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Classe 1976, dirigente in un'azienda chimica con una passione sempre viva per la scrittura. Abbiamo incontrato Stefano Lodi all'interno dell'iniziativa Aperitivo d'Autore (promossa dall'Azienda Agricola Podere Casale) al Vino Blues di Gessate, in provincia di Milano.
In questi giorni su tutti i social networks non fa che girare l’hashtag #lovewins, in onore del passo storico degli Stati Uniti in merito alle unioni omosessuali, legalmente riconosciute in tutto il paese a stelle e strisce dallo scorso 26 giugno 2015, facendo così diventare gli USA il 21esimo paese al mondo che riconosce ufficialmente il matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso.
Una giornata storica, che segna l‘inizio di una possibile rivoluzione nel mondo intero, simbolo di uguaglianza e libertà di scegliere di amare chi si vuole. Tutto il popolo del web ha deciso di omaggiare questa decisione d’oltre oceano modificando la propria foto del profilo con i colori dell’arcobaleno, gli stessi della bandiera della pace che è simbolo del movimento di liberazione omosessuale.
L’amore tra persone dello stesso sesso, tuttavia, esiste da sempre, fin dai tempi dell’antica Grecia, dove addirittura non era nemmeno considerato uno scandalo, anzi era al pari dell’eterosessualità. Si trattava di una vera e propria ricerca del bello, quindi era del tutto indifferente se l’oggetto dell’amore di qualcuno fosse un uomo o una donna.
Si potrebbe pensare che in seguito qualcosa sia andato storto, eppure non è proprio così. Il fotografo francese Sebastien Lifshitz, infatti, ha realizzato un progetto originale e dal sapore del tutto delicato. Si tratta di una raccolta di foto, recuperate nei suoi viaggi non senza difficoltà nei vari mercatini delle pulci, che ritraggono la vita intima di coppie omosessuali negli anni ’50, periodo in cui questo argomento era senza dubbio un tabù.
Scatti unici, preziosi e rari che mostrano come in realtà, anche se “di nascosto”, l’amore è amore, in qualsiasi forma esso si presenti. Donne vestite da uomini, uomini ballerini vestiti da donne, che importa? Quel che salta subito all’occhio è lo sguardo sereno e felice di queste persone, che adesso, negli Stati Uniti, sarebbero state libere di esprimere a pieno questo loro sentimento, senza fare del male a nessuno, semplicemente godendosi una vita serena con la persona che hanno scelto.
“Il rischio era comunque alto anche soltanto facendo sviluppare il rullino, ma questo non ha fermato le coppie e la loro voglia di amarsi”, come afferma lo stesso Sebastien Lifshitz, che nel 2013 ha anche vinto il premio Cesar con il film “Invisibili”, presentato anche tra le proiezioni speciali del 65esimo festival di Cannes.
È ovvio che ognuno è libero di esprimere il proprio parere ed è libero di avere una propria opinione, ma nessuno ha il diritto di imporre a qualcun altro un proprio modo di essere, facendolo passare come unico e universale e anche quando questo è stato fatto, in passato, i risultati sono comunque stati a favore della libertà dell’individuo, come dimostrano queste foto.
“Un inno alla libertà, dove l’amore e la felicità sono presenti senza ferite”, dichiara l’artista e a vederle, immediatamente, si capisce il perché di queste parole. Queste foto hanno ispirato il documentario citato prima, poiché il regista, dopo averle osservate, si è appassionato alle storie dei protagonisti, decidendo così di girarvi un documentario a riguardo. Adesso la decisione di pubblicarle, per rendere partecipi tutti di questa realtà triste, tinta di colori cupi e nascosti, ma con stralci di serenità e passione, rappresentativa di tutti coloro che hanno trovato un posto nel mondo, a prescindere da quello che gli altri pensano.
Adele Di Giovanni
[gallery type="rectangular" ids="45034,45033,45032,45031,45029,45028,45035,45036,45037,45038,45039,45040"]«Io sono la prova vivente che Hitler non ha vinto.
Ne sono consapevole ogni giorno.
Se non avessi raccontato la mia storia,
chi conoscerebbe la verità?»
Friedrich Paul von Groszheim
Negli anni 20 la Repubblica di Weimar era convenzionalmente nota in tutto il mondo come il paradiso degli omosessuali. La maggioranza degli abitanti di Berlino però non conosceva il Paragrafo 175, legge tedesca antisodomia risalente al 1871. Per abolirlo nacque un movimento guidato dal professor Magnus Hirschfeld, scienziato e sessuologo socialista, nonché ebreo e omosessuale. Egli fondò un istituto per l’emancipazione degli omosessuali in Germania, un vero e proprio comitato scientifico-umanitario finalizzato alla difesa dei diritti di genere e all’abrogazione del suddetto paragrafo. Nonostante i dissapori interni sull’approccio cognitivo utilizzato nell’inquadramento della figura degli omosessuali, sfociati in una scissione interna, il comitato riuscì a raccogliere ben cinquemila firme per l’abolizione di quella legge così discriminatoria. Tra i firmatari anche Albert Einstein, Hermann Hesse, Thomas Mann, Tolstoj. Sembrava profilarsi una nuova era di libertà. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare quello che sarebbe successo da lì a breve. Quando, nel 1933, i nazisti assunsero il potere una delle prime azioni intraprese, dopo aver legiferato sull'aggravamento del Paragrafo 175, fu quella di distruggere l'Istituto Magnus e dare fuoco alla biblioteca in esso contenuta. Essere omosessuali, da trasgressione, divenne dapprima un crimine ed infine un delitto contro natura da punire con l’imprigionamento e la deportazione. Migliaia di gay vennero sottoposti alla sterilizzazione forzata e alla castrazione, utilizzati come cavie in esperimenti pseudo-scientifici o chirurgici e torturati. Il triangolo rosa di stoffa, cucito sulle divise degli internati per omosessualità, divenne stigma distintivo rispetto a criminali (triangolo verde), prigionieri politici (triangolo rosso), nomadi e zingari (triangolo marrone), ebrei (stella di David). Secondo una stima, comunemente accettata, i prigionieri che portarono il triangolo rosa furono tra i 5.000 e i 15.000. Il trattamento particolarmente crudele riservato agli omosessuali all'interno dei campi ha fatto sì che il loro tasso di mortalità fosse di circa il 60% (contro il 41% dei deportati politici e circa il 35% dei testimoni di Geova) secondo solo al tasso di mortalità degli internati di origine ebraica. Numeri importanti, spaventosi, che delineano chiaramente i confini di un olocausto dimenticato, che solo da qualche anno si cerca di portare allo scoperto. Tra le iniziative che, in occasione della giornata della memoria, accendono i riflettori su questa pagina così dolorosa ed infame della storia moderna, la mostra intitolata Rosa Cenere, in programma presso il Cassero di Bologna dal 27 al 31 gennaio, è davvero tra le più belle e commoventi. Ideata e coordinata dall’artista Jacopo Camagni, con la collaborazione di Peopall (gruppo volontari casserini) e del Centro di Documentazione, Rosa Cenere coinvolge 19 illustratori vicini alle istanze LGBT e racconta le esperienze di 11 vittime delle deportazioni naziste, utilizzando come punto di partenza il triangolo rosa e accompagnandolo ai toni del bianco e del nero. Tra le undici storie vere illustrate alcune sono già note, come quelle di Heinz Heger e Pierre Seel che con le loro pubblicazioni hanno aperto la strada alle prime ricerche sugli omosessuali deportati. Altre invece sono state recuperate negli archivi online, come quella di Henny Schermann, una delle poche donne deportate perché lesbica. L’urgenza di raccontare attraverso l’arte quella memoria che negli anni ha rischiato di perdersi nel silenzio della vergogna è una chiave d’accesso nuova, diversa e per questo non banale, ad una tematica che merita riflessioni profonde e durature. Un lavoro strepitoso e drammatico al contempo che prova a rendere giustizia alle vittime di quell’immane tragedia trasformando la suggestione dell’arte in ricordo ossequioso e toccante.
Ecco l’elenco degli artisti coinvolti con le relative scelte biografiche:
Marco B. Bucci e Damiano Clemente - Kurt von Ruffin
Jacopo Camagni e Michele Soma - Heinz Dörmer Flavia Biondi (Nethanielle) e Davide Mantovani - Pierre Seel Vinnie Palombino e Isabel Pilo - Annette Eick
Massimo Basili e Sebastian Dell’Aria - Heinz Heger
Giopota e Mabel Morri - Henny Schermann Giulio Macaione - Friedrich Paul von Groszheim Francesco Legramandi (Franze) - Paul Gerhard Vogel Wally Rainbow, Luca Vanzella e Roberto Ruager - Rudolf Brazda Mattia Surroz - Karl Gorath
Andrea Madalena - Albrecht Becker. Rosa Cenere: 27-31 gennaio 2014 @ Il Cassero, Via Don Minzoni 18 Bologna
Anno nuovo, tema diverso.
Questo sembra annunciare tra le righe il teatro Franco Parenti il quale, dal 14 al 19 gennaio, ospiterà uno spettacolo che si articolerà, con estrema chiarezza espressiva, attraverso i temi portanti della compagnia Anagoor.
Filologia, storia dell’arte, architettura, arti visive, danza, musica: utilizzando video, parola, gesto e musica, la compagnia si è impegnata nello sviluppare una complessa ed interessante ricerca a partire dalle prime pagine del libro “I Sommersi e i Salvati”, di Primo Levi. L’epicentro di questo spettacolo? La memoria umana, una memoria incancellabile, un orrore che, a distanza generazione, fa rabbrividire: l’olocausto.
Si tratterà di un percorso teatrale in grado di stimolare una riattivazione della memoria su un piano diverso da quello dell'informazione o della narrazione attraverso i documenti; la compagnia si propone di dissotterrare quei fatti, quei dettagli, che il “processo di oblio” del mondo occidentale ha applicato su questa tragedia.
Quasi una storia del potere della lingua nel mondo occidentale, ripercorsa attraverso frammenti di autori apparentemente distanti (tra i quali W.G. Sebald, Jonathan Littell, Eschilo, René Girard, Tzvetan Todorov, Bruno Bettlheim, August Sander, Victor Klemperer): dalla follia nazionalsocialista, il discorso andrà ad incontrare il penoso mutismo di Ifigenia e ritrovare quel silenzio in altre prede, altre caccie, altri genocidi.
Lingua Imperii è la lingua dell’impero inteso come dominio coercitivo: è la lingua povera, bruta ma melliflua delle propagande fasciste e nazionalsocialiste.
Si scaverà sotto alfabeti e nozioni imparate a forza, cantilene da urlare a gran voce in modo acefalo e automatico.
Ma non è solo questo, è una lingua fatta di silenzi innocenti, regalati dai dominatori in cambio della libertà.
Questo dimostrerà ancora una volta la supremazia della lingua, strumento nato dall’uomo ma che oltre l’uomo si articola, in un escalation di violenze che hanno tutti i nomi, ma mai una fine.
Il 2014 comincia in difesa delle donne. Dal 15 gennaio al Teatro Oscar di Milano “DonneTeatroDiritti”, 6 spettacoli su donne, diritti e libertà.
Cuore della stagione al Teatro Oscar di Milano, al suo quinto anno il Progetto DonneTeatroDiritti (DtD) presenta 6 spettacoli di cui una produzione in prima assoluta e cinque ospitalità: dal 15 gennaio fino al 25 maggio 2014 si darà rilievo a quelle sensibilità di donne, abili mani e menti trasgressive, che fanno dell’arte il proprio strumento di rivolta contro il Potere, o, viceversa, fanno del Potere la propria arte.
Parliamo di donne di potere come le regine Maria Stuarda di Scozia e Elisabetta d’Inghilterra (LE REGINE. ELISABETTA VERSUS MARIA STUARDA – dall’8 al 25 maggio 2014 in prima assoluta con la regia di Alberto Oliva), donne che il potere ha cercato inutilmente di distruggere e dimenticare come Hana Brady (ULTIMA CORSA – In memoria della Shoah – il 28 gennaio 2014, ideazione Monica Cagnani), e Alice Herz Sommer (ALICE: 88 TASTI NELLA STORIA – dal 30 gennaio al 2 febbraio 2014, una produzione Note di Quinta con il patrocinio della Fondazione Memoria della Deportazione), donne che sfidano la modernità con la loro arte e intelligenza come la giornalista Camilla Cederna (NOSTRA ITALIA DEL MIRACOLO – dal 15 al 19 gennaio 2014 con Maura Pettorruso e la regia di Giulio Costa) o la scienziata Rita Levi Montalcini (MeRITA – dal 27 al 29 marzo 2014 di Cristian Mascia), o ancora donne che per il loro solo esistere hanno smosso coscienze e dibattiti (UNA QUESTIONE DI VITA E DI MORTE – Veglia per E.E. – dal 19 al 23 marzo 2014, di e con Luca Radaelli).
Quest’anno, il progetto DonneTeatroDiritti (DtD) si estende e coinvolge al suo interno nuovi partner: il Teatro Verdi di Milano e la Fondazione Cineteca Italiana – Spazio Oberdan. Entrambi presenteranno, all’interno del loro calendario, spettacoli o film che proseguano e sviluppino la linea tracciata da PACTA sul tema DONNE E POTERE.
Il progetto DtD nasce dalla speranza concreta di cambiare il futuro di bambini, donne e soggetti cosiddetti ‘altri’ di tanti Paesi, interrompendo il legame esistente tra ignoranza, ingiustizia e povertà. DtD è un progetto che unisce, che va condiviso con altre realtà. Per questa ragione, quest’anno ho chiesto a coloro che potevano essere interessati a svilupparlo di unirsi a noi. È il caso del Teatro Verdi e della Fondazione Cineteca Italiana. È soprattutto alle nuove generazioni che ci rivolgiamo, affinché tutto il materiale proposto (spettacoli, film, documentari, dibattiti) costituisca uno strumento di conoscenza. Anzi di più, un insegnamento non solo finalizzato a una sempre maggiore consapevolezza dei propri diritti, ma anche al riconoscimento che a ogni nostro diritto corrisponde il diritto dell’altro, che per noi diventa quindi dovere.
Annig Raimondi
INFO
Teatro Oscar, Via Lattanzio 58, 20137 Milano
MM3 - Staz. Lodi T.I.B.B. | Tram: linea 16 Fermata Tito Livio - Lattanzio | Filobus: linea 92 - Fermata Umbria – Comelico
e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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tel: 02.36503740
Orari spettacoli:
Martedì – Sabato ore 21,00 Domenica ore 17,00
Orari biglietteria:
Lunedì – Sabato dalle 16,00 alle 19.00 e dalle 19.30 alle 21.00 Domenica dalle 15,30 a inizio spettacolo
Costo biglietti:
Intero €24 Ridotto e Convenzioni €18 Under 25/Over 60 €12 CRAL e gruppi €10 (min 10 persone) Prevendita €1,50
Costo abbonamenti:
Carta amici di Pacta 6 spettacoli* €60,00 Carta Tandem 2 ingressi a 2 spettacoli* €38,00 Carta All You Can See (carta personale) ingressi illimitati a tutti gli spettacoli* €100,00 Abbonamento DonneTeatroDiritti (carta personale) 6 spettacoli della rassegna DtD €45,00.
* esclusi MITO, Oscar per tutti e Teatro in Matematica
Noi di Nerospinto amiamo quell’arte che non solo dà piacere agli occhi, ma che nutre lo spirito con la sua capacità di creare attraverso le opere un momento di riflessione e approfondimento.
Fino al 2 giugno 2013 Palazzo Reale ospita The Desire for Freedom. Arte in Europa dal 1945, una grande mostra collettiva che affronta l’idea di Libertà in Europa dal dopoguerra in avanti, attraverso il pensiero e le opere di 94 artisti contemporanei provenienti da 27 paesi europei.
Il progetto nasce con l’obiettivo di superare la visione di un’ Europa del dopoguerra come teatro dell’ostilità tra due blocchi di potere contrapposti durante la guerra fredda, assumendo invece come punto di partenza l’idea che entrambe le parti affondino radici comuni nell’Illuminismo. Per questo Est, Ovest, Nord e Sud sono rappresentati in base a un criterio di parità che emerge nella sequenza tematica ideata per l’esposizione.
In mostra dipinti, fotografie, disegni, video e installazioni realizzati in settanta anni di produzione artistica europea da artisti affermati e di fama internazionale - tra cui Damien Hirst, Arman, Jannis Kounellis, Yves Klein, Richard Hamilton, Niki de Saint Phalle, Alberto Giacometti, Gerhard Richter, Christo, Mario Merz, Emilio Vedova, Yinka Shonibare, Lucio Fontana, Ilya Kabalov - e da altri poco noti in Italia, ma di grande interesse come Boris Mikhailov e Erik Bulatov.
Orari: lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30 giovedì e sabato 9.30 – 22.30
prezzi: il costo del biglietto è di 11 euro compresa l’audioguida, ma con lo speciale ticket cumulativo di 16 euro si possono visitare sia “The Desire for Freedom” sia la mostra dedicata a “Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti”.
Info e prenotazioni: www.desireforfreedom.it
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