Venezia77: “Padrenostro” con Pierfrancesco Favino vincitore della Coppa Volpi
Quando è stata annunciata la Coppa Volpi a Pierfrancesco Favino, il pensiero è stato: non poteva che andare così. Alcuni affermerebbero che è il suo anno, noi vogliamo pensare che finalmente - nell'ultimo periodo - stia raccogliendo i frutti di una vita e di una gavetta dedicata a questo mestiere, inteso anche come artigianato della parola e dando un grande valore al corpo e alla mimica (Orazio Costa Giovangigli docet, suo maestro in Accademia), con l'obiettivo di comunicare e rispettare il pubblico e sempre conservando un'umiltà che non è affatto scontata quando si raggiungono certi livelli.
Award_Ceremony - Credits La Biennale di Venezia - Foto ASAC_ph_Andrea Avezz
Padrenostro: sinossi
Roma, 1976. Valerio ha dieci anni e una fervida immaginazione. La sua vita di bambino viene sconvolta quando, insieme alla madre Gina, assiste all’attentato ai danni di suo padre Alfonso da parte di un commando di terroristi. Da quel momento, la paura e il senso di vulnerabilità segnano drammaticamente i sentimenti di tutta la famiglia. Ma è proprio in quei giorni difficili che Valerio conosce Christian, un ragazzino poco più grande di lui. Solitario, ribelle e sfrontato, sembra arrivato dal nulla. Quell’incontro, in un’estate carica di scoperte, cambierà per sempre le loro vite.
Padrenostro: cast e uscita in sala
Cavalcando l'onda veneziana, Vision Distribution ha deciso di distribuirlo nei nostri cinema il 24 settembre. Nel cast troviamo, oltre al già citato Favino: Barbara Ronchi, Mattia Garaci, Francesco Gheghi, Anna Maria De Luca, Mario Pupella, Lea Favino, Eleonora De Luca, Antonio Gerardi, Francesco Colella, Marco Pancrazi, Simone Chiacchiararelli.
Padrenostro: le dichiarazioni dei protagonisti in conferenza stampa
Claudio, come è riuscito a creare la giusta distanza da una vicenda così privata?
C. Noce: non avevo l’emergenza di raccontare il fatto in sé. Il film ha fra i temi anche la rimozione. Questo è stato un percorso lungo e ho voluto assumere un punto di vista molto rigoroso, che è quello di mio fratello. Ho deciso, tramite il lungometraggio, di affrontare il tema della paura in maniera profonda per provare a fare un percorso di liberazione e superarla. Mi sono accorto che non solo nella mia famiglia non si era mai affrontato questo tasto, nessuno aveva mai chiesto all’altro come stesse. La mia famiglia subì un abuso, mio fratello fu costretto a guardare una scena di guerra e vide morire una persona. Il tema della paura viaggia nella drammaturgia e arriva a compimento. Valerio mediante il percorso della paura entra nel suo periodo più bello, quella della crescita, del passaggio dall’altra parte del fiume. Le persone che hanno lavorato con noi hanno affrontato questo film in maniera molto dolce e ho sentito il loro calore e supporto.
Press Conference_Credits La Biennale di Venezia - Foto_ASAC_ph Giorgio Zucchiatti
Pierfrancesco, qual è stata la sua reazione a questo progetto?
P. Favino: quando Claudio mi ha raccontato questa storia mi sono reso conto che stava parlando della mia infanzia, del rapporto con mio padre. Volevamo raccontare il mistero di questo rapporto, qualcosa che riguarda tutti noi. In questo istante può fare paura andare a trattare le emozioni forti o radicate e noi abbiamo voluto fare un cinema emozionante. Sono molto felice di essere a Venezia con questo film. La nostra urgenza era raccontare l’infanzia negli anni di piombo, lo sguardo di un bambino. Noi facciamo parte di una generazione che proprio perché non ha partecipato a grandi eventi storici è stata messa in un angolo e ci è stato impedito di alzare la mano. Non abbiamo avuto il problema di essere antagonisti, io personalmente ho fatto finta di appartenere a qualcosa. Questo ha creato una generazione laica, ma anche una cultura e un cinema che ha la capacità di affidarsi alla fantasia dell’infanzia. Per preparare questo ruolo c’è stato bisogno di andare dove avevo sofferto da bambino, di tornare a quei momenti in cui avrei voluto trovare quel sentiero che mi portasse oltre le nuvole che stavano nella testa dei nostri padri, cercare quella vicinanza nei dettagli della vita quotidiana che erano sostitutivi degli abbracci a quell’epoca. Da bambino facevo fatica ad affrontare e a scalfire quel mondo. Ho avuto il grato compito di essere una figura ingombrante anche in assenza ed è il senso che volevo conferire a quest’uomo, che apparteneva a quegli uomini convinti che in questo stava l’educazione. Ritengo che “Padrenostro” sia una lettera d’amore da un figlio a un padre e viceversa. (L'attore ha deciso di essere anche co-produttore del film, nda).
Press Conference_Credits La Biennale di Venezia - Foto_ASAC_ph Giorgio Zucchiatti
Mattia Garaci, ci racconti la tua esperienza?
Mi è piaciuto molto che Valerio cambi tantissimo durante lo svolgimento della storia, è timido, non ha molti amici, si sente anche un po’ solo, ma dopo un po’ incontra Christian, che sarà fondamentale per la sua evoluzione. Grazie a lui, infatti, riesce a dimenticare questo trauma e lo fa attraverso il gioco.
Press Conference_Credits La Biennale di Venezia - Foto_ASAC_ph Giorgio Zucchiatti
Gli fa eco Francesco Gheghi: facendo parte di quest'opera ho potuto vivere l’epoca di mio padre e, in più, il mio personaggio, portando Valerio nel suo mondo, riesce a farlo aprire.
Press Conference_Credits La Biennale di Venezia - Foto_ASAC_ph Giorgio Zucchiatti
Barbara, ha avuto modo di incontrare la madre di Claudio?
Non ce n’è stato bisogno. Lei ha fatto i conti con la paura. Il genitore non mostra la paura per proteggere i propri figli, ma penso anche che mostrandola si aiutino i bambini a esternare i propri timori e le proprie emozioni.
Aggiunge Noce: avevano un atteggiamento di attenzione e di disagio fino ad arrivare a qualcosa di indescrivibile. Adesso forse sarebbe bello che si incontrassero
Press Conference_Credits La Biennale di Venezia - Foto_ASAC_ph Giorgio Zucchiatti
Claudio Noce confessa: sono andato due volte nella mia vita a compiere ricerche su questa vicenda personale: la prima avevo 18 anni e quando ho visto i giornali dell’epoca ho capito che quella cosa era veramente successa. Il film è di pacificazione, l’idea è anche quella di rappresentare quella generazione lì, di figli invisibili. Io non vedevo mai mio padre e avevo paura che lui potesse morire. Christian (nel lungometraggio) probabilmente non è mai riuscito a percepire il padre. Pierfrancesco è riuscito a mettersi a servizio della storia in un momento della sua carriera molto importante.
Ci piace concludere questo articolo con l'immagine proprio dell'attore protagonista e di sua figlia Lea (anche lei nel cast) sul red carpet di Venezia77, una foto che trasmette non solo tenerezza, ma anche la voglia di esserci e il tentativo di una nuova generazione di genitori di costruire un dialogo differente e condividere certi momenti (preservando anche la privacy al momento opportuno) coi propri figli.
Red Carpet - Credits La Biennale di Venezia - Foto ASAC_ph_Giorgio_Zucchiatti
Maria Lucia Tangorra
Pugliese di nascita e milanese di adozione, pensa che in particolare di teatro e cinema non si possa fare a meno. Giornalista pubblicista, laureata in Lettere moderne percorso 'Letteratura e arti' in Cattolica, scrive in particolare modo di Settima Arte e di quella più antica - quella teatrale - ma negli anni ha ampliato occupandosi anche di tv, mostre, libri ed eventi. Vive nella città meneghina, ma effettua trasferte ad hoc anche per seguire festival di settore.
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