetto a quello del libro di Covacich.

 

Miele è la protagonista del lungometraggio ed è interpretata da una più che credibile Jasmine Trinca; un’attrice che si è fatta le ossa in ruoli drammatici e in film come Cefalonia, La meglio gioventù, Romanzo criminale, che la Golino sceglie appositamente diversa e più matura dalla protagonista di A nome tuo.

 

La storia è quella di Irene, una donna di trent'anni che ha deciso di dedicare il proprio tempo ad aiutare chi soffre. I suoi assistiti sono tutti malati terminali che vogliono abbreviare la propria personale agonia e non subire più la stretta di una malattia che distrugge ogni giorno la loro dignità di esseri umani. Miele svolge il suo lavoro con convinzione e con profonda umanità. Forte e algida. Fino a che un giorno a richiedere il suo servizio è un settantenne in buona salute, che ritiene semplicemente di aver vissuto abbastanza. La donna allora oppone un netto e convinto rifiuto.

La determinazione dell’uomo e le sue lucide argomentazioni, però, finiscono con il mettere in discussione tutte le convinzioni di Irene.

Inizia così il dialogo sulla morte e sulla vita che è portato avanti filmicamente dalla protagonista del lungometraggio, ma che è assolutamente anche dialogo della regista e della donna che è dietro la macchina da presa.

 

E se per la Golino è la prima esperienza da regista per il suo compagno e attore Riccardo Scamarcio è la prima volta come produttore di Valeria. I due oltre ad essere una coppia unita e affiatata nel privato lo sono anche nella vita lavorativa, dove hanno creato praticamente dal nulla una società di produzione, La Buena Onda, con cui supportano giovani talenti del cinema italiano ed europeo e splendide pellicole d’autore.

 

Il film è piaciuto moltissimo a Thierry Frémaux, direttore del Festival di Cannes, che ha voluto la Golino come fiore all’occhiello del concorso Un Certain Regard, un vero onore per una pellicola italiana e per una regista esordiente.

 

Protagonista maschile del lungometraggio è Carlo Cecchi, l’attore che ha innovato il teatro italiano degli ultimi decenni e che offre una interpretazione magistrale ugualmente nei dialoghi che nei silenzi di Miele. Un scelta che conferma quanto l’esperienza da attrice della Golino sia stata fondamentale per farsi affiancare dai migliori colleghi per realizzare una pellicola così difficile e matura.

 

Coppia vincente non si cambia.

Ritorna Paolo Sorrentino e per protagonista del suo ultimo film sceglie e si affida al bravissimo e versatile Toni Servillo. I due sanno come lavorare insieme.

Il regista lascia libera espressione alle superbe doti mimiche di Servillo, che lo ricambia impersonando ogni volta “maschere” del nostro tempo tanto realistiche quanto emozionali nelle loro luci e nelle ombre.

 

L’ultima pellicola di Sorrentino non fa eccezione e si merita completamente di rappresentare l’Italia all’ultimo Festival di Cannes, non solo perché il film è girato con sapienza e forza autoriale, ma perché mostra al mondo come sono gli italiani oggi, così come i grandi maestri del cinema di casa nostra facevano o si sforzavano di fare nelle pellicole degli anni ’50 e ’60.

 

Non a caso La grande bellezza ha come location dell’intera storia la città di Roma, la capitale eterna dove la politica si intreccia con le passioni individuali e pruriginose, il potere con la corruzione e il nichilismo, la carriera con il servilismo, l’inganno e il ricatto.

 

Cosa è cambiato da La dolce vita di Fellini? In apparenza nulla, in realtà tutto.

I personaggi di Sorrentino fingono solamente di divertirsi, recitano la loro “commedia umana” a vantaggio e privilegio degli stranieri che arrivano a Roma con il sogno della capitale italiana dove per le strade si respira l’arte e la cultura di una nazione in realtà impoverita e spenta nei valori e nelle azioni.

 

Toni Servillo è ancora una volta superbo perché ha imparato a non filtrare i tic e vizi dell’italiano tipo, ha capito che non serve nascondere sotto la recitazione le ombre e quelle piccole depravazioni che ogni giorno accompagnano politici, personaggi mondani e comparse del sottobosco della società italiana. È bene invece che tanto gli stranieri, quanto gli stessi italiani, guardino davvero in faccia la realtà.

Che fuori dall'Italia ci vedano per quello che veramente siamo e che da noi si capisca che non basta una camicia firmata e un locale alla moda per fare finta di essere migliori degli altri.

 

Servillo interpreta Jep Gambardella, giornalista della Roma che conta. A sessantacinque anni compiuti il suo fascino, la sua dialettica e i suoi rapporti con le persone più in vista lo rendono ancora un protagonista indiscusso dei salotti e dei locali più glamour in città.  È un professionista affermato che si muove tra cultura e mondanità in una delle location più affascinanti e magiche del mondo. Roma è colta e brillante, segreta e misteriosa, meretrice e mamma. È un circo di nani e ballerine perennemente alla ricerca delle luci della ribalta, che ambiscono a conquistare la città eterna anche attraverso sotterfugi e squallidi compromessi.

I valori non esistono, o meglio, non sono importanti: quello che conta è l’apparenza del potere, dei privilegi per pochi, della bella vita condotta senza scrupoli o principi morali.

 

Accanto a Sorrentino, un cast di numeri uno che affiancano in modo mirabile e verosimile le gesta e il credo del protagonista. Bravissimi Carlo Verdone e Sabrina Ferilli, ma anche Giorgio Pasotti e la sempre sensuale Isabella Ferrari.

 

La grande bellezza merita di rappresentare l’Italia a Cannes perché non fa altro che narrare proprio noi italiani nel luogo capitale e principe di tutti i vizi e le bellezze nazionali.

Paolo Sorrentino, il regista commerciale più autoriale che si sia mai visto negli ultimi decenni.

 

Forse conoscerete l’artista Lykke Li per il singolo 

, o per il video della canzone, che da tempo spopola su Facebook e i compagni social.

Forse non sapete, però, che il suo nome per intero è Li Lykke Timotej Svensson Zachrisson, che è svedese, che è in attivo dal 2007, che ha pubblicato il primo album, Youth Novels, nel 2008 e che ad oggi ha contribuito alle produzioni di artisti come i Kings of Leon, lo svedese Kleruup, il famosissimo duo elettronico Röyksopp e il rapper, nonché produttore discografico, Kanye West. E che proprio lei, nel 2010, è stata una dei volti ufficiali per la collezione Levi's Curve ID, insieme a Pixie Geldof e a Miss Nine.

 

Sorpresi? Non avete ancora sentito tutto. Lykke Li vanta anche collaborazioni in campo cinematografico e televisivo: una versione remixata della sua canzone 

, in featuring con il cantante Kleerup, nei telefilm Misfits e Ringer. La cantante ha inoltre partecipato ai due più importanti show serali concorrenti in America, il Tonight Show presentato da Jay Leno e il Late Show di David Letterman.

 

Ma torniamo alla musica, Li ha inciso il suo secondo disco Wounded Rhymes nel 2011, ed è subito stato annoverato tra i best albums dell’anno da riviste quali l’ Observer, il New York Times e Rolling Stone. Wounded Rhymes contiene dieci tracce, tra cui I Follow Rivers che, divenuta immediatamente successo mondiale, ha ispirato numerose cover, tra le più famose quella del gruppo belga Triggerfinger e la 

 inserita nel film di De rouille et d'os di Jacques Audiard del 2012, in competizione al festival di Cannes.

 

Perché tutto questo successo? La canzone è un flusso perpetuo di parole come, appunto, il corso di un fiume. Nel video, diretto da Tarik Saleh, Li vestita e velata di nero insegue un uomo (l’attore Fares Fares) attraverso un paesaggio arido e innevato. La canzone continua a ripetere “I follow you” con voce straziata, tutto è freddo intorno a loro, lui scappa disperato, forse spaventato dalla figura che sembra evocare dolore e potrebbe significare tutto ciò che di oscuro c’è in una relazione. Lei non lo lascia andare, lo segue, se dovesse servire lo farebbe fino al fondo dell’oceano dove l’acqua è “scura come una condanna a morte”, si toglie le scarpe per riuscire a muoversi meglio, riesce a raggiungerlo e per lui è la fine della corsa, il momento della resa, dell’abbandono a lei che sembra recargli tanta sofferenza, ma dalla quale è impossibile scappare. Lui piange inerme, lei lo stringe con forza, l’inquadratura si chiude in un abbraccio soffocato dal pianto. Questo è il motivo del suo successo. È proprio così che ci si sente ascoltando questa canzone, presi da una trance ossessiva, dal pensiero della persona amata, desiderata, forse impossibile da raggiungere, ma pronti a inseguirla persino tra le acque impervie di un fiume in piena.

 

Noi di Nerospinto amiamo Lykke Li perché è un’icona contemporanea in fiore in grado di dare voce alle nostre emozioni e ai nostri desideri più profondi attraverso la sua sensuale allure e la sua voce accesa e intensa.

 

 

 

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